“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 22 January 2017 00:00

Suite memoriale

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Enzo Moscato al Teatro Nuovo è un rito che si ripete, un appuntamento fisso – e a volte anche plurimo – che contraddistingue le stagioni che vi vanno in scena. In realtà, da programma, il “Moscato di stagione” (di questa stagione) sarebbe dovuto essere lo spettacolo Modo Minore che però è stato poi rimpiazzato da Toledo Suite.

Drammaturgia per musica e parole composta insieme a Pasquale Scialò, Toledo Suite miscela passi scelti dalle drammaturgie moscatiane a brani musicali – interpretati col trasporto di chi li sente intimamente appartenenti alla propria cultura, al proprio vissuto e al proprio mondo – dallo stesso Enzo Moscato, in scena con un ensemble formato dalla chitarra di Claudio Romano, dal violino di Paolo Sasso e dalle percussioni di Paolo Cimmino. Un velo separa palco e platea, fondale per trasparenze in accompagno su cui si susseguiranno le immagini a corredo scenico firmate da Mimmo Paladino; oltre il velo, Enzo Moscato fa il suo ingresso dalla destra, camicia amaranto con le maniche risvoltate a tre quarti e corta cravatta scura, un leggio da quel lato sarà postazione da cui i suoi versi faranno da collante intervallandosi tra le canzoni, interpretate attraversando il palco attorno ai musici, palco in centro del quale campeggia una sedia su cui s’adagia un drappo rosso. Vuota come il vuoto d’un’assenza, simbolo d’una mancanza, d’una perdita che il poeta/cantore andrà a riempire con la sua voce e col suo corpo – sedendosi ad un tratto – così come ha riempito con la sua voce e col suo corpo, con la sua scrittura e col suo teatro, un andito di teatralità, pregno di creature memorabili, prostitute e reietti, cantanti e cantati in quegli stessi vicoli in cui gli si dà ora rappresentazione e che qui e lì affiorano negli stralci declamati. Ma è declamazione che s’ammanta d’un che di memoriale, una celebrazione che, pur nel valore della cernita operata, resta confinata nella superficie di una confezione di garbata e gradevole fattura ma di spessore limitato, d’una consistenza eterea, che vede Moscato farsi fulcro narrante di un cunto musicale che si prova – per accenni ed evocazioni – a raccontare una e altre epoche, filtrate dal cono visivo della prospettiva di Toledo, cuore ferace d’una Napoli che è stata e che è, una Toledo che si trasfigura in porta degl’Inferi come fosse ingresso dantesco ad una Commedia umana fatta di vicoli e viscere; una Toledo che rifrange, che è “lama scintillante”, come il ferro delle spade che si producevano nella città spagnola da cui discese il toponimo.
È un viaggio canoro Toledo Suite, che cerca la dispersione spaziando agli angoli del globe musicale per ricongiungersi in un’unità universale, che accomuna e affratella la Napoli di Cerasella, Scalinatella e Palomma, la Napoli di Viviani e Armando Gill a Brecht e Kurt Weill, così come a Marguerite Duras, passando per il Giappone, dando così vita ad una Suite che intende parlare (e cantare) l’esperanto plurale di una globalità che si condensa in una città, in un quartiere, elevato a simbolo universale. Ma quel che ne sortisce è sostanzialmente un quadro di superficie, cui manca la dimensione della profondità, profondità che pure è traccia ancestrale che sottende all’opera rappresentata, ma che resta confinata ben oltre il velatino sul quale le stilizzate installazioni di Mimmo Paladino sottolineano con delicate pennellate di blu il procedere musical-drammaturgico.
A questo spettacolo di Moscato manca la capacità di trasformare la materia densa e profonda della sua scrittura in una partitura organicamente consistente, dotata di forza e spessore tali che gli consentano di presentarsi e di offrirsi alla visione come qualcosa di necessario, manca quell’urgenza che fa, può fare, di uno spettacolo un atto concretamente “necessario” anziché esporlo al rischio d’essere un mero intrattenimento memoriale e in gran parte autoreferenziale.
Diventa così, Toledo Suite, una sorta di “Moscato canta Moscato” che, nel ripetere il suo rito, vede l’artista condensarsi nel duplice ruolo di officiante ed officiato, facendo così di sé e della sua opera, canto di memorie che dilettano ma non sommuovono.

 

 

 

 

Toledo Suite
di e con Enzo Moscato
immagini sceniche Mimmo Paladino
composizioni originali, elaborazioni musicali Pasquale Scialò
chitarra Claudio Romano
violino Paolo Sasso
percussioni Paolo Cimmino
organizzazione Claudio Affinito
produzione Compagnia Teatrale Enzo Moscato, Casa del Contemporaneo
lingua italiano, napoletano, francese, inglese, giapponese
durata 1h 15’
Napoli, Teatro Nuovo, 12 gennaio 2017
in scena dal 12 al 15 gennaio 2017

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