“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Marco Caneschi

Austerlitz: ma non la battaglia dei tre imperatori

Se finora questo nome poteva riportare alla memoria la città morava dove il genio militare corso ebbe la meglio sullo zar e sul sacro romano imperatore, è arrivato il momento di aggiornarsi perché Austerlitz, Jacques Austerlitz per la precisione, è il protagonista del romanzo scritto dal tedesco Winfrid Georg Sebald poco prima della sua morte avvenuta in un incidente stradale.

Magari non è morto, Dio. Ma un po’ invecchiato, sì

Per la considerazione che nutre Alessandro Toppi nei confronti di Joseph Roth, ogni volta che mi trovo fra le mani un libro del prolifico e sfortunato scrittore mitteleuropeo penso al Pickwick e a come parlarne qui.

La lettura di “Petrolio” di Emanuele Trevi: lo scioglimento in una catastrofe

A costo di apparire pedante, non posso che partire da una citazione, quella di quarta di copertina perché non saprei fare di meglio verso un libro per il quale ho finito per nutrire una forma di rispetto (sottinteso anche per il suo autore). Tra parentesi, ci sono quarte di copertina antipatiche come una dichiarazione ufficiale di un ministro preconfezionata da un ufficio stampa dove si virgolettano articoli dei giornali più prestigiosi del mondo per dire che ci troviamo dinanzi a un libro che segnerà la storia delle letteratura. Magari lo scrittore in questione è pure collaboratore dello stesso giornale che recensisce l’opera.

Il desiderio di Francesco Piccolo di essere come TUTTI

Ricordo che il mio articolo di esordio, o giù di lì, su Il Pickwick fu dedicato al contestatissimo Premio Strega 2013 Walter Siti. Per inciso, a me Resistere non serve a niente è invece parso un libro meritevole (e credo si possa rintracciare quella recensione). A distanza di un anno torno sul luogo del delitto e affronto Il desiderio di essere come tutti di Francesco Piccolo. La premessa mi corre d’obbligo perché abbiamo, forse, ancora dinanzi agli occhi la diretta tv della cerimonia di premiazione quando Piccolo e Scurati si sono contesi la vittoria voto su voto.

Lo scudetto 1986. Follia e cabala allo stato puro

La Roma negli anni di Platini è stata degna avversaria. Meritò senza dubbio lo scudetto del 1983, poi dovette inchinarsi a Le Roi nel 1984 mentre nel 1985 si verificò una singolarità astrale, tipo il passaggio della cometa di Halley. Il Verona si laureò campione d’Italia. Tre lustri prima era toccato al Cagliari. Non voglio apparire snob, Cagliari è pur sempre un capoluogo di regione, faccio ancora i complimenti al Verona di Osvaldo Bagnoli, ma suona un po’ strano che lo scudetto esca dall’asse Torino-Milano-Roma. E suona strano che Verona sia arrivata prima di Napoli.

La logica del compromesso

Potrei apparire sconveniente a recensire il libro di un concittadino ma, insomma, dovrete perdonarmi. Non è che da Arezzo spuntino spesso protagonisti delle patrie lettere, per cui quando circola la notizia che uno sta raggiungendo meritata fama, la curiosità è tanta. Sentimento incrementato dalla menzione speciale al Premio Calvino e dalla inclusione nella “sporca dozzina” del Premio Strega. Dove sporca sta soltanto a dimostrare che mi ricordo del film dove in dodici vincono la seconda guerra mondiale e non è certo aggettivo usato con intento denigratorio.

Stoner e il sonetto 73

Ebbene sì, è uno di quei casi in cui la fine di un libro corrisponde alla sensazione di aver speso bene le ore dedicate a esso. Stoner di John Williams, Fazi Editore, è un grande romanzo che mantiene un livello altissimo costante, non ha un picco da dieci e lode ma neanche una riga di cedimento. L’asticella resta fissa su un nove pieno. Da pagina uno a pagina trecentoventidue. Giustamente, la sua riscoperta è diventata un avvenimento letterario.

Sono occidentale e me ne vanto

Mi domando spesso quali e quanti destini sarebbero confluiti nella mia persona se il caso non mi avesse scaraventato nella provincia italica. Potevo nascere in Africa o in Oriente ed era tutto un altro mondo. E poi quale Africa: nera, sub-sahariana, il Sahel? Quale Oriente: il Medio, l’Estremo, l’Orient-Express? Siccome le stelle mi hanno confinato a determinate latitudini, assumo il peso di queste coordinate geografiche e se devo appassionarmi di qualcosa lo faccio per alcune idee, e invenzioni, occidentali. Una, l’ho già detto in altri articoli, è il romanzo.

Te la do io l'America

La passione per la letteratura americana deriva dal fatto che i suoi interpreti sanno parlarmi. Non chiunque, sia chiaro. Tuttavia, in genere, apro un libro anche di un autore che acquisto per scommessa e trovo la capacità di far sgusciare fuori una storia da un dettaglio. E questo mi piace da morire. Non voglio casini o sfide incommensurabili: voglio i dettagli. Devo capire dal modo in cui Bob guarda fuori dalla finestra come lui si sente. Cogliere da una semplice nota sull’abbigliamento di Susan che lei è vagamente depressa. Passeggiare lungo le coste del Maine guidato da un punto luce. Un faro. Sentire il rumore sordo di una testa di maiale congelata che uno sconsiderato di figlio getta dentro una moschea durante il Ramadan scatenando il putiferio in una comunità provinciale e chiusa (vi sto dando alcuni dettagli dell’ultimo libro a stelle e strisce che ho letto e a cui arriverò dopo un po’ di divagazioni di carattere generale). Il libro è I ragazzi Burgess (The Burgess Boys) di Elizabeth Strout, pubblicato l’anno scorsoda Fazi Editore.

La festa dell'insignificanza

Milan Kundera è oramai considerato tra i maggiori romanzieri europei degli ultimi cinquant'anni. L’interesse internazionale nei suoi riguardi iniziò ben prima dell’Insostenibile leggerezza dell'essere, un vero e proprio cult, ai tempi de Lo scherzo, il libro da lui pubblicato in patria e tradotto in Francia all’indomani della primavera di Praga. Il trasferimento definitivo a Parigi consumerà la… europeizzazione di Kundera. Siamo nel 1975: da allora i suoi romanzi, banditi in Cecoslovacchia, vedranno la luce in francese sotto la supervisione dell’autore.

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