“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Emilio Nigro

Teatro e territorio, dalla Cupa con amore

Il suono della parola. La parola suono. Voce che è canale di evasione immaginifica. Scenari invisibili.
La parola teatrale: timbro, colore, carne e materia. Quando l’attore si mette in esilio e il corpo si fa scenico, si fa geografia emozionale, si fa segno. E non autoreferenza, autoerotismo.
La parola, pane per spettatori affamati di vedersi in scena, di stupirsi per la scena, di mutarsi sulla scena, di evadere, di sgombrarsi, di rientrare. Guardare attraverso l’ascolto. Sentire per visioni silenti.

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il Pickwick

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