“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Enrico Brega

Cercando il fascino dell'ignoto

C’è  più di un modo per parlarne
 

L’orientamento resta quello che abbiamo deciso sin dall’inizio della nostra ricerca. Il club si attiva mosso talvolta dal caso, in altre occasioni realizzando un piano prestabilito. Ma sempre stando attenti a non spingerci oltre il naturale campo di un’osservazione che non vuole essere una sorta di studio meramente astratto dell’essere umano.

Cercando il fascino dell'ignoto

Quale versione

Da parte sua, non usa incoraggiare né l’una né l’altra interpretazione. Sto parlando di Luca, il più giovane del nostro gruppo, che a fine anno conta di ottenere con il massimo dei voti la laurea in Informatica Umanistica presso l’Università di Pisa. 
Il nostro club non si dà una struttura, né rigidi programmi di incontri. Elasticità di intenti trattati con il dovuto approfondimento.
È un sabato mattina, siamo al bar in Piazza Fontana a farci un aperitivo io, Lorenzo e Luca. Gli altri due, Marco e Daniele, staranno probabilmente cazzeggiando da qualche parte della città.

Cercando il fascino dell'ignoto

Ossessioni in forma di romanzo 



È un tentativo forse spinto da una visione deformata e a tratti persino patetico, questo mio voler cercare di cogliere se non l’essenza assoluta ma almeno quanto appare in superficie dell’essere umano. Qualcosa che fa pensare al Fiction’s about what is to be fucking human being di David Foster Wallace.
− Dai, Simone, facci capire una volta per tutte dove vuoi arrivare − mi dice Lorenzo. − Quanti di noi, come te poco più che ventenni, vorrebbero essere nei tuoi panni: sei già manager di due radio locali che stanno riscuotendo successo. E il tuo approdo in televisione appare a tutti noi a portata di mano, sebbene tu cerchi − ed è palese − di non darlo a vedere. Non ti basta?

Quello sguardo dietro le nuvole – 4

Capitolo 4

 

In una Parigi ancora scossa dal feroce attacco islamico fondamentalista a Charlie Hebdo, Rolando Fraschini e sua figlia Giovanna, ormai rientrata nell’organico come direttrice dell’ufficio del personale, si stanno dirigendo in taxi al distretto La Défense dove in uno dei grattacieli che svettano da quelle parti ha sede la rappresentanza francese dell’azienda.

Sopravvivere alla solitudine

“Chi è senza speranza non solo non scrive romanzi ma, quel che più conta, non ne legge. Non ferma a lungo lo sguardo su nulla, perché gliene manca il coraggio. La via per la disperazione è rifiutare ogni tipo di esperienza, e il romanzo è sen’altro un modo di fare esperienza”.

                                                                                      (Flannery O'Connor)

 

 

Non poteva che essere Jonathan Franzen con la vivezza della sua raccolta di saggi Come stare soli a farci apprezzare l’intensità delle parole con le quali la scrittrice statunitense ci parla di letteratura.
Avevo poco più di dodici anni e già l’idea di leggere e poi scrivere mi affascinava. Dopo tanti libri letti, per lo più adatti alla mia giovane età, mi sono imbattuto in Martin Eden di Jack London. Una folgorazione: sarei diventato uno scrittore, come l’autore... e il protagonista del romanzo.
Ma la vita ha un suo percorso, tracciato dal caso.

Quello sguardo dietro le nuvole – 3

Capitolo 3


Pressoché inutile domandarsi perché a quattordici anni Milena si iscrivesse al St. James College di Manchester. Lei avrebbe voluto continuare gli studi al Liceo Parini di Milano, dove erano passate le sue migliori amiche delle medie inferiori. Ma i genitori non ne hanno voluto sapere, il loro obiettivo era di indirizzarla verso la carriera manageriale ai vertici di una multinazionale, preferibilmente con sede negli Stati Uniti.

Quello sguardo dietro le nuvole – 2

Capitolo 2


A Bruno erano sempre piaciute quelle riunioni. Ne era diventato l’animatore. E tutti gli riconoscevano la capacità di tenere unite in perfetta armonia personalità così diverse tra loro.
A tavola si discuteva di tutto, senza alcuna regola prestabilita. Dalla prima volta a Amica Pizza eravamo passati altrove per le nostre vivaci serate attorno a una tavola. Ristoranti, pizzerie, resort, in varie parti della città, possibilmente in una saletta o un séparé per garantirci una tranquilla riservatezza rispetto agli altri avventori.

Quello sguardo dietro le nuvole – 1

Capitolo 1


È l’imbrunire di un venerdì qualsiasi. Sotto l’ombra cangiante del grattacielo che si erge di fronte allo stabile di quattro piani dove abito sfilano le auto, a velocità diverse ma controllate, quasi a volersi annunciare ciascuna a modo suo ai rispettivi abitanti di quella parte del quartiere che le stanno aspettando. Per lo più si tratta del rientro dal lavoro.
Monluè è l’angolo più attraente del Municipio milanese avvolto nel verde. Il parco nel quale col passare dei secoli si è sviluppato è di origini antichissime. Si vive bene qui, c’è tranquillità come in poche altre zone cittadine, sebbene quando avverti il desiderio di immergerti nel fermento di umana vitalità all’aria aperta devi portarti verso percorsi diversi.
Lei lo ha capito da tempo: l’anello debole della catena sono io. Stiamo passeggiando in quartiere in attesa di non si sa cosa.

Ogni volta sento quel treno

Un percorso precluso alla conoscenza altrui nell’impenetrabile mistero della felicità. Un viaggio nel tempo. Tutto mio. Da quando ho varcato la soglia della maggiore età. Ciò che fino a oggi, trentenne di successo, mi ha permesso di non cadere nella palude di un’esistenza in qualche modo assimilabile − per dirla con la più spoglia semplicità − a un luogo comune.

Quando volare è un'illusione

A tutti quanti può capitare. Se cresci in una famiglia numerosa, intendo. Ho tre fratelli e una sorella, Norina, la più giovane di tutti con i suoi fantasiosi vent’anni. Noi maschi, oltre a me, Roberto, Adelio e Giovanni dai trenta ai quaranta.
− Così, Enrico, hai deciso di metterti a scrivere − mi dice Adelio, mentre siamo tutti a tavola. Una cena che nostra madre ha voluto organizzare in gran fretta pregandoci di lasciare a casa le rispettive mogli. Norina convive con un fotogiornalista che sta realizzando un servizio in America.
A capotavola papà, il capo chino sul piatto quasi a sfiorarlo. I nostri occhi vagolano un po’ qui un po’ là di sguincio con aria che diresti distratta, ma non è così. La tensione è palpabile.
− Non sta bene − mi soffia in un orecchio Roberto, seduto al mio fianco.

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il Pickwick

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