“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Alessia Carnevale

Un altro Sanremo è finito. Grazie a Dio...dato!

“Che fai rumore qui,
E non lo so se mi fa bene,
Se il tuo rumore mi conviene,
Ma fai rumore sì,
Che non lo posso sopportare
Questo silenzio innaturale
Tra me e te”.

 

Diodato, trentotto anni, vince la settantesima edizione del Festival di Sanremo, accaparrandosi anche il premio della critica Mia Martini ed il premio della stampa Lucio Dalla.

Serata cover: il trionfo della Musica

Da qualche anno a questa parte, soprattutto quando le canzoni in gara non ti conquistano, attendi con ansia l’arrivo della serata cover, quella in cui la buona musica è garantita dal recupero dei pezzi del passato e non vedi l’ora di immergerti nella nostalgia di altre epoche, altri temi, altre sonorità. Perché il passato ci piace sempre di più. Sarà un cliché, sarà una regola fisiologica, sarà che ci mettiamo tempo ad accettare le novità, o forse è per via di quel rifugio emotivo di cui abbiamo bisogno in una società contemporanea sempre più alla deriva in qualità di costume e valori.

La Musica (E il resto scompare)

Quando arriva la seconda puntata, su una manifestazione che ne prevede cinque, siamo praticamente già a metà percorso.
Gli ascolti ci comunicano che il Festival sta andando alla grande, con il 53,3 % di share e 9.693.000 spettatori. Amadeus è riuscito a superare il Festival di Bonolis del 2005, quello in cui fu anche annunciata in diretta televisiva la morte di Alberto Castagna. Non solo. Fu annunciata anche la liberazione della giornalista de Il Manifesto Giuliana Sgrena, sequestrata diversi mesi prima da alcuni combattenti in Iraq, e persino la tragica morte del funzionario di polizia Nicola Calipari, artefice della liberazione della Sgrena. Accadde di tutto in quelle serate.

Ma qua’ Natale, Pasqua e Ppifania! Chist’ è Sanremo!

Ogn’anno puntualmente, in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,

ci ritroviamo di fronte al Festival di Sanremo.
Ognuno ll’adda fa’ chesta crianza, ognuno adda tené chistu penziero.
Perché siamo italiani, siamo orgogliosi di portare avanti la tradizione del Festival della Musica Italiana. Siamo orgogliosi di portare avanti il finto credo che si tratti ancora di un Festival di Musica. Siamo orgogliosi di criticarlo ogni anno, per le mise, le performance, i partecipanti, gli ospiti, la scelta del presentatore, la valletta che non è più solo bella ma sa anche parlare ma c’è chi lamenta che ce ne sono di più belle (ma se poi non sanno parlare?).

La nostra complicata pazzia contemporanea

Sempre meglio essere chiari fin dall’inizio: non sarà qui che troverete lunghi discorsi sull’instabilità mentale, l’alienazione o patologie di vario tipo. Se siete interessati ad approfondire le psicopatie umane, per conoscerne le statistiche e le manifestazioni fisiche, è bene che guardiate altrove perché qui si parla di ben altro genere di pazzia e la daremo anche per scontato. Il nostro compito di oggi è semplicemente quello di incolpare qualcuno.

10 applicazioni che migliorerebbero la vita dell'uomo

Gli anni Novanta hanno dato i nativi allo Smartphone, dall’inglese Telefono Intelligente, ma fu così che l’uomo iniziò a diventare cretino.
Un passaggio inversamente proporzionale. Un’affermazione la mia, la nostra, quella di molti, che si giustifica da sé, senza la necessità di spendere troppe parole in merito, perché tutti ormai abbiamo uno Smartphone e sappiamo bene quanto tempo ed energie ci dedichiamo, principalmente in stronzate.
Diremo dunque semplicemente che lo Smartphone è diventato un prolungamento dell’essere umano, e allora ho pensato bene di creare e brevettare applicazioni con cui migliorare l’uomo nella struttura fisica e cerebrale, ottenendo così un’esistenza migliore.

Inutili disquisizioni – II

Il Bisogno e l’Utilità sono forse incompatibili col concetto di Libertà. Dicono.
L’uomo in quanto corpo, che si manifesta nel suo Essere Vivente, si muove attorno a personali forme della sua configurazione, percepite come più o meno opinabili. La sua natura non sarà mai buona o cattiva di per sé ma dipenderà solo ed esclusivamente da una condizione. Le relazioni umane costruite sul Bisogno fanno capo ad un tornaconto che chiameremo Utilità. È utile ciò che conviene, di cui sento il bisogno e che mi dà soddisfazione. La natura ci costringe forse ad essere in un modo ma si cerca, per ovviare, di creare un riparo entro il quale troviamo ciò che non può Non Essere e che chiameremo dunque Necessario.

Forse

Eccomi qui, di fronte a una tazza di caffè.       
Roba da non crederci. Non mi è mai piaciuto il caffè.
Ricordo ancora le espressioni incredule di chi per la prima volta veniva a conoscenza di questa mia repulsione, come se fosse un reato, un peccato mortale, una mancanza di cui vergognarsi. In quarant’anni mi avranno offerto milioni di caffè, alcuni addirittura con insistenza. La gente si smarrisce, si disorienta, cerca sempre risposte plausibili quando la metti di fronte a qualcosa che non riesce a contemplare, che minimamente si allontana da un ordine di idee collettivo: "Ma come non bevi caffè? Eppure sei un fumatore!". Come se la Philip Morris monitorasse il consumo di caffè per paura di non vendere più un pacchetto. Forse avrei dovuto fare l’avvocato.

Se una notte d’autunno al Palapartenope

Chi lo avrebbe mai detto che nella stessa vita avrei assistito a due concerti di Baglioni...                                
Sono una ragazza imprevedibile. Eppure quando andai al Palamaggiò di Caserta, nel lontano non ricordo quando, ne uscii abbastanza piena, devo dire, considerando che il buon Claudio cantò per ben tre ore di fila dandoci giusto il tempo di regalare al palazzetto una pipì furtivissima. Stavolta però è stato molto diverso e lo so bene che non ve ne frega un bel niente, ma non avrei conquistato negli anni il tanto adoperato appellativo di Antipatica se mi fossi sempre preoccupata del piacere altrui.

È l’ascoltatore che deve piangere, non Gianni Togni

Se sei un ventisettenne del 2014 e a volte senti una inspiegabile ma connaturata esigenza di ascoltare Gianni Togni, forse hai un problema. Soprattutto se non ti limiti a quell’unica canzone di successo intitolata Luna, che nessuno ricorda finché non dici “e guardo il mondo da un oblò”, ma ti addentri in pezzi che conoscete giusto tu e Gianni Togni. Forse la madre, va’. Ma l’importante è averne coscienza e proseguire tranquillamente l’ascolto, perché in fondo lo sai che si tratta solo di una piccola parentesi di un animo ben più grande che di musica, diciamoci la verità, ne capisce...

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