“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Jennifer Poli

"Caligola" di Albert Camus: un ragionamento assurdo

 

“O mon ame, n’aspire pas à la vie immortelle, mais épuise le champ du possible.”
PINDARE, 3
e  Pythique”¹.

 

 

Albert Camus, straniero, algerino francese (pied-noir²), nasce nel 1913 a Mondovi (Algeria), in condizione di estrema povertà. Il padre muore nella prima battaglia di Marna del 1914 e Albert viene affidato alla severissima nonna e alla madre, di origine spagnola. Il rapporto con la madre è difficile, segnato dall’incomunicabilità: nell’opera Les Voix du quartier pauvre (1973) lo scrittore si riferisce a lei come “celle qui ne parlait pas” (colei che non parlava) e come ad una donna “enfermée dans un silence animal"(chiusa in un silenzio selvaggio).

Jean Cocteau e il mito di Orfeo

“J’avoue avoir souvent voulu sauter le quatrième mur mystérieux sur le quel les hommes écrivent leurs amours et leur désirs”.1

Jean Cocteau è stato uno degli artisti francesi più innovativi del ventesimo secolo. Poeta, romanziere, drammaturgo, cinematografo, pittore, disegnatore, scultore e decoratore, è raro trovare una personalità di tale poliedricità. Non è appartenuto mai ad alcuna corrente, non ha voluto mai chiudersi in un sistema, ma ha tratto il meglio da tutte le avanguardie dell’epoca, i cosiddetti “ismi” (cubismo, futurismo, purismo, orfismo, espressionismo, dadaismo e surrealismo), introiettandoli e rielaborandoli. Basti leggere, a conferma di ciò, la citazione da Baudelaire che pone in epigrafe a La Machine infernale (1934):

“J’ai essayé plus d’une fois, comme tout mes amis, de m’enfermer dans un système pour y prêcher à mon aise. Mais un système est une espèce de damnation... Je suis revenu chercher un asile dans l’impeccable naiveté. C’est la que ma conscience à trouvé repos. Charles Baudelaire”.2

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il Pickwick

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