“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Michele Di Donato

Un caffè "ridotto"

Il Ridotto del Teatro Mercadante si trasforma – o almenno tenta di farlo − in un angolo intimo e raccolto, simile ad un caffè letterario, ed ospita, per questa edizione del Festival, un ciclo di letture, affidate a più voci che facciano vivere su palco la scrittura di Irène Némirovsky, scrittrice ebrea della prima metà del Novecento, ucraina di nascita, francese d'adozione, anche se mai la Francia le riconobbe legittima cittadinanza.

Borrelli funesto demiurgo

Tanto tuonò che piovve. Mentre il Napoli Teatro Festival annaspa, annega nella mediocrità media delle proprie proposte, un evento altro ha luogo nel ventre di Napoli; e vi ha luogo proprio nel giorno in cui, mentore un Giove Pluvio e Tonante come non mai, il Festival si ferma, messo in ginocchio dalla furia degli elementi, che devasta Pietrarsa, che paralizza una città, che ne allaga le viscere.

Lo sprint mancante

Capita talvolta, nell’approcciare l’analisi di uno spettacolo, di ricorrere alla formula della comparazione; capita e può capitare quando la visione di uno spettacolo si presta al raffronto con una pietra di paragone che, più o meno illustre che sia, presenta dei punti di congruenza – o anche semplicemente degli spunti di incongruenza – tali che l’analisi comparativa possa soggiungere in aiuto alla riflessione.

Il tempo delle e-mail

Clima da Festival, che vuol dire teatro gremito, gravido di aspettativa e temperatura torrida, da piena estate napoletana in un interno; l’interno è Galleria Toledo e l’aspettativa di un pubblico numeroso, che numerosamente agita programmi di sala a mo’ di ventaglio, è per Le ho mai raccontato del vento del Nord?, regia di Paolo Valerio, Chiara Caselli e Roberto Citran gli attori in scena.

La fissazione è peggio della malattia

Pullula del passeggio domenicale il centro di Angri, intorno al suggestivo Castello Doria. Poco lontano, un cortile s’apre a farsi teatro e a scaldare la frescura d’una frizzante serata d’inizio giugno. Officina delle Idee il luogo che ha deciso di farsi teatro (e non solo) con la rassegna Off Scena, giunta alla seconda edizione.

La fin Della Fiera

Diciamolo subito: si tratta di uno studio. Diciamo anche, subito dopo, che se di studio si tratta, ci troviamo dinanzi ad uno stadio già avanzato, ad una forma che può dirsi già compiuta, ad un lavoro che possiede spessore e densità. La femme acéphale, di Libero de Martino, con Cinzia Annunziata è prima di tutto sintesi di un connubio felice.

Il teatro necessario: intervista a Eduardo Zampella

Torre Annunziata. Non solo Fortapàsc. O meglio, oltre Fortapàsc. Sì, perché oltre Fortapàsc c’è un’isola, una enclave di autentica resistenza socio-teatrale che tiene botta da più di un trentennio: diffusioneteatro, scritto tutt’attaccato, tutto minuscolo, ovvero uno spazio ‘integralista’ in cui ci si ostina ad offrire formazione a chiunque voglia accostarsi al teatro. Sul perché abbiamo usato quell’’integralista’ compreso fra due apici torneremo più avanti, allorquando lasceremo la parola al padre di diffusioneteatro, dalle cui parole verrà fuori un’accezione tutt’altro che deteriore di quel termine.

Saldi di fine stagione

Appendice alla programmazione stagionale il maggio dello Start/Interno5 propone un ciclo di spettacoli raccolti sotto il nome Nun maggio scurdato ‘e te. Ad aprire Vorrei fare il postino, ovvero un bignami sulla precarietà. A condividere lo spazio scenico due figure, una voce monologante ed una silente coscienza critica, una sorta di Silent Bob (quello di Kevin Smith) che si esprime attraverso il proprio contrabbasso e qualche estemporaneo mugugno di disapprovazione.

Elegia della memoria

Un omaggio a Paolo Borsellino. La scena d’un teatro a farsi epitome di memoria, quattro attori a calcarla per fare di una pagina nera di storia italiana montaggio teatrale. L’operazione può riuscire o meno, ma la prima cosa che colpisce, al Teatro San Francesco di Scafati, è il rimbombo di una sala semivuota. Rimbombo che frastuona più dei decibel udibili, frastuona perché a frastornare è il silenzio, l’accidia, la disattenzione verso il teatro di un territorio che manca un‘occasione per mostrarsi attento e presente; un’occasione di visione e di confronto, in coda alla quale si può dire “mi è piaciuto” o il contrario, ma difronte alla quale mancare così palesemente presenza equivale a farne un’occasione mancata.

Il tragico e il buffo

La forma buffa dell’operetta per mettere in scena un paradosso usuale. Il paradosso usuale è quello che fornisce materia tematica: una storia di ordinaria omosessualità tarpata, in un ordinario contesto provinciale – nella fattispecie meridionale e segnatamente siculo-partenopeo – in cui è ad oggi ancora ordinario (e proprio per questo paradossale) un approccio retrivo al tema dell’omosessualità. Questo, in una sintesi estrema e non del tutto esaustiva, ciò che compone Operetta burlesca, lavoro di Emma Dante che ha debuttato chiudendo la stagione del Teatro Kismet OperA di Bari.

il Pickwick

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