“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Michele Di Donato

Elegia di terra senza mare

Il mare come un destino lontano, simbolo di qualcosa che manca e s’agogna, che manca ad un popolo di cui una famiglia è porzione esemplare. Mar, della Compagnia de los Andes è storia che giostra i due registri del particolare e dell’universale compenetrando l’uno nell’altro, elevando simbolicamente una famiglia ad essenza della perdita, della mancanza, su ciò che non si ha e si desidererebbe avere e su ciò che non si è mai avuto e non si potrà lasciare in eredità a chi rimane.

Macbeth e il sangue del Congo

Solitamente, prima di andare a teatro, sono poche le informazioni che prendo sullo spetacolo che andrò a vedere: il titolo, chi firma la regia e, solo se ne ho qualche curiosità particolare, spulcio le note di regia o la sinossi. Questo perché preferisco non intaccare la possibilità di essere stupito, sorpreso e – magari, ma è raro – rapito da qualcosa di totalmente spiazzante.

Agonia di disperazioni fuggiasche

A Torre Annunziata, diffusioneteatro, ovvero un luogo dove il teatro ha una casa sicura, in cui viene trattato con cura, coltivato, insegnato, talvolta inscenato; questa è una di quelle volte, una di quelle in cui chi qui è stato qui ritorna, chi qui è passato o s’è fermato per un tempo più o meno lungo, qui riporta quel che nel tempo ha acquisito e aggiunto. È il caso di Luisa Guarro, che porta a diffusioneteatro il suo Sette minuti.

Questo non è il teatro dei vostri padri

Il “fenomeno Buffa” è quell’accattivante narrazione dei nostri tempi che coniuga epos sportivo e racconto televisivo, amalgamandoli in un concentrato affabulatorio che ti prende per mano e ti fa vivere dal di dentro le storie che ti ammannisce; e non importa se, quando Federico Buffa racconta, potresti essere razionalmente portato a dubitare che se non tutto almeno una parte di quel racconto sia frutto di romanzata invenzione: nel momento in cui lo ascolti e ti lasci trasportare in quella dimensione favolistica, nella quale – come direbbe lui – “quando il mito incontra la storia non c’è partita, vince il mito due a zero”, pensi che sì, forse le cose potrebbero non essere andate precisamente come lui ti racconta, ma poi ti piace pensare che le cose possano essere andate esattamente come te le racconta lui.

Cartoline da Castrovillari – 2

Primavera di Teatri, parte seconda, ovvero le giornate di giugno del Festival, ovvero conferma delle linee di tendenza evidenziate nei giorni precedenti: drammaturgie “difficili” (nel senso di faticose), che spesso arrancano alla ricerca di un senso compiuto, non supportate da apparati registici in grado di staccarle dalla pagina scritta del copione per conferir loro una forma scenica compiuta; e pagina scritta che in vari casi dimostra un surplus di verbalità, una ricerca che s’incentra sulla parola testuale, troppo spesso eludendo il necessario nesso consequenziale con la sua realizzazione teatrale.
Luci ed ombre, dunque, anche nella seconda parte del Festival, della quale nel dettaglio si va qui a comporre resoconto.

Cartoline da Castrovillari – 1

Castrovillari, pendici del Pollino, verso un Sud in procinto di farsi profondo, giornate calde che di sera cedono ad una frescura a tratti pungente, spaghetti "al fuoco di Bacco" e lambrette d’epoca che conducono da un teatro all’altro, musica al Castello Aragonese e chiacchierate “critiche” ad ogni ora del giorno e della notte: Primavera dei Teatri, ovvero tanto teatro concentrato in sette giorni, teatro che “respira” la città, la anima dal mattino fino a sera, frutto del lavoro di Saverio La Ruina, Dario De Luca, Settimio Pisano e di tutti coloro che si raggruppano intorno a Scena Verticale, la compagnia stabile che da ormai diciassette anni porta avanti il Festival.

Le riserve della memoria

Il cinema come un grande specchio dipinto, rubando la definizione ad Ettore Scola è la prima immagine con cui cerchiamo vagamente di definire quel concentrato di visioni in un unico ininterrotto pianosequenza che compone – insieme all’azione teatrale – MM&M di Renato Cuocolo e Roberta Bosetti.

"Dio grande!"

TAV sta per Teatro Animazione Visioni, è un piccolo spazio che t’accoglie garbato in un cortile che si apre in una traversa del corso di Frattamaggiore, assieme agli altri locali dell’associazione Il Cantiere; il TAV è uno dei tanti piccoli spazi teatrali geograficamente ‘eccentrici’ rispetto al Capoluogo che perseverano nella coltivazione ostinata di una passione che talvolta assomiglia ad un’utopia, talaltra assume i contorni di una speranza a cui si riesce a dar forma concreta.

Cunto mediterraneo

Cosa può mai legare Don Chisciotte, Colapesce e Peppino Impastato? Apparentemente – e con una certa qual evidenza – siamo dinanzi a tre entità di natura diversa: un personaggio letterario, una creatura mitologica, un uomo realmente vissuto; tre entità per tre epoche diverse, l’una confinata in quel limbo atemporale chiamato mito, l’altra resa eterna nel Siglo de Oro dalla penna di Cervantes, l’altra ancora cittadina del Novecento.

Dal Tavoliere con amore

È di presa facile e immediata, Nella gioia e nel dolore, spettacolo della compagnia pugliese Contromano Teatro che ha visto la rassegna MutaVerso far ritorno – per l’occasione – nello spazio intimo e raccolto del Piccolo Teatro del Giullare di Salerno. È di presa facile e immediata perché racconta un tòpos – quello delle ritualità accessorie che contornano il rituale matrimoniale nella provincia meridionale – che non solo è noto e diffuso ai più per averne fatto esperienza (diretta o indiretta), ma che tanto interesse suscita da aver anche alimentato un fiorire di format a tema che animano il (sotto)bosco televisivo, spaziando indistintamente dal kitsch al sofisticato e spesso confondendo i due ambiti.

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il Pickwick

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