“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 26 October 2013 02:00

Falchi e fantasmi

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Settimana americana quella appena trascorsa per il Godot Art Bistrot di Avellino. Dopo Ryland Bouchard dei The Robot Ate Me un’altra band da Portland, Oregon: i Ghost to Falco. Anch’essi, come i primi, sono in realtà un progetto che gravita intorno ad un solo autore, nello specifico Eric Crespo, che negli anni si è circondato di vari collaboratori per registrare i suoi lavori.

Dall’esordio del 2004 dal rassicurante ed ottimistico titolo (Torn Or Broken, Shadowed Or Dark, Cast Off All Doubts And Ride The Flames To Freedom, Colletta Blue Records), fino al nuovissimo Soft Shield, edito solo in vinile per l’etichetta italiana Fooltribe di Tiziano Sgarbi, aka Bob Corn, la produzione consta di quattro album, una cassetta e alcuni split con band amiche come Castanets e Dragging An Oax Through Water.
Con una formazione di soli tre elementi (oltre ad Eric al canto, chitarra e minikorg, Dana Valatka alla batteria e Andrew Endres al basso, nuovi elementi cooptati apposta per la tournée) il gruppo ha reso il materiale degli ultimi dieci anni materia compatta e vibrante, sacrificando la ricchezza degli arrangiamenti su disco per una essenzialità di timbri ed effetti (a ben dire, questi ultimi sono stati ampiamente utilizzati da Eric, impegnato a controllare tutta una serie di pedali e a lanciare loop dal suo synth).
Comfort Series #2 (dal penultimo Exotic Believers, 2010) apre il concerto ed è compito del solo Eric introdurla con un lungo accordo di chitarra e synth: ballad dall’incedere ipnotico in attesa di esplodere, dilata la sua originaria carica per placarsi in accordi dolenti. La breve All Aboard vive di voce adagiata su un tappeto di synth e prelude a White (K)night – suonata da tutti e tre – che veste i panni oscuri di certo alt.country elettrico e desertico ornati di effetti elettronici analogici. Born to Win  ci riporta al rock nervoso e urbano di NYC fine Seventies che fu di Tom Verlaine & co. e che venne assimilato a LA dai Gun Club (tra i tanti). La storia del loser che non trova requie (“Li vedo arrivare / e li sento andare / nessuno è nato per vincere / i disperati si scontrano e io guido me stesso verso nient’altro che una luce solitaria”), elemento caratteristico del disagio esistenziale cantato da tanto rock, si definisce nelle sue coordinate più specifiche e politiche di chi ha perso contro una potenza civilizzatrice in What Got Left (“Lasciateci giocare da soli / lasciate vagare i nostri figli / fateci essere liberi e colpevoli / e mentre i nostri corpi si allontanano / i vostri occhi cominciano a distinguere / il sangue che abbiamo versato nei vostri mari”). Secrets of the Free asseconda il ritmo alle esigenze narrative di Eric memori del Neil Young più argomentativo. Ma le influenze non possono prescindere dall’indie amaricano dei Nineties, e così Serious Beast porta alla mente le sghembe architetture dei Pavement, mentre è alle ballads apocalittiche e dolenti del Nick Cave narratore di vecchie storie che si rifà No Reward (“Mi copro gli occhi / e cerco di salvarmi la vita / i fari nella notte accecano / è vero, la ferrovia è ripida e fangosa / ma costa poco e si può tenere ciò che si nasconde”).
Loop al contrario aprono alla decisa scansione ritmica di The End e alla consapevolezza (un po’ retorica) che ”come l’aria e l’acqua e gli uccelli in volo, le paure interiori non svaniscono di notte. Esse si spostano, mutano e combattono fino a quando la notte non si arrende all’irrompere del giorno”. Conclusione affidata alla atmosferica High Treason, salmo disperato e solenne che suggella un concerto coinvolgente, dimostrazione di quanto l’underground legato al cantautorato – e non solo – folk più eterodosso e aperto alle contaminazioni dell’elettronica e del (post)rock rappresenti la linfa vitale del suono indie a stelle e strisce.

 

 

 

 

 

Goes to Falco
voce, chitarra, synth
Eric Crespo
batteria Dana Valatka
basso Andrew Endres
Avellino, Godot Art Bistrot, 20 ottobre 2013

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