“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 14 October 2013 02:00

Il quadernaccio di Sam Weller (n. 8): la Notte Bianca al Vomero

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Ecco, subito una prima precisazione. Sam Weller è una persona come tante che, come fanno tante persone, può anche decidere una sera di andarsene a zonzo (a divertirsi, no!, sarebbe troppo) per le vie della città, soprattutto quando qualche evento riempie le strade di spettacoli e persone. Il suo è il gusto tipico dell’osservatore che dal suo cantuccio riservato e noioso osserva e prende appunti. Ma la precisazione non è propriamente questa.

Riguarda piuttosto il fatto che Sam Weller, a differenza di tante persone, anche quando decide di andarsene a zonzo (a divertirsi, no!, sarebbe troppo) porta sempre con sé il suo immancabile quadernaccio. È un lavoratore di lavori inutili, Sam Weller, e a quanto pare ne gioisce pure. Ma prim’ancora di cominciare questo anomalo racconto, ci tocca fare un’altra precisazione: in queste righe scribacchiate non troverete descrizioni, recensioni, o altre diavolerie critiche su questo o quello spettacolo, su questo o quel concerto, su questo o quel qualcosa. Del resto Sam Weller non ha assistito per intero a nulla, ma soltanto a squarci e aperture. Troverete invece un racconto o resoconto di ciò che Sam Weller ha fatto con il suo corpo e ha visto con i suoi occhi, senza alcuna presunzione che quella minuscola prospettiva e quegli angolacci bui da cui Sam Weller ama scrutare di nascosto il mondo siano quelli dove si annida la vera verità del mondo e della realtà. Prendetele, se vi va proprio di leggerle, come cose di poco conto, e soprattutto si perdoni Sam Weller per aver voluto affidare alla carta parole tanto inutili.
In primo luogo un esercizio di estraneità. Se è vero che la stratificazione sociale e culturale è essa stessa oggi l’unica forma di appartenenza e riconoscimento concessa all’uomo contemporaneo, è altrettanto vero e ancor più dolorosamente vero che Sam Weller non appena giunto al Vomero si sia sentito spaesato. Non riconosceva più il suo “strato” di appartenenza e si sentiva malinconico. Non che Sam Weller non sia in fondo in fondo un disadattato in ogni tempo e in ogni luogo, diciamo però che in quel momento ha percepito un plus-disadattamento che lo ha condotto a grandi riflessioni su di sé, il mondo e l’esistenza bruta della realtà. E così troviamo appuntato sul suo quadernaccio che questo senso di estraneità, dovuto a suo dire al suo impatto immediato con una fauna giovanile decorata con strane acconciature di capelli, ciuffi spropositati, profumi fastidiosi e abiti da far impallidire i protagonisti (e le protagoniste) delle più rinomate trasmissioni televisive, una fauna che andava di qua e di là rimirandosi in ogni superficie che avesse una minima capacità di “riflessione” di immagini, e che in un modo o nell’altro produceva oltre che a fastidiosi gridolini continui ed esasperanti musiche di iPhone, un certo olezzo fastidioso che riguardava la speranza di essere abbastanza belli per poter fare questo e quello, insomma questo primo impatto e questa eccessiva percezione di estraneità ha condotto Sam Weller e compagna a rifugiarsi all’interno della Floridiana, con la speranza che passeggiando in viali solitari accompagnati soltanto dalla silenziosa umidità degli alberi potessero riaversi. Non è stato così. All’improvviso i viali si sono riempiti di una fauna matura (così troviamo scritto), persone che in altissima uniforme e brontolando su questo e quello (ma in un italiano da libro stampato, anzi da rivista stampata, rivista tipo Oggi o Gente, si intende), con quella strana abitudine dei rappresentanti di sesso maschile altolocati di impostare la voce abbassando il diaframma e producendo un suono cupo e sordo, signorile evidentemente, si recavano, infarciti di pellicce (e Sam Weller sudava al posto loro) e gioielli, con bambini al seguito annoiati ma che per premio potevano divenire cosa sola con gli iPhone di mamma e papà, andavano a sentire un concerto di musica classica, un momento importante e culturalmente decisivo per le loro vite. Di chi era il concerto? Sam Weller che ascolta tutte le conversazioni perché rimane sempre in silenzio non è riuscito a captare neanche un nome, solo un generico “musica classica”. Dopo aver dato un paio di sorsi alla fiaschetta di whisky e un paio di boccate a una sigaretta di tabacco, Sam Weller e compagna, comunque rinfrancati, si sono lanciati nella mischia riflettendo che chiaramente la fisiognomica è un’assurdità da positivismo sfrenato di fine Ottocento, che certo Lombroso non è un personaggio da prendere sul serio, che si sono dette in quegli ambienti delle assurdità che hanno dato avvio al razzismo di tipo biologico all’interno del quale ancora ci dibattiamo, ma che comunque la gente che passeggiava per quelle strade era fisiognomicamente differente da quella dei quartieri malfamati che di solito frequenta Sam Weller. Ma Sam Weller ha lasciato appuntata anche la risposta a questo strano dilemma: non è la natura a cambiare i tratti somatici delle persone, ma la cultura, l’ambiente umano troppo umano nel quale sviluppiamo la nostra mente e il nostro corpo. A lato, nei marginalia del quadernaccio, troviamo anche un segno di soddisfazione da parte di Sam Weller, un “sì” per aver risolto questo strano enigma.
Dopo aver passeggiato e ascoltato musica disco inferno a piazza Vanvitelli (che poi si sarebbe rivelata la migliore) e aver attraversato via Scarlatti sommersi da casse che sparavano musicaccia da Ibiza e soprattutto dopo che Sam Weller ha trovato il modo di comprare un libro sulle note bancarelle di via Luca Giordano, sperando che L’origine dell’uomo di Charles Darwin (questo il libro acquistato) lo potesse corroborare nelle sue nascenti intuizioni di antropologia, i due si sono ritrovati a piazza degli Artisti dove uno stand molto cool (troviamo nei marginalia accanto alla parola: da approfondire il significato) vendeva Sushi, cioè pesce crudo. I due erano affamati, ma facendo rapidamente una comparazione tra la quantità e la quantità del cibo e il prezzo esposto e proposto, volendo aggiungere anche un plus per il tasso cool del posto e della situazione ma rimestando rabbiosamente nei fondi dei borsellini, non si trovavano con i conti. Ma Sam Weller non era triste, comunque, era un’occasione per mantenersi leggeri che è la cosa migliore per dormire tranquilli e senza sussulti. Mentre Sam Weller e compagna riflettevano su quanto facesse bene alla salute evitare di mangiare tutte le sere, di quanto ne avrebbero giovato le stanche mucose dello stomaco e i villi sempre stressati degli intestini, ecco che le loro nari risultano riempite da un miscuglio di odori, cibi di ogni genere, proveniente da Largo Antignano. Da questo punto in poi troviamo scritte nel quadernaccio soltanto frasi spezzate e strani elenchi, cose del tipo: quattro pescherie che friggono in ordine: alici, gamberetti, calamari, più in là un baccalaiuolo che frigge: innumerevoli pezzi di baccalà e stocco, due macellerie che friggono: polpette e cotolette, due chioschetti che friggono: zeppole, panzarotti, palle di riso, scagliozzi, tre forni che sfornano: focacce, panini napoletani, pizze con melanzane e provola, con peperoni e provola, con cicoli e ricotta, con salsicce e friarielli, più in là due acquaiuoli che offrono: vino rosso con percoche, vino bianco con percoche, cicchetti, bevande varie, ancora più in là due venditori di trippa con: 'o per’, 'o muss, 'a centopelle, infine: pizze fritte, pizze fritte, pizze fritte. Sam Weller e compagna decidono di abbandonare i buoni propositi e, pur senza esagerare, si concedono ai piaceri della tavola. Tra un gamberetto smangiucchiato in piedi e con le mani e un pezzo di baccalà fritto incandescente i due riflettono sul fatto di sentirsi nuovamente a loro agio e in effetti notano come le grida dei pescivendoli, dei macellai, degli acquaiuoli richiamino il loro “strato” e quando poi, mentre si suonava lì in mezzo un po’ di tammurriate, un lumpen del quartiere, sdentato e con pochi capelli, con indosso un pantalone di tuta blu e una giacca di lino gialla, ha cominciato a ballare la tammurriata in compagnia dei musicisti, sul volto di Sam Weller e compagna si è dipinto un sorriso.
E così, visto che Sam Weller e compagna non fanno mai troppo tardi per poter conservare il ricordo dell’intensità delle esperienze fatte, decidono di tornare a casa e lo fanno a piedi, per due ordini di motivi. Il primo era che il pasto era stato piuttosto abbondante e che quindi certo non poteva far male fare una lunga passeggiata verso casa, del resto Sam Weller è solito ripetere: post prandium aut stabis aut lento pede deambulabis, non potendo stare avevano optato per il deambulare lento pede. Se questo primo motivo lo possiamo definire “pratico”, il secondo è sicuramente “teoretico” se non malinconico. Sam Weller, prima di rientrare nel suo cantuccio che chiama casa, voleva attraversare un po’ di strati cittadini e così pian piano, digerendo tutto il digeribile (il resto lo ha tormentato di notte), ha potuto vedere compiersi la metamorfosi della sua Napoli dal Vomero ai Quartieri Spagnoli e ha potuto finalmente chiudere il suo quadernaccio.

 

(di-vagazione: 12/10/2013; imbrattamento di carta: 13/10/2013)

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