“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Wednesday, 24 November 2021 00:00

Residenze Digitali: intervista a Chiara Taviani

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Si sta svolgendo dal 22 al 28 novembre la Settimana delle Residenze Digitali, un festival online dedicato alle contaminazioni tra le performing arts e l’ambiente digitale. Sette progetti, selezionati su centosettantotto partecipanti al bando, si susseguiranno per sette giorni, consentendo l’esplorazione e la sperimentazione di nuove forme di fruizione attraverso la Rete: progettualità legate a linguaggi artistici diversificati, che trovano nel web il loro spazio espressivo ideale.

Il progetto nasce dal bando delle Residenze Digitali, promosso dal Centro di Residenza della Toscana (Armunia − CapoTrave/Kilowatt), in partenariato con l’Associazione Marchigiana Attività Teatrali AMAT, la Cooperativa Anghiari Dance Hub, ATCL – Circuito Multidisciplinare del Lazio per Spazio Rossellini, il Centro di Residenza dell’Emilia-Romagna (L’arboreto − Teatro Dimora di Mondaino, La Corte Ospitale di Rubiera), la Fondazione Luzzati Teatro della Tosse di Genova e ZONA K di Milano.
Il Pickwick accompagna questo progetto con un ciclo di interviste agli artisti partecipanti. Sette domande per sette progetti che si succederanno in sette giorni.
Concludiamo oggi questo percorso raccogliendo le considerazioni di Chiara Taviani, autrice del mediometraggio Whatever Happens in a Screen Stays in a Screen.


Per prima cosa ci racconteresti il tuo percorso artistico? Come nasce la tua esperienza? Come si è formata la tua poetica?
Vengo da una formazione classica, ho iniziato con una disciplina molto difficile e rigorosa come la danza classica. Mi sono orientata in seguito verso un percorso più contemporaneo con una formazione professionale in danza contemporanea includendo anche il teatro. Il teatro mi ha permesso di ampliare la visione della performance e mi ha permesso di sviluppare una poetica che includesse anche la questione drammaturgica al suo interno.
Nel 2010, dopo tanti anni in Francia, ho conosciuto Michela Lucenti e Balletto Civile con i quali ho collaborato per tanto tempo, in seguito ho fondato assieme a Carlo Massari la C&C Company con la quale ho avuto il privilegio di ricevere vari riconoscimenti in Italia e all’estero. Dopo queste esperienze collettive ho avuto bisogno di ripartire da un progetto solista e di ritrovare un’identità propria. Ho iniziato così a collaborare come artista indipendente con vari artisti di provenienza totalmente diversa; ho coreografato l’opera della compositrice Alexandra Grimal, ho creato un film con l’artista portoghese Henrique Furtado Vieira, ho lavorato per vari registi come Marco Baliani e ho continuato la mia propria ricerca per definire un linguaggio che potesse rappresentarmi al massimo delle mie possibilità. Chiaramente non si smette di crescere, mai.


Qual è stata la molla che ti ha spinto a partecipare al bando delle Residenze Digitali? E cosa ti aspetti possa germogliare da questa esperienza?
L’interesse per il cinema e la creazione di un lavoro digitale creato per uno schermo. La creazione di un film è stimolante almeno quanto una creazione scenica per quanto mi riguarda. La telecamera mi permette di accedere ad alcune immagini che non potrei ottenere senza il focus di una telecamera. Quello che amo del cinema è la possibilità che ha di farti vedere quello che decide lui. Porre l’attenzione su un dettaglio è molto più complesso a teatro. Spero che questa esperienza mi permetta di continuare una ricerca a cavallo fra il cinema e la performance, vorrei trovare dei dispositivi scenici capaci di includere entrambi i linguaggi.


Un nuovo modo di pensare e di lavorare: la residenza digitale va considerata una soluzione emergenziale, o anche una soluzione praticabile a prescindere da fattori contingenti, come lo è stato ad esempio la pandemia?
Penso che sia assolutamente una soluzione praticabile a prescindere dalla situazione attuale. La ricerca digitale che per la maggior parte dei casi viene svolta da casa offre un tempo di lavoro prezioso; prima di tutto ci pone nuovamente davanti a noi stessi senza grandi possibilità di dispersione, ci troviamo al lavoro su noi stessi tramite uno o più dispositivi tecnologici. Trovo che la residenza digitale nutra una parte importante di creatività nascosta. Una creatività meno esposta e più personale che sbocci a prescindere su un risultato o meno. Il digitale è un filtro importante che permette una libertà non indifferente, trovo che sia assolutamente indispensabile sperimentare anche questo tipo di ricerca.


Nello specifico: come cambia il modo di lavorare in una residenza digitale? Quali sono le criticità derivanti dalla mancanza di un lavoro in presenza, dall’assenza del contatto umano diretto con le persone con cui si lavora? E quali sono invece i vantaggi e gli aspetti positivi?
Il modo di lavorare non penso che cambi moltissimo, credo che ognuno di noi abbia una propria metodologia che applichi sia dal vivo che in digitale. Sicuramente il rapporto con la tecnologia diventa una questione fondamentale, diventa uno strumento imprescindibile, in qualche modo diventa il corpo dell’idea. È vettore importante, per altro la sua inarrestabile evoluzione rende la ricerca abbastanza frenetica. Se dovessimo stare al passo delle nuove tecnologie dovremmo concentrarci solo su una ricerca digitale, il fatto che per noi invece sia uno strumento collaterale permette sicuramente di trovare nuove possibilità di espressione e di arricchire il proprio linguaggio.


Più in generale, come sta cambiando secondo te l’approccio all’arte alla luce delle nuove tecnologie, sia da un punto di vista filosofico che metodologico?
Su questo tema mi sto interrogando molto, la natura del mio progetto ha un forte rapporto con il passato e con il vintage. Questo mi ha portato molto a interrogarmi su quanto le nuove tecnologie ci proiettino su un futuro che definirei eternamente irraggiungibile poiché ancor più veloce del futuro stesso. Il ritmo della tecnologia è molto più veloce di noi, basti vedere i social network che ci annunciano le cose prima di scoprirle in modo reale. Noi abbiamo la possibilità di seguire questo ritmo ma anche di opporci a questo ritmo creando un’arte che tocchi altre corde della tecnologia. Credo che tutto dipenda da come viviamo singolarmente questi cambiamenti generazionali, quale è per noi il punto di realtà? Stare al passo con le tecnologie, essere aggiornati, possedere questi nuovi strumenti per conoscere più cose possibili, oppure usarle in base alle proprie necessità senza vederle come unico specchio della realtà? E soprattutto in quale momento possiamo parlare di realtà?


In che modo si trasforma il rapporto con il pubblico, nel momento in cui si lavora da remoto e si presenta poi l’esito di un progetto pensato per avere nel web il proprio spazio di fruizione ideale?
Il rapporto con il pubblico cambia molto; il progetto una volta completato viene messo in Rete e quindi inizia la propria vita virtuale. Che è molto diversa dalla vita che avrebbe di fronte a un pubblico in uno spazio dal vivo, prima di tutto perché in quel caso il pubblico condivide lo stesso spazio fisico e offe un’immediata risposta al progetto.
Per me preparare un progetto apposito significa tenere conto di questa distanza fisica cercando di usare i punti di forza del digitale primo su tutti, l’universalità.


Alla luce di quanto detto finora, ci illustreresti il progetto al quale hai lavorato e che presenti nella settimana delle Residenze Digitali?
Whatever Happens in a Screen Stays in a Screen è un mediometraggio realizzato grazie all'uso del Blue Screen. Il progetto esplora le possibilità di modificazione dell’immagine tramite la variazione del background. Inserendo una figura viva all’interno di un’immagine fissa creiamo una variazione di percezione ed una nuova possibilità di lettura.
Si susseguono così dei tableaux vivants che trattano di realtà, sia nella loro realizzazione artigianale vintage, sia nella loro drammaturgia.
Il film verrà presentato durante la settimana di Residenze Digitali sotto forma di otto episodi di circa otto minuti ciascuno.





www.residenzedigitali.it





Realizzato nell’ambito della Media Partnership con il progetto Residenze Digitali

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