“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Wednesday, 14 October 2020 00:00

Tu sei e non era dovuto

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Tu sei e non era dovuto,
non abbiamo motivo di credere
a una disposizione di stelle
che ci giustifichi, ci nobiliti.

Se ti fermi in qualche momento
puoi accorgerti che ti sfiora
per una serie di coincidenze
che non sono necessità.
La lingua per chi la ignora
non vale più di un verso,
siamo qualcosa di perso
e proprio per questo prezioso.
Tu sei e non era dovuto,
hai carne e puoi inventare un’anima,
la vita che oggi ti abita
è uno squarcio, un abisso, è fortuna.



2

Dimmi parole di futuro,
non quelle già ingiallite
che stampano i giornali,
non frasi pronte, sbiadite.
Dammene una e sia radice
che venga a sconquassare,
quella che vibri nell’anima
portandola fino all’origine.



3

Qui sopra i passi
c’è affanno e riparo,
il ritrovarsi.



4

Il nostro essere nelle lamiere,
tra i residui, gli scoli, l’amianto,
le case mai finite, i copertoni,
e poi cieli che sembrano vergini,
pieni di luci da tempi lontani,
gli sguardi innocenti dei cani,
le volpi intraviste di notte.
Il nostro essere contraddizioni,
che null’altro ci tocca in sorte,
e viviamo di frasi già dette,
come questa, quelle a venire.



5

In tutto il tramestio, il calpestio,
come distinguere quello che conta?
Che suono avrà la mia vera voce,
se verrà poi saprò riconoscerla?



6

Un uomo e una donna
seduti a un tavolo,
loro e questa fortuna
di non essere soli
nel deserto a contendersi
del cibo, il respiro,
a non avere intorno
bombardamenti, spari,
a non cadere in un burrone
o svanire piano
a causa di un incidente aereo,
di un naufragio,
loro e questa fortuna
non detta neanche tra sé,
considerata come qualcosa
di acquisito, certo,
eppure necessaria alla spinta
che sentono ora,
al senso dello stare su un filo,
un filo appena,
che li avvicina piano
e fa sentire accomunati,
con il lusso persino
di iniziare a innamorarsi.



7

Stringere finché possibile
la fortuna d’esserci,
se fortuna rimane.
Pregare che un temporale
ti riporti delle voci,
non ti strappi nessuno.
Provare a darsi un cammino,
lieve peso sulla schiena,
spinta sino a scomparire.



8

Casa è dove ridono i tuoi occhi,
un posto a cui tornare tutti i giorni;
non è semplice luogo il tuo profumo
che ora mi abita dentro e in cui riposo.
Può spostarsi ovunque, bosco e borgo,
strada di periferia, città oppure paese.
Può essere spazio accennato o distesa,
nel deserto o in tutte le voci del mondo.
Può sembrare svanisca e trova l’altrove,
rinasce nell’attimo in cui pareva persa
come la vita che, se spezzata, rifiorisce;
adesso casa è dove ridono i tuoi occhi.





N.B.: L’immagine di copertina di Alessandro Carrara (particolare)

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