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Friday, 01 May 2020 00:00

InFLOencer: dal paradiso dei calzini a quello dei blog

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Nel 2008 usciva il settimo disco di Vinicio Capossela dal titolo Da solo. Alcuni lo definirono un déjà-vu, mentre a me è piaciuto. Meno di altri, ma mi è piaciuto. Poi non è che uno può sfornare capolavori come pizze da asporto nella fase due. La canzone simbolo dell’album è Il paradiso dei calzini.

Tenera ninna nanna che attraverso la metafora dei calzini spaiati racconta il dramma dell’uomo perduto senza la sua metà. Ieri riascoltandola, reclusa e senza urgenze mi ha suggerito una bizzarra fantasia. Se avete presente la canzone, ricorderete che il cardine è nel primo verso: “Dove vanno a finire i calzini”. Bene. Io credo che se Capossela l’avesse scritta adesso, la questione sarebbe stata un’altra, perché in una quarantena di outfit improbabili e orridi pigiami troppo spesso spacciati per tute da casa, il calzino spaiato è il male minore. Sono certa che Vinicio avrebbe lasciato perdere lo sventurato indumento per concentrarsi sul racconto di una ben più triste realtà, intitolandola Il paradiso dei blog, dove la prima strofa sarebbe stata appunto “Dove vanno a finire i blog”.
La quarantena ha ispirato pochi e istigato tantissimi. I primi sono più o meno invisibili, perché stanno in silenzio a ridisegnare l’equipaggiamento, per quando si potrà ripartire. Poi c’è il gruppone, che dietro hashtag pieni di entusiasmo, è andato avanti indomito, ma come direbbe un amico mio “alla volemose bene”. Perché non ha perso neanche un minuto ad osservare la vita, chiamando “ottimismo” la superficialità e “reazione” la faciloneria. Una volta assodato che ogni peccato sarebbe stato rimesso se preceduto da un “Non fermiamo…” (metti al posto dei puntini qualunque sostantivo), vai col tango, anzi vai col blog. A farla da padrone è sempre il blog di cucina. Ormai anche la foto di una tazza d’acqua sporca si accompagna alla scritta “per la ricetta link in bio”. Blog che ti spiegano come farti un panino con la mortadella, tirare lo sciacquone e pucciare nel latte il pane secco, intasano la rete.
Per reazione uguale e contraria sono esplosi blog di fitness. Ora, che il blog lo tenga la mia bionica istruttrice di gag (gambe – addominali – glutei), è logico, ma che la mia vicina di casa, coi suoi quaranta kg in più, mostri in video le sue contorsioni addominali, mi lascia interdetta.
Possibile che nel legittimo tentativo di riorganizzarsi, la competenza non venga proprio presa in considerazione? Possibile che bastino due mesi di stop a farci perdere il senso del ridicolo e a convincerci che “se lo fai tu, lo posso fare anche io”. Non sarebbe stato meglio, per questa volta, pensare a cosa davvero sappiamo e vogliamo fare? E se quello che vogliamo fare non lo sappiamo fare, non sarebbe stato meglio imparare, prima di insegnarlo dal pulpito dell’ennesimo blog? In più c’è la questione della costanza. Osservando sin dai primi tempi l’ascesa della mia amica Elena, food blogger bravissima e di successo, posso dirvi che lavorare da casa, in piena autonomia, contando solo sulla propria capacità pratica e manageriale, sembra facile, ma è impegnativo assai. E vengo al punto. Quando riprenderanno gli aperitivi, il catechismo e la partita di calcetto, dove finiranno tutti i blog, che stiamo aprendo come finestre nel mese di agosto? È così che mi è apparsa la visione di un paradiso dei blog, tutti eternamente giovani, che non hanno avuto il tempo di invecchiare, che si riconoscono e si abbracciano. Pilates per tutti con Impara a friggere con olio e padella; La corretta dizione con Decorare la tua casa con tutto quello che invece faresti bene a buttare via e tanti, tanti altri. Blog che osservano da lassù le nostre vite tornate quelle di prima, salvo un solo grande rimpianto: quello di aver perso l’occasione di conoscerci meglio, di imparare qualcosa o semplicemente di restare in silenzio ad ascoltare, almeno per un po’.

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