“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 28 May 2017 00:00

Almeno una canzone, poi me ne vado

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Attenzione. Se mi esprimo in prima persona il lettore non si sforzi di capire chi sta parlando. Sappia di essere in presenza di una duplicazione di personaggi. Per niente facile da spiegare in certe circostanze di cui sto scrivendo. Ma forse il lato interessante della faccenda (virtuale) sta tutto lì. Ecco cosa voglio dire: sono uscito da me stesso per cercare di osservarmi come fossi un’altra persona. Succede così che quando noi due ci guardiamo è come una finzione. Solo uno se ne rende conto, l’altro no. Lui, l’Altro non sa nemmeno che esisto. O non lo dà a vedere.

Quel desiderio impenetrabile l’ho gradualmente avvertito tra la fine dell’adolescenza e il passaggio all’età adulta. E sempre di notte. Volevo così indagare chi era l’altra figura. Complicato? difficile da capire? Ci ho provato.
Nel buio notturno, quando d’improvviso mi svegliavo, mi sentivo proiettato in una dimensione che mi era estranea. Dapprima, l’inquietante sensazione di perdere il contatto con il mio vero essere. Poi, poco a poco, mi capitava di ritrovarmi nell’intimo di una figura che prendeva gradualmente forma come in uno specchio, cioè l’Ego, che sono io. L’altro da cui sono uscito è Raffaele, Raf per gli intimi.
Agli inizi è stato difficile darmi una spiegazione, e altrettanto lo è ora per farmi capire da chi mi legge. Giacché questo è un racconto sulla coerenza (in senso lato, s’intende) ai doveri di marito e di padre, all’etica del lavoro, fino alla genuinità dei rapporti con gli esseri umani. Fedeltà a me stesso, insomma. Dove talvolta può capitare che l’immaginazione si sovrapponga alla realtà. O forse è il contrario che succede, chissà. Parlo di quei momenti che sto facendo rivivere con la scrittura. Perché è magica, la scrittura. Riesce a dare un significato, un senso all’inspiegabile.

Roby sta per compiere i tredici anni, traguardo importante per lui. È sul punto di iscriversi al liceo scientifico. Non è interessato né alle materie umaniste né tantomeno alle scienze economiche. Vuole darsi all’architettura. L’attrae lo straordinario sviluppo verso il cielo della sua grande Milano. Sua sorella Michela ha tre anni meno di lui. Lei usa dire che ha ereditato i geni paterni, giacché ama scrivere brevi storie, semplici ma, data l’età, abbastanza intense. E da grande vuole dedicarsi alla narrativa.
Loro sono i figli miei e di Lorena, mia moglie. Siamo sposati da dieci anni. Lavoro in un campo – finanza − dove c’è la possibilità di fare soldi, ma con la dovuta cautela. Con la nascita di Michela abbiamo deciso che Lorena si sarebbe dimessa dal suo impiego di segretaria di un commercialista per dedicare tutta sé stessa a seguire, indirizzare, curare la crescita di Roby e Michela. Oltre a occuparsi di tutto quanto ha a che fare con la nostra vita di ogni giorno. Un compito non facile.
Ma a questo punto per rendere comprensibile quello che scrivo devo ripetere che io non sono la persona che appare agli occhi di tutti. Sono quello strano essere fuori di un se stesso che si è messo alla ricerca della propria essenza.
Raf, il vero Io, è in simbiosi con me ma non lo sa, quindi?
Vivo con un solo scopo: cercare di capire chi è in realtà Raf. Non so come né perché sia successo; il fatto è che sono alla costante ricerca di tutto ciò che possa aiutarmi a svelare il mistero dell’identità. E l’identità è dell’altro, mi viene da dire. Fatico a capire se quando penso e agisco sono io o lui.

Ultimamente i miei (di chi?) rapporti con Lorena danno segni di qualcosa che sta cambiando. C’è un mio amico, Rolando, che frequenta assiduamente casa nostra. Troppo assiduamente. Più di una volta li ho sorpresi, lui e Lorena, a parlare tra loro con una confidenza eccessiva, sospetta.
Quanto a me, non manco di deviare da quello che dovrebbe essere il normale rapporto coniugale. Ne sanno qualcosa certe mie clienti che da tempo frequento più del necessario. Donne della borghesia medio-alta per le quali tratto investimenti finanziari. Questo mio Altro ha un’attenzione particolare per Martina, sentimentale è il caso di dire. Ma perché, allora, le ha fatto acquistare un considerevole ammontare di titoli tossici, quei cosiddetti derivati, che le hanno fatto subire pesanti perdite. Una contraddizione.
Chi si è accorto che i miei rapporti coniugali con Lorena stavano cambiando sono i miei genitori. Prossimi agli ottanta, ma lucidi quanto basta. Durante le vacanze estive hanno invitato Roby a casa loro, in Costa Azzurra, per un paio di settimane. Non è stato difficile apprendere da Roby che io e lei ci comportavamo diversamente dal solito, quasi a far sospettare a mio padre che la mia famiglia fosse sull’orlo della crisi.

Siamo a letto. Stiamo leggendo. Lorena sembra molto concentrata. Ogni tanto alzo gli occhi dal mio libro e la guardo di sfuggita, per non farmi accorgere.
– Da quanto tempo... – d’improvviso mi chiede, senza girarsi verso di me.
– Beh, da un bel po’. Dovresti saperlo.
– Ma perché?
– Può darsi che ci sia sfuggito qualcosa. Oppure lo sappiamo tutt’e due, ma non ce la sentiamo di parlarne apertamente. Che ne dici.
– Che cosa c’è di sbagliato nel conversare con un amico di famiglia se il marito, tutto preso dalle sue ambizioni di lavoro... o altro, quando la sera rientra a casa non ha niente da dire... o da fare.
– Cerco soltanto di lasciare fuori casa quelle frustrazioni professionali che rischiano di essere una costante della mia vita. Anche perché, ammettilo, a te piace quanto piace a me frequentare certi ambienti e esserne all’altezza. Il benessere... diciamo.
– Non è che magari capiti di pensare a distrazioni coniugali vere o presunte?
– A chi? Parli di me o di te?
– Ma si può andare avanti così?
– A chi tocca rispondere?
– Lo sapremo col tempo.
– Stiamo però attenti a quello che facciamo, potrebbe essere troppo tardi.

Ancora non posso dire di conoscere come si deve la vera natura di Raf, sebbene alcuni tratti del suo essere stiano in qualche modo manifestandosi. E mi viene da pormi qualche domanda: – Esiste la sincerità tra gli esseri umani? C’è tra loro la carità nei rapporti di tutti i giorni?
Lo osservo in ogni istante della sua vita. I gesti che nascondono il non detto. Analizzo ogni parola che dice. È abbastanza facile. Ma ciò che mi risulta problematico è inoltrarmi nei meandri della sua mente. E sono consapevole che solo da lì, piuttosto che dai suoi comportamenti mi sarà possibile conoscerlo e, per quanto possa competermi, regolarmi di conseguenza. In generale si parla e si scrive tanto di morale ed etica. Del rapporto tra i loro principi e del conseguente sviluppo. Con lui, Raf, fatico a farmene una ragione.

All’ospedale è arrivata prima Lorena. Raf, alle prese con una trattativa finanziaria di un certo peso – e calcolata come d’abitudine a suo particolare vantaggio − dopo aver ricevuto la telefonata con la quale la moglie, singhiozzando, lo ha avvertito che Roby era stato investito da un furgone riportando più di una ferita, di cui una piuttosto grave agli occhi, ha chiamato un taxi e si è fatto portare all’ospedale. Che però non era quello in cui era ricoverato il figlio. Dal ritardo conseguente un susseguirsi di telefonate di Lorena, che ripeteva concitata: – A cosa pensavi quando ti ho chiamato? Sbrigati, poi ne parleremo. Non ne posso più!
Un Ego, come io sono, che vive queste situazioni deve per forza di cose farsi anche protagonista. Se sei un semplice spettatore non vieni a capo di nulla. Hai un ruolo passivo. Fatica sprecata quella di lasciare Raf alle prese con il solo suo essere, a lui non del tutto conosciuto. Se non per nulla conosciuto.

L’intervento dei nonni per contribuire a riportare la condizione famigliare nei limiti della normalità è stato efficace. Frattanto Roby è stato dimesso dall’ospedale completamente guarito.
A tavola tutti e quattro. Raf, Lorena, nonni, Roby e Michela. E Ego?
Parla il nonno volgendo lo sguardo a tutti, con particolare insistenza a Raf: – L’egoismo non può essere il collante di una famiglia. D’accordo, a volte non ci accorgiamo dell’impatto sugli altri, emotivo, e anche pratico, di alcuni eventi o anche semplicemente comportamenti insoliti. Ma quel che ci vuole è avere la ferma certezza che nessuno di noi è unico al mondo. Quando occorre, sforziamoci di non pensare solo a noi stessi. Ne guadagniamo, tutti quanti.
È ormai sera, i nonni se ne sono ritornati a casa loro. Qui un rilassante silenzio. Mezzi sorrisi sulle labbra di tutti. Anche tra Raf e Lorena.
E io, l’Ego, ho la netta sensazione di essere sul punto di rientrare da dove ero uscito. Sto per tornare a essere Raf. Ma in versione rinnovata, autenticamente umana.
Ma un rientro in me stesso privo di un coronamento musicale non mi basta. Non può bastare. Noi, io e lui, amiamo la stessa musica pop-rock. Ci vuole una canzone per suggellare la ritrovata unità, e reciproca comprensione. La canzone che ci torna alla mente è Laughing. La canta David Crosby.

Aix-en-Provence. Roby e Michela stanno allegramente rincorrendosi sulla spiaggia. Dietro di loro Raf e Lorena camminano a piedi nudi stringendosi teneramente ai fianchi. Qualche breve sosta, un bacio.
– Guardali, Michela.
– Mitico, Roby. E i nonni che stanno facendo? Sarebbe una gioia anche per loro vederli abbracciati.
– Sono rimasti in casa. Ci stanno preparando un fritto misto come piace a noi.
– Ci voleva essere a un passo dal prendere ciascuno la propria strada, per sempre – Raf.
– Ma ce l’abbiamo fatta... a salvarci.
– A salvare la famiglia, come direbbe mio padre.
– Già.
Dopo una buona nuotata, tutti sotto la pergola della villetta dei nonni. Sulla tavola piatti di invitante frittura che solo il padre di Raf sa fare.
Due giorni dopo. Raf guida a velocità moderata. Tutti gli altri comodamente sdraiati sui sedili. Stanno attraversando il lungomare di Nizza. Nessuno parla, si guardano attorno. Poi Lorena: – Ma perché quel disastro? – sembra domandare a se stessa.
– C’è forse qualcuno che conosce l’essere umano? – Raf – Io fino a poco tempo fa non conoscevo nemmeno me stesso.

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