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Thursday, 07 March 2013 00:11

Factotum

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“Ospedali, galere e puttane: sono queste le università della vita. Io ho preso parecchie lauree. Chiamatemi dottore” 
Charles Bukowski

 

La scena iniziale è quella di un uomo nudo, metafora di colui che esposto alla Moira l’accoglie con tutta la fragilità del suo essere uomo, che fuma e beve birra e che non ha uno stile di vita, ammesso che ne esista uno. Il Bukowski interpretato da Roberto Galano rende al meglio i nodi concettuali del pensiero di uno scrittore che non ci indica un cammino, non ci insegna una fede, piuttosto non ci dà tregua, stanandoci in tutti gli angoli della nostra ricerca di sicurezza.

Ponendoci di fronte allo sconfinato deserto delle nostre possibilità di scelta, l’autore, che con il suo stile on the road ha ammaliato i nati sotto il segno della beat generation, vuole invitare quanti lo leggono a godere di tutto il piacere possibile. Nelle sbronze, negli eccessi di Henry Chinaski, infatti, non v’è pulsione all’autodistruzione, bensì la volontà ferma e decisa di assecondare la propria natura, che trova soddisfazione esprimendosi liberamente.
Galano, con soluzioni interpretative decise e poliedriche, una gestualità ben studiata, ben rende lo spirito iconoclasta che serpeggia in opere come Post office e Factotum. Un factotum è, infatti, chi come Chinaski, alter ego di Bukowski, rimane indifferente al ruolo assegnatogli dalla società, o anche colui che scrive solo per il piacere di farlo e che passa da un mestiere all’altro, poiché il lavoro, fuori da un’ottica liberista, è solo un mezzo necessario per la sopravvivenza. Lo sguardo disincantato sul mondo si traduce, così, nell’analisi spietata di una realtà di cui si colgono geneticamente le incongruenze e che, così com’è organizzata, rappresenta il Moloch che richiede in sacrificio la libertà.
Al dio Moloch, il Bukowski di Galano contrappone il sesso, l’irriverenza, l’alcol, il risvolto della medaglia di una società nevrotica che, con i suoi ritmi incalzanti, limita inverosimilmente chi dell’edonismo più sfrenato ha fatto una peculiarità. Qui ribolle quell’ironia con cui Bukowski, ma ancora meglio di lui il Miller del Tropico del cancro e del Capricorno, infrange il sogno americano di un mondo perfetto e di cui il buonismo del topolino della Disney sembra essere l’esemplificazione. Il buonismo è, infatti, la maschera sotto cui si presenta la natura tenebrosa di un uomo che per vivere in società ha freudianamente “rinunciato alla sua libertà per un po’ di sicurezza”. Dire sì alla vita vuol dire, invece, essere come un “carnevale drogato” in cui tutto è sperimentato nell’ottica del “qui ed ora”, poiché non esistono rassicurazioni di sorta che proteggano dal rischio della vita, che procede in modo caotico e imprevedibile.
Coloro che parlano di amore, di giustizia, lealtà, esprimono solo il bisogno di conoscere “sostanze” attorno alle quali possa unificarsi e organizzarsi la nostra esistenza. L’amore, recita Galano, è invece “come la nebbia, puoi accendere tutte le luci che vuoi, ma è sempre buio”. Il buio è quello del fondo oscuro e per questo inconoscibile di kantiana memoria, da cui proveniamo. Un fondo che cerchiamo di rischiarare con la luce della ragione calcolante, ma che è sempre lì ad attestarci che la vita non è la giustapposizione di stati e istanti diversi e separati, ma, come afferma Bergson, un fluire continuo che si dà alla visione offerente di chi coglie le cose così come si danno, mostrando dubbio e incertezza intorno al modo in cui l’uomo imbriglia se stesso nelle reti della società capitalista. Come si può infatti pensare che sia normale svegliarsi alle sei e mezzo con la suoneria, saltare giù dal letto, vestirsi, ingoiare qualcosa di malavoglia, spazzolarsi denti e capelli e buttarsi nel traffico per arrivare in un posto dove essenzialmente “si fanno un sacco di soldi per qualcun altro”? Eppure dietro al “perverso” mondo di Bukowski, Galano lascia intravedere lo spiraglio di qualcosa di puro, tanto puro che può appartenere solo a un angelo, ma presto la pioggia impura, che sostanzia il ritmo dell’andare e venire, bagna le sue ali di carta, e l’angelo rimane un ameno inganno, in quanto non esiste. Esiste, però, una notte in cui insiste la tentazione di dormire forte, di ubriacarsi di ricordi, come quelli di un padre rigido e severo, di amare, di scrivere, fregandosene degli eventuali lettori, di liberare quell’”uccello azzurro” che vorrebbe uscire, ma è soffocato da litri di birra. Un uccello che rappresenta la speranza in un mondo altro, ma che è puro dover-essere destinato a non realizzarsi mai.
Rappresaglia delle emozioni del vivere nell’orbita di una sola vita, volendo poter far tutto in cambio, poi, di niente.
Factotum.

 

Bukowski, 'A night with Hank'

di D. Francesco Nikzad

regia Roberto Galano

con Roberto Galano

produzione Teatro dei Limoni

Caserta, Teatro Civico 14, 3 marzo 2013

in scena 2 e 3 marzo 2013

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