“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 03 March 2013 21:42

Questo è un racconto strano e amaro

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"Southern trees bear strange fruit" canta in un famosissimo brano Billie Holiday. "Blood on the leaves and blood at the root" colora in modo macabro un’epoca, un tempo, e un luogo, che s’immagina in bianco e nero. Il vento del sud nell’America degli anni Venti e Trenta – potremmo continuare con i decenni precedenti e seguenti – si tingono di un rosso cremisi che sparge nel mondo il dolore di un popolo deportato, schiavizzato, privato dei diritti essenziali.

"Black bodies swinging in the southern breeze" che li accarezza scuotendoli ma senza poter dar loro nuova vita."Strange fruit hanging from the popular trees" che mille volte abbiamo sentito nelle piccole voci rauche dei bambini, senza mai pensare alla triste funzione che un pioppo potesse assolvere in un brano poetico. The Suit, "le costume", l’abito, adattato e messo in scena dal maestro Peter Brook, ci pone davanti ‘parallelamente’ questo dubbio. Le cose che abbiamo dinanzi, quotidianamente, e che siamo abituati a pensare in un modo piuttosto che in un altro, a concepire sic et simpliciter, possono esser usate in maniera terrificante e sconvolgente. Parallelamente, poichè vi è una storia col suo intreccio e con i suoi personaggi da seguire, da mettere in scena, e, al tempo stesso, vien fatta una riflessione sull’opera teatrale. Un teatro rigorosamente minimalista quindi, nella scenografia, nel cast e persino nella recitazione, ma sapientemente curato sotto l’aspetto musicale e visivo; che non rinuncia ma cerca invece di costruire incessantemente una propria poetica. Uno spettacolo che dal testo francese viene trascritto e recitato in inglese. Allo stesso modo i richiami alle problematiche e alle lotte per i diritti civili del secolo scorso combattute negli Stati Uniti; che ancor oggi si palesano in Europa e Africa con la questione degli extracomunitari; problematiche che vengono affrontate e mediate con l’ausilio della cultura e delle tradizioni africane. La riappropriazione della scena è totale e viene svolta mediante l’uso contenuto e tenue delle luci. L’interpretazione di Nonhlanhla Kheswa e il suo forte timbro vocale danno spazio a tutto un mondo di colori e suoni lontani dal nostro vivere quotidiano, in modo che lo spettatore per qualche breve istante sia trasportato oltre gli spazi angusti nei quali è confinato. Ed è proprio la forma musicale a tessere il leggero velo che copre Matilda e suo marito quando si addormentano o giocano in società. Magistralmente sembra che il musical composto da Brook confezioni, in maniera quasi impeccabile, l’abito ideato da Can Themba. Così le ‘scene’ sembrano veramente d’ambito ‘pastorale’ e il movimento degli interpreti assume una forma corale. Poco a poco l’incanto per quella che sembra una gioiosa favola iniziata male ma destinata a un lieto fine svanisce; resta allora attonito il pubblico con bulging eyes e twisted mouth mentre osserva il finale, e pare che quel velo tanto meticolosamente preparato per i due sposi si trasformi sotto lo sguardo degli astanti in un sudario. Ed ecco che si realizza il verso più inquietante del brano che mi ha aiutato a comporre questo breve commento alla pièce: l’uomo in mutande che scappa dalla casa di Matilda e che sembra dare un tocco di ironia al dramma come uno scent of magnolias, sweet and fresh, si trasforma nel rivoltante odore di burning flesh, con cui si chiude lo spettacolo. Per finire quello che ci si ritrova è davvero ‘uno strano e amaro raccolto’ come recita l’ultimo verso di Strange fruit.

 

 

 

The Suit
da
Can Themba, Mothobi Mutloatse, Barney Simon
adattamento, messa in scena e musica Peter Brook, Marie-Helene Estienne, Franck Krawczyk
con Nonhlanhla Kheswa, Jared McNeill, William Nadylam
produzione C.I.C.T / Theatre des Buffes du Nord (Paris)
in coproduzione con Fondazione Campania del Festival-Napoli Teatro Festival Italia, Les theatres de la ville de Luxembourg, Young vic Theatre (London), Theatre de la place - Liège.
luci Philippe Vialatte
elementi scenici e costumi Oria Puppo
assistente alla regia Rikki Henry
musicisti A. Astier(chitara), R. Chambouvet (piano), D. Dupuis (tromba)
lingua inglese
durata 1h 30'
Napoli, Teatro Mercadante, 1° marzo 2013
in scena dal 27 Febbraio al 4 Marzo 2013

                  

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