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Wednesday, 29 April 2015 00:00

"IJF 15" a posteriori

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Come ogni anno, la terza settimana del mese di aprile trova Perugia in piena fibrillazione per il Festival Internazionale del Giornalismo.
Da scribacchina, non c’è evento che potrebbe rendermi più lieta, tranne forse l’istituzione della Festa della Letteratura, o della Scrittura Creativa: finalmente un evento che non riguardi l’alimentazione, o la musica. Niente in contrario a tavolate odorose di prodotti gastronomici o contro scenografiche armonie di ottoni, ma addirittura un festival – termine che sottintende una durata calcolabile in giorni – su uno dei prodotti più alti della cultura umana, è più di quanto potessi desiderare.

L’idea è a dir poco geniale: Perugia infatti, pur ospitando il Centro Italiano di Studi Superiori per la Formazione e l’Aggiornamento in Giornalismo Radiotelevisivo (riprendete fiato), non ha mai puntato sulla promozione diretta di questa risorsa: sembra che l’iniziativa sia nata “dal basso”, in quanto non esistevano comitati scientifici né direttori artistici che potessero stabilire in maniera univoca l’identità dell’evento. Insomma, chi aveva idee poteva proporle: in questo modo il festival, nel corso delle sue nove edizioni, è andato adattandosi in maniera camaleontica agli interrogativi socioculturali del momento, preservandosi dall’invecchiamento e dall’aria stantia del ristagno creativo.
Negli ultimi anni ad ogni argomento era sottinteso l’universo digitale, su cui adagiare – adeguandoli – i nuovi formati dell’informazione, le nuove tecniche di storytelling e un dibattito mai pago sulle possibilità e sui limiti dei nuovi media.
La conduzione stessa delle conferenze e dei workshop – concetto dai confini non ben definiti, può constare di un dibattito tra i partecipanti, che si configurano come protagonisti attivi, oppure di un corso in cui un professionista affianca gli iscritti condividendo le proprie conoscenze, au pair – è effettuata sfruttando con naturalezza i moderni ritrovati della tecnologia: opinionisti via Skype, conferenze interamente in inglese e lo streaming di tutti gli incontri, visto che per seguirli tutti servirebbe il dono dell’ubiquità.
Finalmente, diranno in molti. Che sia la perfetta dimostrazione dell’avvenuta resa del giornalismo tradizionale a quello informatizzato?
È ancora prematuro trarre le somme di questo cambiamento; eppure un certo vento innovatore ha cominciato a soffiare. Perugia, luogo di antinomie, ne è la dimostrazione: una città medievale, splendida nelle sue finezze architettoniche, che accoglie, sotto le splendide volte dipinte della Sala dei Notari, persone che parlano e usano – e sono immerse – nella tecnologia. Prima che possiate pensare all’effetto straniante e grottesco di una commistione malriuscita tra antico e contemporaneo, dovreste vedere Perugia durante quei giorni.
Si respira un’aria cosmopolita, che finalmente rima alla perfezione con la tanto blasonata Università per Stranieri; persone di ogni età girano per i giardini di Piazza Italia come se avessero un’agenda grondante di impegni; ho incontrato un numero spaventosamente alto di miei ex compagni della facoltà di Lettere: appeso al collo avevano il tesserino con su scritto “volunteer”. In uno scintillio di copertine plastificate, ho distinto anche la scritta “press”, a dimostrazione che il festival deve essere anche un’ottima occasione di aggiornamento professionale.
È come se questo piccolo capoluogo di regione avesse fatto un respiro profondo, così profondo da scuotere anche spalle più importanti, lontane e spesso ammantate di un mitologico alone. Paesi dalle cui contrade convergono, su Perugia, persone che possono far dismettere, per un certo lasso di tempo, le vesti di piccolo comune a questa cittadina dalle grandi potenzialità.

 

 

 

Festival Internazionale del Giornalismo
Perugia, dal 15 al 19 aprile 2015

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