L’idea è a dir poco geniale: Perugia infatti, pur ospitando il Centro Italiano di Studi Superiori per la Formazione e l’Aggiornamento in Giornalismo Radiotelevisivo (riprendete fiato), non ha mai puntato sulla promozione diretta di questa risorsa: sembra che l’iniziativa sia nata “dal basso”, in quanto non esistevano comitati scientifici né direttori artistici che potessero stabilire in maniera univoca l’identità dell’evento. Insomma, chi aveva idee poteva proporle: in questo modo il festival, nel corso delle sue nove edizioni, è andato adattandosi in maniera camaleontica agli interrogativi socioculturali del momento, preservandosi dall’invecchiamento e dall’aria stantia del ristagno creativo.
Negli ultimi anni ad ogni argomento era sottinteso l’universo digitale, su cui adagiare – adeguandoli – i nuovi formati dell’informazione, le nuove tecniche di storytelling e un dibattito mai pago sulle possibilità e sui limiti dei nuovi media.
La conduzione stessa delle conferenze e dei workshop – concetto dai confini non ben definiti, può constare di un dibattito tra i partecipanti, che si configurano come protagonisti attivi, oppure di un corso in cui un professionista affianca gli iscritti condividendo le proprie conoscenze, au pair – è effettuata sfruttando con naturalezza i moderni ritrovati della tecnologia: opinionisti via Skype, conferenze interamente in inglese e lo streaming di tutti gli incontri, visto che per seguirli tutti servirebbe il dono dell’ubiquità.
Finalmente, diranno in molti. Che sia la perfetta dimostrazione dell’avvenuta resa del giornalismo tradizionale a quello informatizzato?
È ancora prematuro trarre le somme di questo cambiamento; eppure un certo vento innovatore ha cominciato a soffiare. Perugia, luogo di antinomie, ne è la dimostrazione: una città medievale, splendida nelle sue finezze architettoniche, che accoglie, sotto le splendide volte dipinte della Sala dei Notari, persone che parlano e usano – e sono immerse – nella tecnologia. Prima che possiate pensare all’effetto straniante e grottesco di una commistione malriuscita tra antico e contemporaneo, dovreste vedere Perugia durante quei giorni.
Si respira un’aria cosmopolita, che finalmente rima alla perfezione con la tanto blasonata Università per Stranieri; persone di ogni età girano per i giardini di Piazza Italia come se avessero un’agenda grondante di impegni; ho incontrato un numero spaventosamente alto di miei ex compagni della facoltà di Lettere: appeso al collo avevano il tesserino con su scritto “volunteer”. In uno scintillio di copertine plastificate, ho distinto anche la scritta “press”, a dimostrazione che il festival deve essere anche un’ottima occasione di aggiornamento professionale.
È come se questo piccolo capoluogo di regione avesse fatto un respiro profondo, così profondo da scuotere anche spalle più importanti, lontane e spesso ammantate di un mitologico alone. Paesi dalle cui contrade convergono, su Perugia, persone che possono far dismettere, per un certo lasso di tempo, le vesti di piccolo comune a questa cittadina dalle grandi potenzialità.
Festival Internazionale del Giornalismo
Perugia, dal 15 al 19 aprile 2015