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Thursday, 28 August 2014 00:00

Veil of Darkness: un abandonware da brividi!

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Per i nostalgici del “punta e clicca” e del “gioco di ruolo” che si sviluppa attorno a puzzle e ad una fitta trama, sarebbe utile sfogliare lo schedario degli Abandonwares e cercare sotto la lettera “V”.
Veil of Darkness, sviluppato dalla ormai estinta Event Horizon Software e pubblicato dalla Strategic Simulations, Inc. (incorporata dal gruppo Ubisoft nel 2004) è un gioco che sa difendersi bene e risulta tutt’oggi giocabilissimo, sebbene sia datato 1993.

La schermata di gioco è composta, superiormente, dagli ambienti in cui il nostro personaggio si muove, investiga, combatte e, inferiormente, da un inventario che ci informa dello status di salute del personaggio, degli oggetti che porta con sé, delle armi che indossa e di una schermata da cui poter compiere le azioni di attacco verso i nostri avversari.
La grafica è in 2D e la prospettiva utilizzata nella schermata di  gioco è isometrica. Il personaggio può essere controllato tramite i tasti direzionali o il mouse.
Inoltriamoci dunque nella trama di cui dovremo sbrogliare i fili: ci troviamo ad impersonare un audace pilota che, transitando sopra uno sconosciuto paese della Romania, precipiterà in terra straniera a causa di una misteriosa avaria del suo aeroplano.
Tratto in salvo dalla carcassa del velivolo da Kirill Khristoverikh, un ricco possidente terriero, e da sua figlia, Deidre, il nostro protagonista si ritroverà “incastrato” in una terra che non gli è possibile lasciare a causa di una antica maledizione che versa su di essa: “the veil of darkness”, il “mantello d’oscurità” che ricopre l’intera vallata e le conferisce una notte eterna, in cui i pochi abitanti rimasti in vita debbono continuamente fare i conti con streghe, licantropi, vampiri e una serie svariata di non-morti. A lanciare questa maledizione, ci verrà detto, fu Kairn, un nobile possidente terriero che fece strage della sua intera famiglia e vendette la sua anima in cambio della sua attuale condizione: un vampiro dotato di poteri sovrannaturali.
Detto questo, a chiunque verrebbe da filarsela a gambe levate, ma non al nostro personaggio, che ricordiamo impossibilitato a lasciare la valle. Con un sottile tranello, Kirill, che come tanti aspettavano un salvatore “caduto da un uccello di metallo”, manda Andrej – così l’ho chiamato io durante la mia prima giocata, e chi giocherà a VOD capirà che questa casualità è alquanto singolare – in paese a riscuotere un martello che aveva imprestato ad un suo compaesano, Eduard. Pieno di riconoscenza per lo strambo signore che lo ha tratto in salvo e con tanti dubbi per la testa, Andrej si muove alla ricerca dello strumento; verrà però informato da alcuni avventori dell’osteria del villaggio che quel povero diavolo di Eduard è stato trovato morto – e sarà la prima di una lunga serie di personaggi acefali immersi in pozze di sangue (sebbene la grafica sia rudimentale, certe scene, mentre si è immersi nel gioco, riescono a dare i brividi) – in casa sua, sbranato da un famigerato Licantropo che miete vittime indisturbato. Senza indugio, il “nostro” Andrej andrà ovviamente a riscuotere il martello dal cadavere di Eduard, per riconsegnarlo a Kirill, il quale in tutta risposta blatera che “davvero” noi siamo i prescelti: il martello insanguinato è uno degli elementi di cui parla la “Profezia”. Ingannato, spaventato e raccapricciato, Andrej dà del folle – e non a torto – a Kirill e prende a vagare, non avendo di meglio da fare, per il villaggio, cercando di cavarsi da quell’impiccio.
Sarà davvero lui questo “prescelto” di cui ha vaneggiato Kirill? Cosa gli accadrà nel suo percorso alla scoperta della verità che si cela in quella valle di tenebre?
Ad attendere il giocatore è un percorso non lineare: Veil of Darkness, pur seguendo il tracciato della trama, lascia il giocatore completamente libero di fare le sue scelte.
La longevità del gioco è dunque molto buona. Per risolvere i vari puzzle occorre del tempo e non tutte le soluzioni sono immediate. Non basta cioè un solo tentativo. VOD è un gioco in cui le cose si scoprono durante l’iter ; non c’è nessuno a dirci come e cosa fare, nemmeno per raccogliere gli oggetti o imparare ad usare il menù generale. Il giocatore deve andare ad intuito.
Così come ad intuito e collezionando le varie informazioni durante il gioco può apprendere quale sia il modo migliore di sconfiggere una creatura nemica.
Il fil rouge della storia sarà però fornito dalla “Profezia”, che è un interminabile elenco step-by-step, in forma epica, delle azioni che il nostro personaggio dovrà compiere per portare a termine questa avventura noir.
Così, man mano che l’intreccio si compie, il “nostro” Andrej avrà a che fare con  bambine perse nei meandri di uno strano tipo di Mania, corpi di defunti che ingabbiano spiriti vincolati ad essi dai malefici di una strega, villani corrotti, strani veti agrari, libri che parlano, formule per far tornare in vita i morti, labirinti intricati e molto altro.
Una delle chicche di questo gioco è l’indicatore dello status di salute del personaggio: una rappresentazione del protagonista giace in una bara e, in base agli insulti fisici ricevuti, diventa progressivamente uno scheletro, a partire dai piedi sino alla testa, in pieno stile survival game.
Il poter rabbrividire per delle scelte narratologiche, il meravigliarsi per le debolezze caratteriali di alcuni personaggi, l’atmosfera cupa che la notte eterna della valle, amplificata da musiche degne di un film di Dario Argento – ovviamente in formato midi – conferisce all’intera vicenda, lo spendere poco tempo in combattimenti peraltro non molto ardui – sebbene sia sempre preferibile stare “equipaggiati” e pronti ad eventuali scontri – rendono Veil of Darkness uno di quei giochi che ci piacciono e non si fanno “mollare” facilmente non per gli effetti speciali o per la grafica mozzafiato, non per la costante tensione di tutti gli eredi moderni di Doom, non per i controlli multipli da azionare durante un combattimento, ma per la sua semplicità: sono la trama , i personaggi, la cupezza delle ambientazioni e dei disegni a lasciare molto all’immaginazione e che ci salvano dalla “pornografia” di molti giochi moderni in cui persino il dettaglio inutile viene spalmato all’eccesso sui nostri screens.
Guardare al passato, come fa un estimatore di abandonwares, forse ha da insegnare qualcosa: serve poco, anziché tutta questa eccessiva “ricchezza”, per fare un buon gioco.

 



Glossario:
Abandonware
: neologismo, deriverebbe dalla fusione dei termini “abandoned” e “software”. Il termine starebbe ad indicare tutti i prodotti software che risultano essere obsoleti, ma non eccessivamente tali, al punto tale da esser ripresi dagli appassionati di retrocomputing e retrogaming, ovverossia le “archeologie” rispettivamente dei personal computer e dei videogames. Attualmente, il termine non ha alcun valore legale.


Doom
: è stato – e lo è tuttora – uno dei più famosi “sparatutto in prima persona”, un survival game dalla grafica semplice, sebbene in 3D. Datato 1993.


Emulatori
: sono degli escamotages attraverso cui si può utilizzare una tecnologia obsoleta rendendola compatibile con quella moderna. Tra gli emulatori software ricordiamo Dosbox, emulatore di MS-DOS, PCSX2, emulatore di PlayStation2, Project64, emulatore di Nintendo64 e molti altri che potrete trovare elencati in questa scheda di Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_degli_emulatori_di_console


Midi
: acronimo di Musical Instrument Digital Interface.


Punta e clicca
: in inglese, point-and-click. Genere di avventura grafica che comporti l’utilizzo (quasi) esclusivo del mouse. Rappresentano l’evoluzione naturale dei giochi testuali (Interactive Fictions), giochi  in cui il giocatore interagisce con la storia digitando le sue scelte a mezzo della tastiera. Ottimi esponenti del genere p.e c. sono stati i videogames della LucasArts e della Sierra.


GDR: Gioco di ruolo, o RPG (Role-Playing-Game). Tipo di gioco nato per giocate “dal vivo”, in seguito sviluppato anche per le varie realtà virtuali. La principale differenza tra un GDR da Tavolo ed  uno da avventura grafica è la longevità. Una caratteristica in comune consta nell’interpretare uno o più  personaggi fittizi in una situazione irreale. Esistono numerosi sottogeneri di questa categoria, non enunciabili certo in una nota di testo. 


Sparatutto in prima persona
: si potrebbe prendere come riferimento Wolfenstein 3D, l’antesignano di Doom. È un tipo di gioco in cui la visuale mima quella del protagonista – facendo un paragone con la narrativa, è come se il racconto fosse scritto “in prima persona” e non “in terza persona”. Il termine “sparatutto” sta a suggerire con quanta rapidità il giocatore debba prestar attenzione alle creature nemiche da abbattere con un’arma, che di solito compare al centro della schermata, in basso. È sicuramente un tipo di gioco dove sono meno coinvolti “quest”, enigmi et similia, basandosi esso soprattutto sulla tensione psicologica in cui versa il giocatore.


Survival Game
: giochi in cui il vostro personaggio deve “restare in vita”. Di solito l’ambientazione è post-apocalittica o sovrannaturale. Un’ottima esponente del genere è la serie dei vari Resident Evil.


Retrogamers
: coloro i quali continuano ad essere fruitori di videogiochi vetusti, con le piattaforme originali (veri e propri oggetti da collezione, tenuti in stato funzionante) o attraverso degli emulatori (sofware o hardware) o dei remake (cioè degli “adattamenti” per tecnologia moderna).

 

 

AAA (Alert: Amazing Abandonwares!)
Veil of Darkness
sviluppo Event Horizon Software
pubblicazione Strategic Simultaion Inc.
anno 1993

 

 

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