“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 27 June 2014 00:00

Take a Chance

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Si è conclusa la rassegna 'Una certa idea di teatro' tenutasi al Godot Art Bistrot dallo scorso febbraio, nel corso della quale si sono alteranti spettacoli di giovani autori, lontani dalle quelle convenzioni legate alla telegenìa degli interpreti che nulla hanno da spartire con la pratica di ricerca drammaturgica. L’onore di porre il sigillo a questa serie di appuntamenti – piccoli per allestimento ma grandi per riuscita (e passione) – è toccato a Chance, scritto e interpretato dai curatori stessi della rassegna, Gaetano Battista e Clif Imperato. Trattasi di una prima assoluta che ha visto la collaborazione dei due autori-interpreti, unici titolari del cartellone.

Uno spot illumina la parete-sfondo e in scena entrano un uomo in tuta e un altro in completo grigio e occhiali, recanti due cassette di plastica.
Il “povero” si fa una sigaretta, il “ricco” guarda con sussiego l’altro stando all’in piedi. Silenzio.
Il primo offre da fumare all’altro che irritato rifiuta.
L’uno parla in dialetto (l’altro in italiano formale) e attacca del nastro adesivo a terra: “A te piacerebbe stare in un altro posto, a Cuba?” e poi balla. L’interlocutore.: “Il tempo è denaro”. “…da adesso il tempo lo abbiamo”. Anche il “ricco” mette del nastro a terra. Con colpi di tosse formano un ritmo, poi percuotono oggetti, rivolgendosi la parola uno con il “tu”, l’altro con il “lei”.
Scopriamo che sono dei carcerati, arrestati l’uno per droga, l’altro per corruzione.
Comincia una dialettica manichea che inquadra bene i tipi umani costretti a coabitare in pochi metri quadri. Differenze che riguardano l’attitudine alla vita, alla famiglia, al prestigio sociale. In un impeto di delirio d’onnipotenza, il “faccendiere” sale su una cassetta e declama la sua storia: “Io sono il top e nessuno ha mai avuto il coraggio di fermarmi”.
Di rimando l’altro.: “Ue’ frate’, m’ha fatto veni’ o’ friddo ‘ncuollo”. Poi si presenta (“Carlo Bukowski”) ma nel farlo si mette coi piedi nella cassetta, evidente segno di antitesi. Si odono voci di una violenza in atto: l’onorevole è stato picchiato e viene rifocillato da Carlo, che con estrema sorpresa si vede ringraziare e che per questo brinda alla loro “grande amicizia”.
Le dinamiche di svelamento delle identità in contrasto non disdegnano di fare appello ai consueti e classici meccanismi del fraintendimento (il “ricco”: “Sei un inetto!”. Carlo: “Ue’, nanetto no!”, oppure “Sei un pusillanime”. “Ue’ nun mette ‘e mamme ‘miezzo!”) tra comico e spalla che riportano alla mente i duetti storici tra Totò e Mario Castellani (ma anche tra il Pappagone di Peppino De Filippo e Gianni Agus, o tra Ciccio e Franco) – espedienti di sicuro effetto comico – oltreché ad attitudini e comportamenti diametralmente opposti. La storia prosegue mostrando con chiarezza il vanificarsi delle speranze di poter uscire (magari ottenendo i domiciliari), non solo per il “signore” ma anche per il proletario.
Un teatro di parole, che appassiona la platea, che usa segni scenici allusivi, come l’incollare strisce di nastro adesivo sul pavimento, fino a delimitare un perimetro: chiaro simbolo della”prigione” cui si condanna ogni uomo, incapace di cambiare visioni o consuetudini. Teatro che però comprende anche un linguaggio corporeo, fatto di colpi di tosse ritmati che preludono a un duetto di percussioni improvvisate, o di dialoghi fatti da incalzanti “perché” rivolti dal fanciullesco spacciatore al saccente faccendiere. Anche il serrato confronto finale, dai toni che crescono sempre più girando intorno ad una lampada, marcano la pièce di elementi da teatro dell’assurdo, evitando che il tutto possa ridursi nel perimetro di una buddy prison comedy.
Probabile che con un maggiore rodaggio Chance possa trovare un più riuscito equilibrio tra la dimensione comica e quella seria, tra il diritto alla leggerezza della performance e il dovere dell’allusione di senso. A proposito: che fine ha fatto Mary?

 

 

 

 

Una certa idea di teatro
Chance
di Gaetano Battista e Clif Imperato
regia Gaetano Battista e Clif Imperato
con Gaetano Battista e Clif Imperato
lingua italiano, napoletano
produzione CGTeatro
foto di scena Alessandro Farese
durata 40’
Avellino, Godot Art Bistrot, 19 giugno 2014
in scena 19 giugno 2014 (data unica)

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