“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 04 March 2014 07:47

ZiaLidiaSocialClub, nona serata: "Noi siamo infinito", di Stephen Chbosky

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Nona tappa allo Zia Lidia Social Club, siamo oltre metà percorso cinematografico condiviso dai soci dello Zia Lidia e si avvicina la primavera. Siamo sempre più abituati a vivere i giorni che passano senza badare più ai segni dei cambi di stagione, in questo periodo storico ogni cosa sembra confondersi: cause e rimedi, mesi, principi e fini, età, dipendenze e presunte autonomie, luci e ombre. Ma chi vive lontano dai vortici economici ormai sempre più fallimentari, nelle periferie, a contatto con la terra può ancora accorgersi dei segni del tempo, dei miracoli che avvengono nei momenti di passaggio, quando convivono i rari e consistenti frutti dell'inverno, i germogli rarefatti dai traumi del gelo, i semi che resistono, e le incerte e sparpagliate tracce della primavera.

A contatto con la terra in questo periodo accade quanto può succedere guardando un film come Noi siamo infinito (2012) di Stephen Chbosky. Un film ambientato in una città americana a metà anni Ottanta, un film sull'adolescenza ricordata dalle note dei Beatles, di Bowie, degli Smiths, note non "cliccate" dal dito su una tastiera, ma vissute grazie agli scambi tra amici e poi selezionate con cura nelle compilation su audiocassetta, quando non esisteva la playlist infinita e dispersiva di un iPod.
Un film sull'adolescenza vissuta come attraversamento della "linea d'ombra", come salto nel vuoto oscuro della storia intima, della società, della natura umana, per ritrovare lo slancio verso nuove verità.
Provare a inseguire le ombre degli altri e lasciare che gli altri inseguano le nostre prima di incrociare le vie è quanto ci insegna questo film insistendo sull'importanza di certi incontri, di certi amici: "per resistere basta trovare un amico", suggerisce il maestro al protagonista sedicenne Charlie Kelmeckis nel suo primo giorno di scuola. Charlie è un ragazzo intenso che ama leggere e scrivere ma parla poco, si muove timidamente tra i banchi, scrive lettere ad un amico che non c'è più, pensa pensieri profondi e a volte sembra perdersi, alla ricerca di se stesso, di ricordi e tragedie perdute in cui si è perso. Con il coraggio di chi conosce la sofferenza, e ha imparato a convivere con le proprie paure, si sperimenta e trae dalle incertezze sue e del mondo, nuove ragioni, possibilità e domande di vita. Charlie entra con gioia "nell'isola dei giocattoli difettosi", giocattoli che la fantasia e l'immaginazione ha il potere di ricombinare sotto nuove forme non disegnate da nessuno. Anche i due amici che Charlie ha la fortuna di incontrare sono "giocattoli difettosi", anime sincere che dalla sofferenza hanno imparato come decidere per sé, come resistere "ri-esistendo" in altri modi. Anime rare, figlie di traumi profondi come quello subito da Charlie nell'infanzia. Un trauma su cui, come qualcuno tra il pubblico ha fatto notare, è difficile soffermarsi, un trauma profondo coperto da un'ambiguità affettiva che Charlie non avrebbe mai potuto chiarire senza il suo percorso di vita, senza aver amato, senza aver incontrato insegnanti in grado di stimolare, amici con cui condividere fragilità nel rispetto reciproco, senza aver vissuto in un contesto che offre occasioni per sperimentare anche le difficoltà che ne rievocano il passato e l'opportunità di superarlo. Pochi Charlie, in contesti diversi, senza slanci, senza possibilità, senza alternative, senza occasioni e amici giusti si sarebbero dati un'altra possibilità di vita. E il film sembra suggerirci anche una riflessione su una generazione intera, quella dei sedicenni contemporanei che vivono di vita virtuale, senza tatto, senza rischio, senza presente, passato e futuro, sempre più insensibili alla verità per ipersollecitazione da artifici. Purtroppo siamo condannati al giorno d'oggi a vivere sempre meno di viva vita vera, di vita scelta, o di vita subita e poi riscattata, di vita vissuta totalmente a contatto con le cose vere negli attimi imprevisti in cui decidiamo di smettere di scrivere la nostra storia triste o inventata, scegliendo di sentirci finalmente parte attiva di quella infinita.

 

 

Zia Lidia Social Club
XI stagione – Nona serata rassegna cinematografica 2013/2014

Proiezione:

Noi siamo infinito
di Stephen Chbosky

foto della serata Katia Maretto

Avellino, Teatro Carlo Gesualdo – Sala Prove Orchestrali, 23 febbraio 2014

 
 

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