“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 06 February 2014 00:00

L'anima forte delle donne

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Donne: “Istruzioni per l’abuso”.
Dietro questo provocatorio gioco di parole, con cui Manlio Santanelli ha accompagnato la conclusione dello spettacolo Anime nude, che si è svolto proprio tra le mura di casa sua, si cela un’amara e triste realtà dei fatti. Non è un fenomeno purtroppo recente quello della violenza sulle donne, ma solo ora i media ci prestano attenzione e così molto, troppo spesso la cronaca rosa si tinge di nero. Cosa poter fare per contrastare questo imbarbarimento dei costumi che come tutti gli eccidi porta lo struggente e stridente prefisso di “idio”?

Molto dovrebbe fare la Legge, ma intanto ciò che fa non basta e dunque quale altro strumento impugnare se non quello della cultura per correggere alla radice una selvaggia distorsione del concetto di possesso e (quale) amore? Ecco allora scendere in campo il teatro che talvolta può e deve sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi portanti della società. E così ci troviamo faccia a faccia, è il caso di dirlo nel caso della rassegna de Il Teatro cerca Casa − organizzato da Livia Coletta e Ileana Bonadies − con Irene, Miriam, Maria, Anna, Emanuela, Jala, Ketty e tanti altri nomi, storie e volti di donne a cui Gioia Miale dà corpo e voce, per la regia di Fortunato Calvino e con l’accompagnamento musicale di Pasquale Termini.
Cosa hanno in comune le vicende di  tutte queste donne?
Innanzitutto nascono dalla necessità delle due autrici dell’omonimo testo Anime nude, Angela Matassa e Gioconda Marinelli, di mettere nero su bianco gli innumerevoli episodi di abusi e violenze per mano dell’altro sesso. Sono anime mutilate, private del requisito essenziale che rende la vita tale e degna di essere vissuta: il rispetto. Dove e quale rispetto c’è in un uomo che confonde, troppo spesso, le carezze con il rumore sordo delle percosse?
O ancora nel branco di adolescenti che considerano la donna loro preda e conquista da esibire e di cui abusare senza limiti? C’è forse un briciolo di umanità in chi lascia saltare in aria, come un palloncino ad elio, le giovani vite delle ragazze afghane o in chi compra l’amore acerbo a suon di fruscianti banconote? No, non c’è nulla di giusto in tutto ciò, ma chi agisce in questo modo ritiene davvero di essere nella ragione.
È dunque difficile avvicinarsi a questo tema così delicato, senza cadere nel banale, nella semplificazione estrema di una visione retorica da salotto televisivo. Ma l’interpretazione solista della Miale, l’intensità crescente dei suoi monologhi a cui la musica del violoncellista perfettamente si accoda, sono riusciti a condurre lo spettatore attraverso le pieghe del dolore muto delle donne che infine trovano la forza di rompere il silenzio e gridare a voce alta “Basta!”.
La rappresentazione risulta senz’altro riuscita nel suo intento di impugnare una causa civile e culturale di così alto spessore; dal punto di vista scenico risultano però eccessivi i tanti, troppi, orpelli che segnano in modo troppo didascalico il passaggio da un ruolo all’altro. Sarebbe inoltre stato preferibile uscire dai cardini rimati di uno schema registico troppo cadenzato e, magari, azzardare qualcosa in più, giocando sull’intreccio delle identità. Tuttavia, gli effetti che la messa in scena ha avuto sul pubblico non sono di certo mancati durante il dibattito conclusivo, che si è animato di fervore e calda partecipazione, soprattutto grazie all’espediente di distribuire, tra il pubblico, veri e propri manifesti con testimonianze reali di fatti di cronaca.
E all’uscita da casa Santanelli, ci sentiamo tutte un po’ più pasionarie e meno passionali verso chi denuda le anime del proprio naturale diritto a un’esistenza dignitosa.

 

 

 

Il Teatro cerca Casa
Anime nude
di
Angela Matassa, Gioconda Marinelli
regia
Fortunato Calvino
con Gioia Miale
musiche Pasquale Termini
durata 60’
Napoli, interno privato, 3 febbraio 2014
in scena il 3 ed il 14 febbraio 2014

 

 

 

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