
Cinema La sala delle immagini
«Nel buio un fascio di pulviscolo bianco si diresse al telo dinnanzi: si generarono immagini. Apparvero donne e uomini in strade mai viste e guglie, ciminiere, ponti, campanili tra case. Apparvero mondi, apparvero storie».
Joker è Il film di cui più si parla in queste settimane di principio di autunno. Dall’affermazione all’ultimo Festival del Cinema di Venezia ai “tutto esaurito” in molte sale del nostro Paese (e non solo), alle svariate critiche − ufficiali e non, strutturate o improvvisate − la risata incontrollata di Arthur Fleck si espande col sapore amaro del trionfo che sa di essere effimero.
- Joker
- Todd Phillips
- Joaquin Phoenix
- Bob Kane
- Bill Finger
- Jerry Robinson
- Robert De Niro
- Zazie Beetz
- Frances Convoy
- Brett Cullen
- Glenn Fleschler
- Bill Camp
- Lawrence Sher
- Hildur Guðnadóttir
- Mark Friedberg
- Bradley Cooper
- Emma Tillinger Koskoff
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I formalisti russi nel cinema alla luce del web
Scritto da Gioacchino ToniPiù che alla semantica del discorso cinematografico, ai formalisti russi interessava la sua sintassi (il montaggio) in quanto, sostiene Pietro Montani nel volume da lui curato I formalisti russi nel cinema (Mimesis, 2019) – ove sono raccolti contributi di Boris Ėjchenbaum, Jurij Tynjanov, Victor Šklovskij, Osip Brik, Roman Jakobson, Jan Mukařovský, Jurik Lotman – “dal loro punto di vista la sintassi del film disponeva della facoltà di esercitare una potente azione di ritorno sulla semantica stessa, emancipandola da ogni vincolo naturalistico”.
- I formalisti russi nel cinema
- Pietro Montani
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- Roman Jakobson
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Joker. Il farsesco personaggio, e la persona in esso contenuta, che in ogni immaginazione si erge a guida sregolata del nostro più sinistro io, tirando fuori con un maieutico e perverso procedimento psicologico, il marcio sedimentatosi in quella fragile bolla interiore di disperazione, solitudine, invisibilità.
Quell’invisibile che la mimesi del clown, vetusto e insieme eterno feticcio dell’umana ironia del vivere, cerca di trasformare ogni volta in arte, con la grazia del fallimento, dell’impacciata timidezza, del tenero candore che si sforza di non divenire sprezzante vittimismo, arrogante risentimento, pregiudizio nei confronti del mondo intero.
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Un mondo divertente, un mondo lurido, un mondo posticcio, feroce e decadente, morboso quanto effimero. Rick Dalton e Cliff Booth sono le anime, complici eppure estremamente distanti, di questo mondo in cui ci si perde, e di cui ci si prende gioco a un tempo. La realtà delle cose sfugge, ammesso che ne sussista una, e il ciclo delle esistenze sembra girare a vuoto per i due protagonisti e per gli altri attori/non attori che calcano il palcoscenico di una Hollywood traslata sul versante della più diffusa verità, quella condivisa da tutti, così dissimili fra loro, e affiorata nelle vaghe danze prive di uno scopo, appena al di sotto di una superficie spumeggiante di alcool e permeata da un’aria di festa irriducibilmente estiva.
- C'era una volta a Hollywood
- One Upon a Time in Hollywood
- Quentin Tarantino
- Brad Pitt
- Leonardo Di Caprio
- Margot Robbie
- Sharon Tate
- Roman Polanski
- Margaret Qualley
- Timothy Olyphant
- Luke Perry
- Michael Madsen
- Kurt Russell
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Bud Spencer. Da leggenda napoletana a icona universale
Scritto da Roberto Cirillo“Nel 1999, il Time conduce una ricerca su base mondo
per valutare chi fosse l’attore italiano più conosciuto:
il risultato è sorprendente, si trattava di Bud Spencer”.
“Io sono napoletano prima di essere italiano”.
Bud Spencer
Si è inaugurata in questi giorni la fiera multimediale dedicata a Bud Spencer (budspensér come l’ha pronunciato qualcuno, passando). Per accogliere col giusto spolvero questo figlio tanto devoto, Napoli gli ha riservato il suo salotto buono: il Palazzo Reale. Trattandosi di una mostra multimediale, le opere che accolgono il visitatore sono alcuni memorabilia, cimeli del set e della vita dell’artista partenopeo, la ricostruzione di alcuni ambienti tipici nei quali l’abbiamo visto sguazzare (alcuni letteralmente, come il fondo di una delle vasche in cui ha brillato la sua carriera da natante olimpionico) e vari omaggi, fra targhe e riconoscimenti, libri da tutto il mondo, i dischi che ha inciso, le lettere dei fan (che ancora gli scrivono benché ci abbia lasciati tre anni fa).
- Bud Spencer
- Carlo Pedersoli
- Terence Hill
- Mario Girotti
- Palazzo Reale
- Luciano De Crescenzo
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- Terence Hill e Bud Spencer
- Federico Fellini
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Non 5 ma un multiplo di 5 è il numero perfetto
Scritto da Roberto CirilloSi attendava al varco, Igort. Un varco che aveva preso una curva piuttosto larga. Fa piacere che, tanta attesa, con l’effetto moltiplicatore delle aspettative che ne consegue, sia stata premiata.
L’esordio alla regia di Igort, infatti (per l’anagrafe, Igor Tuveri, punta di diamante del fumetto, italiano ma non solo, visto che la sua arte lo ha portato – e lui ci ha portati con essa – in giro per i vari angoli del mondo, vedi Quaderni Ucraini e i folgoranti Quaderni Giapponesi) non conosce sbandate.
Ma fu vero esordio?
- Biennale di Venezia
- 5 è il numero perfetto
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- cinema
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- recensioni
- Rai Cinema
- Jean Vigo Italia
- Roberto Cirillo
- Il Pickwick
Scrive Denis Brotto nel suo volume Jean Vigo. Opera completa (Mimesis, 2018) che il grande regista francese “ha saputo incarnare, interpretare ed esprimere come pochi altri una concezione del cinema in cui far convivere l’elemento passionale, l’attenzione politica, la dimensione del sogno con uno sguardo da eterno amateur, trasformando il proprio cinema in una costante invenzione, in una continua fase di inizio”. Ed ancora, “per Vigo è dal dato visibile, dalla sua propensione a interrogare l’immaginario, il fuori campo, l’invisibile, che si instaura una forma di moto circolare tra quanto rientra nella sfera della conoscenza e l’inconscio medesimo”.
- Jean Vigo Opera completa
- Denis Brotto
- Jean Vigo
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- Zero in condotta
- Jean Taris
- L'Atalante (Jean Vigo 1934) Immagini del desiderio
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- Jean Rouch
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“Il traditore”: un cinema di religione fedele a sé stesso
Scritto da GianLorenzo FranzìIl cinema di Marco Bellocchio nasce ufficialmente con l’uscita de I pugni in tasca, esordio sul grande schermo del 1965: un film che ancora dopo cinquant’anni conserva assolutamente intatta la sua carica sovversiva con la sua violenza d’impatto, in una filmografia che anche oggi dopo venticinque opere continua ad essere incredibilmente compatta, coesa, fedele a sé stessa.
- Il traditore
- Marco Bellocchio
- Pierfrancesco Favino
- Fabrizio Ferracane
- Fausto Russo Alesi
- Bebo Storti
- Nunzia Lo Presti
- Vladan Radovic
- Nicola Piovani
- IBC Movie
- Kavac Film
- Rai Cinema
- 01 Distribution
- Luigi Lo Cascio
- Vincenzo Pirrotta
- Maria Fernanda Cândido
- Rosario Palazzolo
- Elia Shilton
- Ludovica Rampoldi
- Valia Santella
- Francesco Piccolo
- Francesco La Licata
- cinema italiano
- I pugni in tasca
- Tommaso Buscetta
- maxiprocesso
- Giovanni Falcone
- Paolo Borsellino
- palermo
- Borges
- Tre versioni di Giuda
- Finzioni
- Capaci
- Cosa Nostra
- cinema
- recensioni
- Vincenzo Franzì
- Il Pickwick
Da che esiste l’uomo esistono il bene e il male e quando quel male è troppo grande per essere affrontato dalle persone comuni, ecco che dal nulla spuntano i nostri salvatori: i supereroi. Alieni, mutanti, divinità, da un decennio sono i personaggi dominanti sugli schermi dei cinema di tutto il mondo, portando speranza e guarendo le ferite che le legioni del male cercano di distruggere.
Diamo per scontato, da sempre, che i supereroi − e in particolare quelli dotati dei poteri più grandi − siano i buoni.
- L'angelo del male Brightburn
- Brightburn
- David Yarovesky
- Brian Gunn
- Mark Gunn
- Elizabeth Banks
- David Denman
- Jackson A Dunn
- Matt Jones
- Meredith Hagner
- Gregory Alan Williams
- James Gunn
- Kenneth Huang
- The H Collective
- supereroi
- cinema americano
- Smallville
- horror
- splatter
- recensioni
- cinema
- Alessandro Auriemma
- Il Pickwick
Il mondo di BoJack. Perché Mr. Horseman piace così tanto
Scritto da Roberta AndolfoQuando la serie serializzata costituita da un’evidente trama orizzontale che lega episodi e stagioni, non faceva tutto questo scalpore, ciò accadeva perché di norma essa si esauriva in un procedimento narrativo standardizzato; un ciclico ruotare intorno a pochi elementi, individuabili non tanto in quella specifica serie, quanto più all’interno del genere a cui essa afferiva, con un’attenzione alla qualità dell’arena, al dettaglio ed all’introspezione dei personaggi, generalmente molto minore rispetto ai grandi investimenti del cinema. Tuttavia questo modello televisivo ha fatto storia già da tempi non sospetti, cioè da quelli in cui il racconto a puntate non era ancora il lungometraggio a più riprese e innanzitutto di primordine, se non quando propriamente di classe, a cui oggi sceneggiatori e produttori tendono, almeno nella quasi totalità dei casi.
- BoJack Horseman
- Netflix
- Raphael Bob Waksberg
- Cody Walzel
- Phylicia Fuentes
- Lotan Kritchman
- Jonas Walden
- Katherine Clark
- Patrick Carney
- Ralph Carney
- BoJack
- Daria
- Californication
- serie TV
- Stati Uniti d'America
- sitcom
- Commedia
- ShadowMachine Films
- The Tornante Company
- critica televisiva
- Arte contemporanea
- recensioni
- cinema
- Roberta Andolfo
- Il Pickwick
Complottismo all’italiana nel cinema di Francesco Rosi
Scritto da Gioacchino ToniNel 2017 il Dipartimento di Culture e Civiltà dell’Università di Verona ha promosso il convengo Francesco Rosi Tra cinema e teatro; gli atti di quelle giornate di studio sono stati da poco pubblicati con il titolo Francesco Rosi. Il cinema e oltre (Mimesis edizioni, 2019) in un volume tripartito in sezioni dedicate rispettivamente alle riflessioni sul cinema del regista, all’analisi di alcuni film ed alle esperienze teatrali che, seppure minoritarie, non sono mancate.
- Francesco Rosi Il cinema e oltre
- Alberto Scandola
- Nicola Pasqualicchio
- Francesco Rosi
- Francesco Rosi Tra cinema e teatro
- In memoria di una signora amica
- Giuseppe Patroni Griffi
- Luca De Filippo
- Napoli milionaria
- Le voci di dentro
- Filumena Marturano
- Carolina Rosi
- Giorgio Tinazzi
- Giaime Alonge
- Anton Giulio Mancino
- Denis Brotto
- Christian Uva
- Maria Procino
- Paola Zeni
- Fabio Pezzetti Tonion
- Denis Lotti
- Stefania Parigi
- Marco Dalla Gassa
- Alesandro Faccioli
- Vincenzo Borghetti
- Simona Brunetti
- Anna Barsotti
- Cadaveri eccellenti
- Tre fratelli
- Il contesto
- Leonardo Sciascia
- Tonino Guerra
- immaginario complottista
- trilogia del potere
- Salvatore Giuliano
- Il caso Mattei
- Lucky Luciano
- Todo modo
- Elio Petri
- Gianni Canova
- Lessico del cinema italiano
- Roberto De Gaetano
- misteri irrisolti
- complottismo
- Pier Paolo Pasolini
- Corriere della Sera
- Cristo si è fermato a Eboli
- Ettore Scola
- Giuseppe Tornatore
- Aldo Moro
- cinema italiano
- saggistica cinematografica
- Mimesis edizioni
- recensioni
- cinema
- Gioacchino Toni
- Il Pickwick
Il lavoro al cinema tra alienazione e solitudine
Scritto da Gioacchino ToniNel cinema, dai suoi inizi ad oggi, il mondo del lavoro, in tutte le sue sfaccettature, ha fatto più volte capolino. A volte, nei film, la fabbrica, l’ufficio, l’attività domestica si presentano come semplici fondali utili ad ambientare storie, in altri casi il mondo del lavoro e le sue ricadute sugli individui hanno assunto un ruolo importante nelle vicende narrate, tanto che in alcune circostanze il lavoro è persino il vero soggetto dell’opera. D’altra parte, in maniera neutra, edulcorata o infernale, è inevitabile che il lavoro appaia al cinema in quanto occupa una fetta sempre più ampia della vita degli individui, estendendosi sempre più oltre il luogo ed il tempo a cui le buste paga fanno riferimento.
- Da Chaplin a Loach
- Scenari e prospettive della psicologia del lavoro attraverso il cinema
- Roberto Lasagna
- cinema e lavoro
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- alienazione
- Le Iene
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- Charlie Chaplin
- Tempi moderni
- Ken Loach
- Paul, Mick e gli altri
- John Ford
- Furore
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- Mario Monicelli
- Grazie, signora Thatcher
- Mark Herman
- Norma Rae
- Martin Ritt
- In guerra
- Stéphane Brizé
- Mi piace lavorare Mobbing
- Francesca Comencini
- La fabbrica dei tedeschi
- Mimmo Calopresti
- ThyssenKrupp
- Elio Petri
- La classe operaia va in paradiso
- Laurent Cantet
- A tempo pieno
- saggistica cinematografica
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- Gioacchino Toni
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Quanto la realtà quotidiana vissuta dal fruitore cinematografico risulta influenzata dalla realtà filmica, quella a cui co-partecipa durante la visione di un film? A partire da tale interrogativo, Stefano Usardi, nel suo libro La realtà attraverso lo sguardo di Michelangelo Antonioni. Residui filmici (Mimesis, 2018), indaga “la presenza di una residualità filmica che permane all’interno dello spettatore, e ne condiziona la percezione della realtà circostante, dopo aver assistito alla proiezione di un film all’interno di una sala cinematografica”.
- La realtà attraverso lo sguardo di Michelangelo Antonioni
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“Due fratelli, soli, nell'uno la forza dell'altro, in un mondo antico e ostile sfideranno il volere implacabile degli Dei. Dal loro sangue nascerà una città, Roma, il più grande impero che la Storia ricordi. Un legame fortissimo, destinato a diventare leggenda"
Uscito il 31 Gennaio scorso nelle sale cinematografiche, Il primo re, per la regia di Matteo Rovere − quello del pluripremiato Veloce come il vento − è un film semplice e complesso al tempo stesso: semplice poiché racconta una delle storie di genesi che più appartiene al nostro immaginario collettivo, ovvero la storia della fondazione di Roma, complesso perché decide di farlo attraverso delle scelte linguistiche e tecniche davvero poco usuali per il panorama cinematografico italiano, che già di per sé, non è abituato al cosiddetto genere peplum, che invece tanto bene hanno saputo declinare i registi americani con kolossal come Ben-Hur.
- Il primo re
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- Romolo e Remo
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La più bella scena di Roma, forse una delle più belle in assoluto nella storia del cinema, è quella in cui una troupe cinematografica, un ingegnere civile e gli operai che stanno scavando il tunnel della metropolitana sfondano con la fresa un muro e scoprono un'antica villa tutta affrescata. La visione dura pochi istanti, perché l'aria esterna, alterando il delicato equilibrio di quel microambiente, fa improvvisamente svanire gli affreschi di duemila anni fa, composti soprattutto di ritratti. Quei volti ci guardano per l'ultima volta e ci dicono addio per sempre, a metà fra il fastidio, la malinconia e la sovrana indifferenza.
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