“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Denise Cuomo

"Chirù", dietro la porta chiusa dell'innocenza

“Quelli che si amano mantengono segreto il potere di farsi paura a vicenda”
 

Chiunque abbia letto o anche sentito nominare Sidonie-Gabrielle Colette e il suo romanzo più famoso, Chéri, non può non aver collegato immediatamente a questo modello il nuovo lavoro letterario di Michela Murgia Chirù. Differiscono le ambientazioni e il tempo, le intenzioni finali, ma impossibile negare che a partire dal vezzeggiativo con il quale la protagonista si rivolge al ragazzo gli echi del romanzo francese si facciano sentire vividamente.

Iago, ante litteram del raisonneur wildiano

Una commedia della verità dove
il male ne è la parte più seria.


 
Focalizzando l’attenzione su un’opera shakespeariana, la necessità di contestualizzare è fondamentale. Un approccio olistico alla situazione contingente dell’inizio del XVII secolo introduce sia le istanze autoriali sia i motivi singolari che mi portano a rilevare nell’opera in oggetto un barlume di un tema caro: il piacere del male.

Il servitore della bellezza

“La convinzione, nonostante tutte le prove del contrario, che una qualche tremenda, accecante bellezza stia per discendere e, come l’ira di Dio, risucchiare tutto, rendendoci orfani, liberandoci, lasciandoci lì a domandarci come faremo a ricominciare da capo”.

 

Ogni volta che inizio un libro di Cunningham è come se venissi risucchiata in un vortice in cui si mischiano carni umane e odori spiacevoli, sapori e ferite represse, dal gusto acre, forte; bellezze e orrori di tutti i giorni, in fondo a tutto una profondissima rivelazione della mente umana, capace ancora di sentire alla fine di ogni pensiero difficile il più piccolo languore della pelle. È pura commistione la sua scrittura, uno squarcio che rivela tutte le volte la familiarità che esiste tra il corpo e la mente. Il superamento presunto o immaginario di queste due dimensioni terrestri, dell’intelligenza e dello scuotimento dei sensi, viene risolto nell’arte, ma alla condizione che colui che si interroga sia capace di vivere pienamente e con gratitudine la vita.

Anna e Tolstòj

Appena finisci il libro, leggi l’ultima parola, ti fermi sull’ultimo punto e chiudi l’ultima pagina, ti chiedi subito se sia possibile in qualche modo dire qualcosa, parlare e discuterne con amici e conoscenti, interrogare gli apparati critici e formulare un pensiero scrivibile. Magari non lo è, Tolstòj ha scritto tanto e tutto, ma poi dopo un po’ ci si chiede e ci si risponde subito, perché è la rabbia e il dolore che te lo suggeriscono: non è possibile, è necessario. Eppure non puoi farlo subito, la mole del libro e il tempo che ci hai impiegato per leggerlo hanno costruito intorno a te una sorta di seconda pelle, un’altra vita che abiti nel solo gesto di aprire il tomo e isolarti dal mondo.

Quando saremo felici

Quando siete felici, fateci caso, è questo il meraviglioso titolo che svetta sull’abbagliante copertina del libro. Sfido chiunque a non innamorarsene subito, risplende sullo scaffale accanto ai tanti volumi tristi e seri, dai colori cupi.

L'alfabeto

Tutto quello che ho per difendermi è l'alfabeto; è quanto mi hanno dato al posto di un fucile.
(Philip Roth)

 

 

Ho scoperto le parole quando ero molto piccola. Mia madre mi costringeva durante l'estate a scrivere migliaia di volte le lettere dell'alfabeto. Una, due e tre pagine di A, in corsivo e maiuscolo. Una, due e tre pagine di B, in corsivo e maiuscolo. Così via, spedita, fin quando non le memorizzavo tutte, sia nella loro forma, nelle loro curve e angolazioni, sia nella loro dimensione in base al punto in cui le trovavo nel periodo. Da quelle pagine tutte uguali e meccaniche, da quell'esercizio estenuante, ho imparato poi che messe insieme quelle lettera davano vita a delle parole.

La bellezza, le parole, la storia

Non c’è niente di più bello, forse, di quell’arte che si dichiari da subito libera, indipendente, mal disposta nei confronti del potere che vorrebbe fagocitarla e direzionare il suo corpo nel senso sporco del mero interesse. È un’arte attenta alla sua missione, esiste per se stessa, priva di pesi teleologici, contiene bellezza e quella particolare luce che le deriva dall’immobilità di un’idea. In fondo c’è spazio per una sola intenzione nella composizione di un’opera, ed è quella dell’artista, il suo mondo e le sue suggestioni, i principi e la sua esistenza sono la sola forza che permette il compimento di un’eredità senza testamento, poiché, in questa visione delle cose, è impossibile cercare una religione che abbia ispirato l’esecutore.

Ode a "Un uomo solo"

La morte. Questa nemica, gioia e delizia. La morte è un momento, un attimo insignificante, una marea che invade il golfo piccolo in cui pochi scogli hanno fatto da riparo a creature elementari, molluschi, uomini.
La morte, un anno fa, è tutto.

Nemiche, amiche, amanti...

Non si può uscire dall'atmosfera che un buon libro ti costruisce intorno. A meno che a libro finito uno non decida di riaprire immediatamente un altro libro e il gioco è fatto, via nella corrente impetuosa di altre storie e altre parole. Forse però questo non significa leggere davvero, significa divorare, senza criterio e trasporto, pagine di inchiostro una dopo l'altra per rimediare al dolore di una storia con l'ebrezza di un'altra.

Il dinamismo poetico di Luisa Terminiello

La leggenda vuole che l’arte pittorica sia nata da un’ombra. Se la natura è il modello, l’arte ha il compito di imitarla nei suoi contenuti, nella sua maniera e nella sua forma. L’ombra che un elemento naturale proietta viene ricalcata dal primo pittore della storia e così nasce l’arte figurativa. Forse questo è solo un mito, ma il mito al pari di una favola e di un canto popolare non è detto che sia falso, probabilmente è il solo modo, l’unico espediente fantasioso che l’uomo ha trovato consono alla potenza della verità.

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il Pickwick

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