“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Francesca Clara Fiorentin - Paolo Lago

Caso e istinto in uno spazio mentale: "Forza maggiore"

  "Il cielo è uno scudo d'argento contro colui che gli chiede soccorso".
                                                  (Franz Kafka, Il cavaliere del secchio)

 

 

1. In uno spazio mentale
La vicenda di Forza maggiore (2014, di Ruben Östlund) si svolge in una sorta di luogo alieno e lontano, un microcosmo formato dal residence e dalla stazione sciistica nel quale la famiglia si reca all’inizio del film. Si tratta di un luogo isolato, dominato da una greve atmosfera meccanica e contemporaneamente ‘mentale’, come una sorta di castello kafkiano che lentamente divora le menti dei personaggi.

In una geometrica libertà: Piero Manzoni a Milano

“Non c’è nulla da dire: c’è solo da essere, c’è solo da vivere”. Così scrive Piero Manzoni in un suo testo del 1960, Libera dimensione (uscito in quell’anno sulla rivista Azimuth), esprimendo un’idea che si presenta costantemente, come un refrain, nella sua concezione dell’arte: essere, esistere, vitalità, vita, sono parole chiave dell’universo artistico di Manzoni. Alla vitalità, all’essere nell’opera d’arte è legata una forte esigenza e rivendicazione di libertà; in un articolo del 1959, Da Milano, infatti, così scrive: “Ciò che invece di veramente vitale ci danno i grandi artisti Burri come Fontana, Picasso, come Pollock, non è tanto una materia, o un gesto, o un segno, quanto piuttosto una lezione di attitudine di vita: la volontà, la forza di far dell’arte: la libertà d’invenzione”. Ugualmente, il quadro deve essere  una “nostra area di libertà in cui noi andiamo alla scoperta delle nostre immagini prime” (Per la scoperta di una zona di immagini).

Alcuni scorci sul concetto di male, o dell’incapacità

Avvicinandoci al problema del male, sembrano esistere tre tipi di soluzioni: quelle intellettualistiche, quelle mistiche, quelle sociali. Nelle prime il male è un non sapere, nelle seconde un mancato assecondamento della volontà divina, nelle ultime l’accettazione di un potere nemico.  Sembra che non sia possibile una visione che abbracci insieme esistenza e politica, vita e società, proprio come se una persona, studiando un panorama molto esteso, dovesse guardarlo da diversi punti di osservazione e potesse avere una visione totale solamente operando la somma di visioni parziali, mettendo vicino questi pezzi per dare il senso di completezza che esiste ma sfugge al colpo d’occhio ‘totale’. Tuttavia si può rintracciare un concetto comune in cui il male sarebbe una sorta di incapacità.

il Pickwick

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