“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 22 December 2013 00:00

L'Altro Cinema, parte II – Thrust in me

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Il film che vi presentiamo oggi è un gioiellino del cattivo gusto, del trash, sporco e cattivo, manifesto di un’intera generazione nichilista annichilita. Un film riassumibile in una sola parola: Punk! Opera di quel geniaccio maledetto che è Richard Kern, soldato a mani nude della generazione degenerata che si è fatta largo a colpi di sputazzate negli anni ‘80. Erede diretto del pionieristico Kenneth Anger, Kern è forse il Re indiscusso dell’underground. Regista e fotografo newyorkese, per la sua scuderia sono passati artisti e performers come Lydia Lunch e Nick Zedd.

L’opera in questione è del 1985, dal titolo Manhattan Love Suicides, girata in super 8 come quasi tutti (se non proprio tutti) i suoi lavori cinematografici. La sua produzione underground si muove all’interno di quel filone che può essere etichettato come Weirdo, ed il film in questione ne è l’emblema assoluto. MLS è un cortometraggio dalla durata di meno di mezzora composto da 4 cortometraggi (geniale già solo per questo, cortometraggi in un cortometraggio), e quello che prederemo in considerazione in questo scritto è uno soltanto dei quattro dal titolo Thrust in me (gioco di parole, credi/spingi in me) (http://www.youtube.com/watch?v=_jHizI9347Y).
Protagonista della pellicola è il già citato Nick Zedd che per l’occasione si sdoppia in un duplice ruolo, quello dei due protagonisti, il boy e la girl del film. Pellicola rigorosamente in bianco e nero, Zedd/boy percorre le vie di Manhattan con passo prepotente. Sulla strada alcuni personaggi gli si presentano davanti, un barbone, una puttana, qualche teppistello con l’aria spavalda e la voglia di attaccar brighe. Contemporaneamente, nel suo appartamento la Zedd/girl si deprime a leggere un libro sul suicidio gironzolando per la stanza in preda al mal di vivere. La ragazza è disperata, si immerge nella vasca e si taglia le vene. Poco dopo il suo compagno, Zedd/boy, torna a casa. Annoiato prende il telefono, ma è fuori uso, la bottiglia è vuota, si guarda intorno ma c’è poco da fare, allora spiaccica una sua foto in primo piano sullo specchio della stanza. Va in bagno, è il momento di farsi una cagata, ma finito l’atto non c’è nulla per pulirsi il culo. Non trova niente di meglio che usare un ritratto di Gesù Cristo attaccato al muro che ricorda molto da vicino l’espressione della foto di lui che aveva poco prima attaccato allo specchio. Riabbottonandosi il pantalone, si volta e scopre il corpo morto della sua donna. Il primo piano di Zedd/boy è stretto e ci mostra la sorpresa dell’uomo che però non si perde d’animo e coglie subito al volo l’occasione. Tira fuori il suo enorme cazzo e lo spinge nella bocca del cadavere. La musica in sottofondo incalza (colonna sonora post-punk riuscitissima dal ritmo andante ed armonie bizzarre). Zedd/boy insiste fino ad eiaculare, il suo schizzo, portentoso e duraturo, ricopre il volto della Zedd/girl fino ad oltraggiarle la sua graziosa frangetta. L’ultima scena è ripresa dal tetto dello stabile, con Zedd/boy che osserva dall’alto le strade della città.
Nell’insieme, il corto, il migliore della tetralogia su Manhattan, risulta essere un vero e proprio capolavoro del nonsense, del cattivo gusto sfrenato, e della poetica nichilista e maledetta degli anni ‘80. Le inquadrature, nella loro rozzezza, ricordano a tratti alcuni primi piani che ci è parso di vedere nei film muti degli anni ‘20. Il montaggio, la colonna sonora e le tematiche rintracciabili nell’opera ne fanno però un preciso esempio di altro cinema, perfetto per quello che questa rubrica si prefigge di presentare. Se nella prima puntata abbiamo affrontato un malessere interiore esoterico e perverso, in questa piccola opera d’arte di Kern invece scopriamo un dolore beffardo e quasi gioioso. Un nichilismo che non si piange addosso, ma anzi trova spunto da ogni forma di male per trarne profitto e tirare a campare in questa sporca, inutile vita. Quale problema credi di poter risolvere, Mondo?, sembrano dire Kern e Zedd allo spettatore. Quale soluzione pensi di aver trovato per attenuare questo schifo? Il mio spleen non conosce altro, ed il mal di vivere che ho incontrato è l’unica cosa che mi interessa e dalla quale devo difendermi. Kern ama Manhattan, ma crede anche che per amare bisogna diventare martiri, essere pronti alla morte, anzi andarle incontro. Quando il dolore è insopportabile il suicidio è innanzitutto un atto d’amore che l’uomo compie verso se stesso, ma è anche un rifugio contro il male, contro la natura stessa dell’uomo, incapace di ripulire il proprio ego dalle pulsioni vitali della sua forza istintiva. Amore, suicidio, Manhattan (mondo fenomenico), ficcamelo dentro. Due facce della stessa medaglia, due possibili scelte, da una parte Zedd/girl che versa sul mondo la sua disperata angoscia sottomettendosi a tal punto da provocare il vivente a spingerglielo in bocca anche dopo la morte, dall’altra Zedd/boy, altrettanto disperato ed annoiato, ma mai angosciato, che ha invece altri proclami per la testa. Col tuo Cristo mi ci pulisco il culo, e se muori ti sborro in faccia! Poi, appagato nel mio istinto, ti guardo dall’alto in basso e contemplo tutta la merda che mi circonda e della quale faccio io stesso parte.

 

 

Retrovisioni. L'Altro Cinema
Manhattan Love Suicides
Thrust in me (corto)
regia
Richard Kern
con Nick Zedd, Don Houston, Margo Jour, Dee Finley
produzione Deathtrip Film
prodotto da Richard Kern e Nick Zedd
sceneggiatura Richard Kern, Nick Zedd
paese Usa
lingua muto
colore b/n
anno 1985
durata 8 minuti

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