“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 07 December 2013 01:00

L'altro Cinema, parte I - Cannibal

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Con questa serie intitolata L’Altro Cinema vogliamo raccontare e proporre al lettore una carrellata di produzioni cinematografiche underground dal contenuto controverso. Il Cinema, dalla sua nascita, ha svolto il compito di ispezionare momenti del vivente sottolineandoli e sviscerandoli, ma ha anche avuto spesso l’intenzione di rappresentare un immaginario umano che cerca di prescindere dai fenomeni reali e si è fatto rappresentazione di un mondo ideologico, uno svago per la mente. In questo spazio invece ci occuperemo di quel settore cinematografico che ha abbandonato ogni pretesa intellettualistica di indagine dell’essere ed ogni bisogno di divagazione dal reale per dedicarsi alla pura pulsione subcosciente, quella popolata dalle peggiori nefandezze e dagli istinti più bassi. Una sorta di pornografia malata, che però risulta poi diventare un interessante spaccato dei disagi di ogni generazione.

Del resto, appare evidente fin dalle prime impressioni che certe opere rispecchino una controcultura che vuole farsi manifesto di rivolta. In questo senso certi titoli cinematografici non sono diversi da alcuni generi musicali come ad esempio il grunge negli anni '90, il dark post-punk dieci anni prima e alcuni sottogeneri particolarmente estremi di heavy metal ai giorni nostri.
Concludendo questa breve, ma doverosa, introduzione, aggiungiamo che l’unico comune denominatore dei vari lavori che andremo a trattare, e che è sintomatico di quanto detto, è la totale assenza di una qualsiasi forma di censura.
In questo senso diventa ancora più esplicito il richiamo alle pulsioni nascoste che accennavamo poche righe sopra. Le tre istanze freudiane della personalità sembrano, in questo cinema, ridimensionarsi in un’unica forma che accomuna indissolubilmente Io ed Es. Senza, infatti, la continua supervisione censoria del Super-io, l’Es è libero di partecipare dell’Io e forma con esso un unico blocco dove cosciente e subcosciente si fondono. Dalla prospettiva, invece, del nostro autocensurarci, cioè mettendo in pratica quell’insieme di valori e norme che regolano la nostra morale, a noi pubblico viene facile etichettare la visione dell’opera come espressione malata (cioè priva di quel processo psichico che l’individuo deve possedere ed attuare: Io, Super-io, Es), ma cercheremo di approcciare la trattazione delle storie cercando di abbandonarci il più possibile (e questo è un invito al lettore) alla “acquisizione dei disturbi” senza esserne “vogliosamente disturbati”.
Il film scelto per inaugurare la prima parte de L’Altro Cinema è Cannibal.
Film estremamente “malato”. Diretto nel 2005 da Marian Dona, è la trasposizione di un fatto di cronaca realmente accaduto in Germania nel 2001 che vedeva protagonista Armin Meiwes, noto come il "cannibale di Rotenburg". Quest’uomo, tecnico di computer, provò a contattare via Internet individui che fossero disposti a farsi maciullare e mangiare. Con grande sorpresa il malcapitato non tardò a presentarsi. In realtà ci furono parecchie risposte, ma in un primo momento solo due persone (una per volta) accettarono di incontrarlo. Entrambe, dopo aver confermato in un primo momento la loro volontà di farsi uccidere, si tirarono indietro, spaventate dall’arsenale di macellazione del padrone di casa. Il terzo invitato invece acconsentì con grande entusiasmo.
Il film, scavalcando l’episodio dei due rinunciatari, si concentra sui due personaggi protagonisti della vicenda. La prima sequenza, per la precisione, ci mostra il protagonista (il personaggio di Meiwes) ancora bambino, affascinato da una serie di racconti macabri e foto di cadaveri, mentre la telecamera indugia su una viscida lumaca che striscia su di un libro.
I titoli di testa seguono tutta una serie di immagini di morte e lasciano intuire che siano state l’unico interesse dell’uomo in tutta la sua vita. Poi inizia la caccia della vittima sul web. È interessante sottolineare che, a parte la primissima sequenza adolescenziale con i racconti macabri, i primi venti minuti di ricerca dell’uomo sono muti, o meglio, i dialoghi non sono udibili. Solo quando incontra l’uomo che accetterà di farsi mangiare inizia un certo dialogo, chiaro elemento di reciprocità tra i due e di ritrovata comunicazione col mondo.
I due fanno più volte sesso e raggiungono un legame intensissimo. Sin da subito però la loro relazione ci viene mostrata in maniera morbosa, perversa. Un’omosessualità estremizzata fino al fastidio, un tentativo forse di voler dare sin da subito la sensazione della deviazione (non si hanno informazioni sul regista, addirittura si ha il dubbio se sia uomo o donna, visto che alcuni articoli si riferiscono al femminile altri al maschile, difficile dire quanto di omofobo ci sia nelle sue intenzioni).
I giochetti erotici lasciano velocemente il passo al loro desiderio di sangue.
Lo pseudo Meiwes, simulando una fellatio, morde il pene dell’uomo che però poi gli rimprovera di non essere andato fino in fondo. È il preludio alla macelleria che sta per seguire. L’uomo afferra nuovamente il pene del compagno e, con un grosso coltello, lo recide (il taglio non è netto, l’evirazione è lunga e dolorosa e la scena quasi insostenibile), causando anche l’insorgere improvvisa di urina. Dopo aver medicato la ferita alla meno peggio, inizia a cucinare il pezzo di carne appena tagliato. I due si mettono a tavola e, non senza sforzi, mangiano il pene. L’uomo evirato, ormai già in preda ad attacchi febbrili, chiede al compagno di fare in fretta e portare a termine il lavoro. Viene quindi immerso nella vasca da bagno e lì fatto dissanguare. Quello che segue è un compendio di lezione anatomica abbinata alla macelleria.
Il corpo dell’uomo viene fatto a pezzi con grande maestria e senza risparmiare nemmeno un fotogramma. A smembramento avvenuto abbiamo poi la parte culinaria. L’assassino infine imbandisce la sua tavola con le varie parti del corpo minuziosamente cucinate e abbellite. L’ultima scena vede il nostro mostro in chat alla ricerca di un nuovo volontario, poi una lumaca (identica a quella dell’inizio) in primo piano volta il capo grottescamente verso la macchina da presa.
I fatti rappresentati nel film, come già detto, sono molto fedeli alla realtà. Ovviamente i tanti particolari intimi della macabra coppia sono opera degli autori del film, ma le scene principali, come ad esempio l’evirazione con conseguente servizio in tavola del pene, sono realmente avvenute.
In un primo momento Meiwes fu condannato a otto anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. Il primo giudizio era che lo si poteva accusare solo di morte assistita e di successivo vilipendio del cadavere e cannibalismo. La difesa infatti riuscì a sostenere che innanzitutto c’erano da considerare le volontà del defunto, uomo capace di intendere e di volere che aveva firmato una carta preparata dallo stesso Meiwes dove si affermava la sua decisione ad essere smembrato e mangiato, inoltre il video girato dallo stesso Meiwes che ritrae i due durante l’atto incriminato (un vero e proprio snuff movie) pare indirizzare sempre verso l’idea di un suicidio assistito. Ancora: i due uomini che inizialmente avevano accettato di incontrare il cannibale e che successivamente si erano rifiutati, testimoniarono in suo favore affermando appunto che, non appena ebbero il ripensamento, l’uomo li lasciò andare. Alla fine però il processo ebbe un ultimo appello e si optò per l’ergastolo (a quanto pare, secondo le parole del giudice stesso, fu decisiva l’idea di non voler creare un precedente tanto raccapricciante).
Cannibal, che ci piaccia o no, è un film che agisce sulla nostra capacità di sopportazione. Sia bene inteso, alla fine sappiamo che è solo un film e che è tutto finto ma, al di là del rimando inevitabile ai fatti realmente accaduti a Rotenburg, ciò che vediamo sullo schermo è qualcosa di intimamente realistico. Qualcosa che muove nel profondo dell’animo umano e che mette le sue radici nell’inconscio che si prefigura con l’infanzia. Qualcosa di viscido e terrificante, allo stesso momento grottesco e ridicolo tanto da essere semplicemente ripugnante. Una lumaca che lentamente riaffiora alla memoria e, guardandoci beffardamente in faccia, ci ricorda quanto possiamo essere mostruosi.

 

 

 

 

Retrovisioni. L'Altro Cinema
Cannibal
regia
Marian Dora
con Victor Brandl, Carsten Frank
produzione Quiet Villane Filmkunst
prodotto da Marian Dora
sceneggiatura Marian Dora
paese Germania
lingua originale tedesco, inglese
colore a colori
anno 2006
durata 89 min.

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