“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 02 August 2013 09:07

Martin Scorsese 01: America 1929 – Sterminateli senza pietà

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Il secondo film di Martin Scorsese è, in realtà, il primo. Sebbene nel primo lungometraggio, Chi sta bussando alla mia porta?, già si avvertano i temi e i “gusti” del regista newyorkese, è in Boxcar Bertha (traslato, o meglio storpiato, in italiano: America 1929 – sterminateli senza pietà) che si evince la vera essenza di Scorsese: un’essenza cinematografica permeata di violenza e oppressione, dove i buoni non vincono sempre.
La storia, stranamente, risulta molto semplice.

America, Grande Depressione. Bertha Thompson è una ragazza con un dramma alle spalle, ha visto morire il padre aviatore per mano del suo padrone schiavista. Salita su un treno merci, incontra ‘Big’ Bill Shelly, un sindacalista/sovversivo che tenta disperatamente di far valere i suoi diritti e quelli dei suoi compagni. I due s’innamorano, ma, dopo una notte di passione, l’uomo abbandona la ragazza. Giunta in una cittadina, la donna conosce Rake Brown, un uomo che si procura da vivere imbrogliando i suoi avversari al gioco delle carte. Con il suo aiuto, Bertha riesce ad organizzare un piano per liberare ‘Big’ Bill Shelly, nel frattempo messo in carcere. Ci riesce, ma presi dall’euforia della libertà i quattro (a loro si aggiunge un nero, anch’esso dotato di una sana dose di rivalsa) cominciano a delinquere, rapinando banche e case di ricchi signori. Scopo della banda è quello di sabotare la ferrovia del Sig. Sartoris, un avido e malvagio ferroviere. L’operazione, se solo portata a buon fine, farebbe uscire i malviventi dalla crisi della Grande Depressione e apporterebbe un po’ di pace nelle loro vite. Il finale non stiamo qui a dirvelo, ma sappiate che è un misto di pulp alla Tarantinoe de La passione di Cristo, il tutto condito con un pizzico di salsa western.
Il produttore Roger Corman, considerato uno dei maggiori talent scout della New Hollywood, affascinato dai corti del giovane cineasta, gli garantì la produzione di pellicole più serie e con budget decisamente più elevati. In realtà, fu un buon risultato per entrambi. Il film rappresentò, infatti, il primo vero successo di Corman, re dei B-movie, che con un budget di $600.000 (una cifra irrisoria per l’epoca) riuscì ad ottenere un discreto successo. Per Scorsese fu, invece, una grande operazione pubblicitaria. Stava facendosi strada tra le stelle del cinema che lo apprezzarono, soprattutto, per la capacità di essere veloce nelle riprese e molto economico (quick ‘n cheap).
Appartenente al filone dei caper movie (pellicole incentrate su un “colpo grosso”), il film si ispira vagamente ai ricordi di Boxar Bertha Thompson, “Sorella della strada”. Ideato per la programmazione estiva, lo spunto del film nasce dallo stesso produttore, Corman, che voleva un film sexy e violento. Siamo negli anni Settanta, in piena epoca Grindhouse, e questo era il genere preferito dagli statunitensi. Sangue, violenza e perché no, vere e proprie scene di autentica pornografia, che eccitavano lo spettatore medio, al tempo stesso disgustandolo. Il film, però, affidato ad un trentenne Martin Scorsese, prende una piega diversa. Il regista di Long Island decide, infatti, di sviluppare la pellicola secondo la psicologia dei personaggi, la loro essenza, i loro tormenti e, soprattutto, il loro istinto di sopravvivenza che li porta a combattere (inutilmente, ma con onore) un nemico più grande di loro.  L’operazione riesce. Il film, così permeato di sana introspezione, piace ugualmente al produttore che lo fa distribuire dalla 20th Century Fox.
Il lungometraggio, ricordato ai postumi come il primo film importante di Scorsese, verte sulle intense e passionali interpretazioni dei protagonisti: Barbara Hershey, alla sua quarta pellicola, incarna alla perfezione l’ingenuità e la malizia di una donna cresciuta orfana, ma ricca di speranze e di vendetta. Prima musa ispiratrice di Scorsese, la Hershey tornerà a lavorare con il regista italo-americano ne L’ultima tentazione di Cristo, il film scandalo sulla vita di Gesù, in cui vestirà i panni di Maria Maddalena.
Immensa la personificazione di ‘Big’ Bill Shelly da parte di un grande David Carradine. Rappresentante della schiera dei “belli e dannati”, Carradine è il volto dei rinnegati e dei reietti che vivono per strada, ma che ardono di senso di legalità e di giustizia. Ottime anche le restanti interpretazioni, in particolare quella di John Carradine, padre di David.
Sceneggiato da Joyce Hooper Corrington e John William Corrington, su un soggetto di Been L. Reitman, che a sua volta s’ispira ad una storia vera, Boxar Bertha è il primo, serio, esperimento cinematografico di Scorsese ma che, col passare degli anni, è diventato una pietra miliare fra le pellicole di genere.

 

 

 

 

Ciclo Scorsese
Boxar Bertha
regia Martin Scorsese
interpreti Barbara Hershey, David Carradine, Barry Primus, Bernie Casey, John Corradine
soggetto Been L. Reitman
genere drammatico-thriller
sceneggiatura Joyce Hooper Corrington e John William Corrington
produttore Roger Corman
fotografia John M. Stephens
musica Gib Guilbeau e Thad Maxwell
scenografia Walter Starkey
paese Stati Uniti
anno 1972
durata 85'

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