“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 11 June 2013 07:04

L’interminabile centrifuga di un tritarifiuti teatrale

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Mentre s’aspetta l’inizio dello spettacolo, la lettura delle note di regia riempie l’indugiare dell’attesa; le aspettative, da quel che si può leggere, sono alte. La nostra attenzione è però distolta da un episodio estemporaneo ed all’apparenza marginale, che ci induce a sollevare lo sguardo dalle parole impresse sul cartoncino: un ragazzino grassoccio e dall’eloquio non propriamente urbano e civile ci passa da presso e con noncuranza getta davanti ai nostri piedi un bicchiere di plastica appena usato: l’occhio ritorna alle nostre note, che parlano di Spam e lo spam non è altro che immondizia virtuale, con cui fa pendant l’atto reale a cui abbiamo appena assistito.

Ricordo un’intervista a Vittorio Gassman in cui egli, con immagine felice ancorché semplice, sintetizzava la lontananza del pubblico dal teatro dicendo pressappoco che ci sarà sempre poca gente che va a teatro fino a quando ci sarà tanta gente che getta le carte in terra. E mi fermo qui, non vorrei che la digressione ci prendesse la mano oltre il dovuto e l'opportuno.
Torniamo a Spam, torniamo al teatro, lasciamo il bicchiere di carta, la riflessione di Gassman e portiamo il nostro sguardo dentro al teatro.
Comincia Spam. A chi non è capitato almeno una volta di trovarsi nella propria casella di posta elettronica e-mail dal dubbio contenuto? All’ingrosso diremmo che alla quasi totalità di noi è successo prima o poi di essere destinatari ignari di dispacci in cui una bambina molto malata in un buco qualsiasi dall’altra parte del mondo aveva bisogno che facessimo girare un milione di volte la sua mail per salvarle la vita, oppure lettere in cui procaci fanciulle dell’est esprimevano in un italiano pencolante accorati appelli affinché le si aiutasse a venire in Italia a coronare il loro sogno d’amore (sogno d’amore per il quale, ebbene sì, avevano scelto proprio noi!), per non parlare di tutto quel carteggio virtuale che promette mirabilie in termini di allungamento del pene, durata delle prestazioni sessuali e simili amenità, o ancora di mail che annunciano fantomatiche vincite milionarie cascate addosso a noi ignari, che dobbiamo solo mandare le nostre coordinate bancarie ad un legale tanto gentile che vive alle Isole Cayman per poter incassare l'ingente regalia. Insomma, questo è lo spam, ovvero il pattume del terzo millennio, l’immondizia virtuale su cui fluttuano le informazioni web.
In scena si tenta di dar traduzione drammaturgica al fenomeno con una pièce dalle pretese impegnative e, lo diciamo subito, non del tutto mantenute, ma anzi tradotte in uno spettacolo appesantito da una pletora di immagini e parole che ne rendono la fruizione impresa ai limiti del titanismo.
Sulla scena un unico attore, Lorenzo Gleijeses, accompagnato da chi ne cadenzerà in diretta per tutta la durata dello spettacolo la consistenza sonora e musicale.
Si comincia una riffa coi bussolotti, scandita dal metallico clangore prodotto dal musico-rumorista che accompagna la scena (Alessandro Olla); il gioco ad estrazione servirà a ricostruire in maniera frammentaria gli episodi, raccontati diegeticamente per “quadri” che contraddistinguono la vicenda del personaggio in assito (un Lorenzo Gleijeses encomiabile per come riesce a tenere la scena per due ore filate, in barba alla verbosità di un testo sproporzionato e abnorme), vittima di un’amnesia che si ritrova in una terra sconosciuta – che finirà e finiremo per riconoscere in Malta – unica labile traccia da seguire la posta elettronica e la cartella della posta indesiderata, il cosiddetto “spam”, a favorire l’ancorché frammentaria, desultoria ed ampollosa ricostruzione dei fatti; d’altronde oggi come oggi la cronologia di un personal computer finisce per costituire la traccia più significativa dell’agire, vera e propria ‘scatola nera’ delle espressioni e degli accadimenti, dunque regesto della memoria perduta, che consegna alla visione dello spettatore un affastellarsi di quadri estratti a sorte che contribuiscono alla ricostruzione di quanto accaduto, di un intrigo internazionale che vede protagonista un docente universitario di linguistica, impegnato a ripercorrere a ritroso la propria vicenda sulla scorta delle e-mail di una tal ragazza che presumibilmente doveva essere stata una sua studentessa.
Un soffio di fondo accompagna il monologo, rumori incessanti riprodotti in scena fanno da colonna sonora.
Tanta la carne a cuocere, in un’opera labirintica, che ripropone un calco della vicenda umana di Caravaggio, fuggiasco a Malta da un misfatto, ed ivi ritrovatosi coinvolto in ulteriore intrigo.
L’intrigo in questione si veicola tutto per via virtuale, con somme ingentissime che transitano su conti svizzeri, una bambina malese che reclama salvezza dalle angherie di uno zio mostro, bambole cinesi dall’inspiegabile turpiloquio che giungono sul mercato italiano, in un intreccio che progressivamente comincia a diradarsi (ma mai abbastanza, mai del tutto), in un sovrapporsi confuso e confusionario di capitoli raccontati, mostrati in video, ripercorsi in flashback, e perfino visti attraverso l’occhio di una webcam.
Il disegno di Spam mostra una fragilità strutturale, il difetto di una drammaturgia abnorme, tradotta in scelte registiche non determinanti a salvare l’opera, pur nella validità dell’idea di variare i registri, ma il risultato finale consegna allo sguardo ed alla memoria qualcosa di cervellotico, che azzarda una sofisticazione non adeguatamente supportata dall’impalcatura registica che dovrebbe sorreggerla.
Non che Spam non presenti spunti interessanti e momenti riusciti, ma nel complesso finisce per scontare una verbosità eccessiva, spalmata in due ore (francamente troppe, anche per il più paziente ed indulgente degli spettatori), due ore nelle quali, complice la scelta diegetica random, il plot si disperde in una miriade di rivoli difficili da ricondurre ad una unità narrativa omogenea e proporzionata.
Ci troviamo di fronte ad una drammaturgia della dispersione, ad una diaspora del senso che si irraggia in più direzioni, in una pretestuosa pluralità di sensi, rimanendo però a metà fra compiutezza e fallimento: la pièce di Rafael Spregelburd vorrebbe danzare sulla catastrofe, ma dalla catastrofe viene catastroficamente schiacciata, inghiottita, fagocitata e triturata, come finisse, la pièce stessa, nel cestino dello spam.
All’uscita, il nostro sguardo ritorna sul bicchiere di plastica di cui cianciavamo all’inizio, ancora lì, ancora a terra, ancora a testimoniare una distanza tra l’inciviltà della gente e la civiltà del teatro; peccato che Spam non sia visione che riesca a fornirci argomentazione sufficientemente valida da spendere per la causa teatrale, peccato che Spam sia spettacolo che promette e non mantiene, ingolfato come una casella di posta elettronica ingolfata dallo spam.

 

 

Napoli Teatro Festival
Spam

una "sprechoper" di Rafael Spregelburd
regia Rafael Spregelburd
con Lorenzo Gleijeses
musiche originali eseguite dal vivo e video project Alessandro Olla
spazio scenico Roberto Crea
light designer Gigi Ascione
movimenti coreografici Marco Mazzoni
aiuto regia Manolo Muoio
assistente alla regia Laura Amalfi
traduzione italiana Manuela Cherubini
collaborazione alla creazione musicale Zypce
realizzazione scene e oggetti Michele Gigi
motion grafics Elisa Marras (Multiforme)
video calendario Alejo Varisto, Alejo Moguillansky
illustrazioni Valentina Olla
foto Nicolas Levin
tipografie eblaite Eduardo Del Estal
produzione Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia, Teatro Stabile di Calabria, Festival delle Colline Torinesi, Ticonzero
lingua italiano
durata 2h
Napoli, Teatro Nuovo, 8 giugno 2013
in scena 7 e 8 giugno 2013

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