“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 30 May 2020 00:00

“Fantozzi”: il genio (poco compreso) di Paolo Villaggio

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“Di persona, impacciato e servile con i superiori. Anche, di accadimento, penoso e ridicolo”: così si legge, sul dizionario italiano Treccani, alla voce fantozziano. Sì perché − forse non tutti lo sanno − da un po’ di tempo nel vocabolario nostrano è entrato a pieno titolo questo aggettivo.

Un neologismo legato allo strepitoso successo di un film, Fantozzi, approdato nelle sale cinematografiche italiane il 27 marzo del 1975, per la regia di Luciano Salce.
Debutta sul grande schermo, con questa pellicola, il personaggio di Fantozzi, protagonista di un romanzo, scritto da Paolo Villaggio, pubblicato dalla Rizzoli nel 1971. Il romanzo, intitolato, come il film, semplicemente Fantozzi, a sua volta rielabora una serie di brevi racconti di Villaggio, usciti su L’Espresso nel 1968.
Nella pellicola, a interpretare il personaggio principale, destinato a diventare tanto celebre, è proprio Paolo Villaggio, il quale collabora tra l’altro anche alla sceneggiatura (che si deve a Leo Benvenuti, Piero De Bernardi e Luciano Salce).
Per chi non lo conoscesse, il ragioniere Ugo Fantozzi è un piccolo-borghese, impiegato amministrativo di una grande ditta italiana. Un uomo servile, timidissimo, complessato, terrorizzato dai suoi superiori; una persona incapace di adeguarsi ai modelli di una società che mitizza, ma di cui è vittima. La comicità di Villaggio, grottescamente catastrofica, è poco verbale e molto fisica, soprattutto visiva, eppure il suo limitato lessico è entrato nel patrimonio comune degli italiani. Tuttora, dopo ben quarantacinque anni, si utilizzano termini come megagalattico, per definire un alto dirigente, ed espressioni quali come è umano lei, per sottolineare ironicamente la perfidia di un individuo nei confronti di un suo simile. Persino le volontarie storture grammaticali dei congiuntivi (per esempio durante una disastrosa partita di tennis Filini dice a Fantozzi: “Batti lei?”), si sono affermate nell’ambito della comunicazione informale.
Fantozzi fotografa perfettamente, portandola all’esasperazione, la scarsa considerazione rivolta da alcuni superiori ai propri collaboratori o sottoposti, e lo fa attraverso la storpiatura del nome, che da Fantozzi diventa Fantocci, se non Bambocci, con evidente scopo di dileggio o denigrazione. L’abilità di Villaggio e di Salce è quella di mettere in risalto come, però, lo stesso superiore sia pronto a inchinarsi e prostrarsi al proprio “caporale” (volendo citare l’immenso Totò) divenendo a sua volta un servo. Il malcostume che viene stigmatizzato è l’opportunismo di tutti coloro che circondano Fantozzi, dall’usciere, al collega, impiegato, al capoufficio, al direttore, il quale si rivela sempre un burocrate, nel senso negativo del termine.
Una delle chiavi vincenti del progetto è la voce narrante di Villaggio che funge da raccordo tra i cambi di scena, come a voler dotare ogni episodio di un’introduzione. Intorno al protagonista si muovono diversi personaggi. In primis i familiari, ossia la moglie Pina, interpretata da Liù Bosisio nel primi due episodi della serie e da Milena Vukotic nei seguenti, e la figlia Mariangela, nei panni della quale troviamo Plinio Fernando (la scelta di un uomo fu voluta fortemente da Luciano Salce). Poi i colleghi, tra i quali campeggiano il ragionier Filini (meravigliosamente interpretato da Gigi Reder), un occhialuto impiegato organizzatore di tutti gli eventi ludici e ricreativi, capace di coinvolgere sempre Fantozzi suo malgrado, il geometra Calboni (Giuseppe Anatrelli, bravissimo interprete teatrale), un opportunista da competizione che si mostra sempre forte con i deboli e debole con i forti, e naturalmente la signorina Silvani, sogno erotico proibito del Ragioniere (sposata con Calboni nel secondo film), con il volto di Anna Mazzamauro.
L’enorme successo e consenso di pubblico riscosso dal film convinse subito i produttori a girare il seguito con gli stessi interpreti, gli stessi sceneggiatori e lo stesso regista. Nacque così Il secondo tragico Fantozzi, che a detta di alcuni critici è uno dei rarissimi casi in cui il prosieguo di un film supera il primo.





Ciak si (ri)gira − Quarant’anni di cinema italiano (1945-1985)
Fantozzi
regia Luciano Salce
soggetto Paolo Villaggio
sceneggiatu­ra Paolo Villaggio, Luciano Salce, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi
con Paolo Villaggio, Gigi Reder, Giuseppe Anatrelli, Anna Mazzamauro, Liù Bosisio, Plinio Fernando, Dino Emanuelli, Paolo Paoloni, Elena Tricoli, Paolo Zardini, Umberto D’Orsi, Andrea Roncato, Willy Colombaioni, Ettore Geri, Luciano Bonanni, Jimmy Il Fenomeno, Liliana Dell’Aquila, Enzo Vitagliano, Iolanda Fortini, Enrico Marciani, Nicola Morelli, Nello Pazzafini, Giuseppe Terranova
fotografia Enrico Menczer
montaggio Amedeo Salfa
musiche Fabio Frizzi, Vince tempera, Franco Bixio
produzione Rizzoli Film
distribuzione Cineriz
paese Italia
lingua originale italiano
colore a colori
anno 1975
durata 98 min.

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