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Sunday, 05 May 2013 22:33

"Là bas – Educazione criminale": retrospettiva con Gaetano Di Vaio

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Due 'Afriche', due progetti di vita, due donne da amare, un’unica città, Castel Volturno, trenta chilometri da Napoli. Ecco cosa unisce, e al contempo separa, Yussouf e Germain, nell’opera prima di Guido Lombardi, premiata a Venezia con il Leone del futuro nel 2011. Là-bas – Educazione criminale, questo il titolo, stringe l’obiettivo della macchina da presa sulle comunità africane della cittadina casertana, alla vigilia della strage del 18 settembre 2008. “Le” comunità, perché quelle che vengono mostrate allo spettatore sono due 'Afriche' contrapposte e in lotta tra loro, che si uniranno solo alla fine del film, quando la bandiera dell’Unione Africana coprirà il corpo nudo di Yussouf.

All’arrivo a Castel Volturno, Yussouf viene subito accolto e introdotto, da Germain, appena conosciuto, nella sua comunità. La casa delle candele, frutto dell’abusivismo edilizio domiziano, è una villa sul mare, nucleo di quell’Africa sana, ma sottomessa, che vende fazzoletti ai semafori, raccoglie pomodori nei campi e “manda i soldi a casa”; Un’Africa fatta di cous-cous e di partite di calcio, di tè e di canzoni di Miriam Makeba; Un’Africa che, dopo aver attraversato il Sahara a piedi, su imbarcazioni di fortuna affronta il Mediterraneo, la mer, con la speranza di un approdo sicuro, che spesso si rivela solo una garanzia di sfruttamento, ancora più amara perché a migliaia di chilometri di distanza dai propri affetti. La mer Yussouf, invece, l’ha sorvolata in aereo, grazie al denaro speditogli dallo zio Moses, che in quella terra ha invece fatto fortuna. La fortuna di Moses è quella dell’altra Africa, quella di chi ha scelto di non piegare più la schiena al sole cocente dei campi di pomodori, ma, con abiti su misura, traffica cocaina e successo sulla pelle dei suoi stessi connazionali. Alla ricerca di un guadagno più veloce, Yussouf chiederà allo zio di affiancarlo nei suoi loschi affari.
Il sogno di Germain è quello di condurre una vita modesta ma onesta, al fianco, magari, del suo amore, una ragazza allegra e pulita, Asetù, che discretamente corteggia da tempo; quello di Yussouf è procurarsi quarantamila euro per l’acquisto di un macchinario con cui produrre le sue opere d'arte e riuscire a togliere dalla strada Suad, di cui è innamorato. Quando il commando dei Casalesi irromperà nella sartoria d’immigrati africani, frequentata da Yussouf, Germain si ritroverà a essere vittima inconsapevole di quell’avvertimento camorristico per la gestione del traffico di stupefacenti, cui era stato sempre estraneo. Yussouf, invece, vittima designata, troverà rifugio proprio in quell’Africa di Germain, che in passato aveva aggredito e picchiato. Due vite che si intrecciano e, in modi diversi, soccombono agli unici destini possibili per gli immigrati clandestini in quella terra: sfruttamento o crimine.
Un film contro la camorra e l’odio razziale, quindi, ma, per ciò stesso, un film a favore della legalità e dell’integrazione. Lo vediamo, infatti, come retrospezione, nella due giorni della manifestazione eugubina This-Integrazione. Protagonista della seconda giornata, quella del 3 maggio 2013, la proiezione ha visto la presenza nella sala del cinema Astra di Gubbio di uno dei produttori del film, Gaetano Di Vaio.
La strage del 2008, frutto anche dell’odio razziale, fece sei vittime innocenti ma fu in grado anche di unire quelle due 'Afriche'. Di Vaio, produttore insieme a Gianluca Curti e Dario Formisano, alla fine della visione sottolinea come la comunità africana di Castel Volturno sia stata in grado di ribellarsi in seguito alla strage e di come abbia aggregato attorno a quella lotta centinaia di persone. Ma già al secondo anniversario, l’attenzione su quei fatti era notevolmente calata; fu così che si scelse di inserirla nel film e di farne, anzi, da leit-motiv. Là bas – in francese laggiù, per gli africani il posto in cui si dirigono gli immigrati, alla ricerca di condizioni di vita migliori – doveva essere inizialmente lo sguardo della comunità di immigrati africana sul fenomeno camorristico e sulla lotta per la gestione dei traffici; quando si scelse quel cambio di rotta, si aggiunse il sottotitolo “educazione criminale” perché a quel punto il protagonista assoluto delle riprese diventava Yussouf, con la sua storia di formazione all’illegalità e al crimine, appunto. Di Vaio racconta anche delle difficoltà incontrate con il sindaco di Castel Volturno – comune ora commissariato perché sciolto nell’aprile 2012 per infiltrazioni camorristiche – che tentò di boicottare la realizzazione della pellicola adducendo questioni di immagine, per quella città, su cui erano già stati a lungo puntati i riflettori. Il comune di Castel Volturno non è partner del progetto che invece ha ottenuto la collaborazione di Rai Cinema e il contributo, tra gli altri, degli Assessorati alla Cultura e alle Politiche Sociali della Regione Campania. Il produttore sottolinea come, nonostante i diversi premi e riconoscimenti ricevuti, il film sia stato distribuito sono in una decina di città italiane.
Allora ci pare chiaro che storie come quelle di Yussouf continueranno a proliferare; la lotta all’illegalità, un’illegalità fortemente concussa con i poteri politici e finanziari nel nostro Paese, al nord come al sud e al centro, deve essere di là dal segnare una battuta d’arresto. L’Italia è un Paese di persone corrotte e corruttibili, dove le mafie, se ti ribelli, sparano sul serio; dove trovare il coraggio di allontanarsi dal crimine è cosa di pochi; ma, quando questo succede, la serenità appaga il rimpianto connesso alla perdita di guadagni facili; quando questo succede, il calore del riconoscimento privato e pubblico supplisce a quell’attimo di onnipotenza che impugnare un’arma può dare. Ciò che più fa piacere, nel confronto con Gaetano Di Vaio, è infatti l’ascolto della sua storia personale, tanto simile a quella di Yussouf; pur essendo nato e cresciuto sempre nello stesso luogo, a Scampia precisamente, lontano, quindi, dalla necessità della migrazione. Gaetano ci racconta di un passato di tossicodipendenza e delinquenza; di carcere (quello durissimo di Poggioreale) e di comunità di accoglienza; di un soggiorno coatto in una struttura del Centro di, allora Igiene, oggi Salute Mentale, solo perché era un ragazzo che non riusciva “a stare fermo”; di come sia stato fortunato un giorno, quando è riuscito ad incanalare il suo estro in un’arte, quella cinematografica, che l’ha allontanato, per sempre, da quel mondo fatto di espedienti e paure. Sì, perché la strada fa paura. Fa paura quando la subisci, ma fa paura anche quando la agisci; perché sei costretto a non abbassare mai la guardia, ad essere sempre pronto allo scontro; sempre nella necessità di vincerlo, sempre con il ferro in tasca, sempre guardingo, sempre lontano da progetti di normalità, che, soli, fanno di un uomo, un uomo.
Il film piace; piace la macchina da presa che nella carrellata iniziale sembra muoversi in modo amatoriale; piace la scelta di farlo assomigliare ad un documentario; piace che sia per il novanta per cento in lingua originale, cioè francese, inglese e napoletano; piace che i protagonisti non siano attori professionisti, tranne nel caso di Esther Elisha; piace che i contatti con “i bianchi” siano rarissimi e connessi allo sfruttamento o alla sottomissione che questi perpetrano ai danni della comunità africana; piacciono i dialoghi; piacciono i silenzi; piacciono i primi piani sugli occhi di Yussouf; piace, perché così è!

 

 

This-integrazione
Là bas - Educazione Criminale – (Là-bas)
regia Guido Lombardi
con Kader Alassane, Moussa Mone, Ester Elisha, Billy Serigne Faye, Fatima Traore, Salvatore Ruocco
distribuzione Cinecittà Luce
genere drammatico
lingua italiano
colore colore
anno 2011
durata
100'
Gubbio (PG), Cinema Astra, 3 maggio 2013

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