“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 21 December 2019 00:00

L'ultimo Allen, romantico nichilista

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Fare cinema, nel suo senso profondo e primevo di creare immagini significanti, oggi è più difficile che mai: la concorrenza di tv e web produce un sovraccarico di fonti.

Eppure Woody Allen, signore di ottantaquattro anni suonati, continua imperterrito per la sua strada nonostante le tormente che periodicamente si abbattono sulla sua vita privata e travolgendo, ingiustificatamente, la sua altissima produzione artistica: come è il caso di A Rainy Day in New York, girato nel 2017 e rilasciato solo nel 2019, senza ancora una distribuzione americana, un film profondamente alleniano che riesce, con magnifica nonchalance, a fare denuncia sociale mascherata da commedia romantica, e contemporaneamente restituire in entrambi i casi un’opera eccellente.
Così, dopo aver decostruito Harry, oggi continua a decostruire Manhattan alzandone il velo e scoprendo tutto il marciume finto intellettualistico: eppure nello stesso momento Allen restituisce personaggi ancora una volta perfettamente bilanciati e sacrificabili sull’altare del suo senso, e intrisi di quell’ironia corriva e deliziosamente cinica che dai suoi esordi ha continuato a perfezionare. In questo senso, il Gatsby di Timothèe Chalamet non è diverso o troppo lontano da quello di Scott Fitzgerald: se lì si scoperchiava l’età del jazz portandola dritta alla crisi di Wall Street del 1929, qui ci si aggira nelle strade che portano alle feste di un’high society ancorata a un’opulenza di facciata che nasconde torbidi segreti. La grandezza di Allen autore sta proprio qui: guardare sempre le stesse cose − le storie d’amore − senza smettere mai di cambiare prospettiva e ottica, trovando così sempre nuove angolature e nuovi sensi, usando l’emozione più dolce come grimaldello per una società culturale che trotta allo sbando. Il tutto con una scrittura esplosiva: dialoghi mitraglianti, filosofia spiccia mai banale, acutissima rilevazione della società si sposano con una macchina da presa silenziosamente asservita ai suoi oggetti del desiderio. Le luci variano cromatismi a seconda dello stato d’animo di chi è in scena: la fotografia inganna e scivola lentamente in composizioni pittoriche che lasciano senza fiato; e la tecnica diventa sopraffina, basterebbe anche solo quel lento pianosequenza iniziale di cinque minuti circa impercettibile e prezioso, con il quale Allen rilegge lo stesso Allen aggiornandolo al 2019.
Ottuagenario senza macchia e senza paura, il regista di Crimes & Misdemeanors sembra ciclicamente rinascere come una fenice: regista con un imprinting autoriale talmente forte e sedimentato da superare le contingenze della storia e prendere forma dovunque e con chiunque, dal personaggio al museo, dal meteo alla musica. In questo modo la materia narrativa diventa fluida e scorre in una sorta di educazione sentimentale dove ora prende il sopravvento la scrittura ora l’immagine, sempre morbidamente servita da una fotografia illuminante (quella del fedele Storaro), svolgendo una narrazione che sorprendentemente è insieme romantica e nichilista, tenera e durissima: così come gli interni diventano esterni, senza soluzione cromatica di continuità, il privato si confonde con il pubblico attraverso la figura del regista in crisi esistenziale o lo sceneggiatore tradito da una moglie che non ama più, e A Rainy Day sembra perciò assumere le sembianze del film definitivo di una poetica, quella alleniana, che dopo più di quarant’anni non cessa di stupire, trasformarsi pur rimanendo uguale, centrarsi e diventare magniloquente, eccellente lezione di cinema.





Un giorno di pioggia a New York (A Rainy Day in New York)
sceneggiatura e regia
Woody Allen
con Thimotée Chalamet, Elle Fanning, Selena Gomez, Rebecca Hall, Cherry Jones, Jude Law, Diego Luna, Liev Schreiber, Kelly Rohrbach, Will Rogers, Suki Waterhouse, Annaleigh Ashford, Taylor Black, Kathryn Leigh Scott, Jacob Berger
fotografia Vittorio Storaro
montaggio Alisa Lepselter
scenografia Santo Loquasto
costumi Suzy Benzinger
produzione Gravier Productions, Perdido Productions
distribuzione Lucky Red
paese USA
lingua originale inglese
colore a colori
anno 2019
durata 92 min.

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