“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 04 February 2019 00:00

“La favorita”? Tra i film caldamente consigliati

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La classe sociale e la reputazione, le ambizioni e le aspettative, il potere ed il servilismo. Ognuna delle componenti che rinsaldano o abbelliscono la facciata della vita pubblica di ogni personaggio è svelata o occultata, mescolata, sacrificata o incondizionatamente accettata come unico scopo e motivo d’esistenza, in una misura relazionata a calcoli estremamente minuziosi. Ed è quasi del tutto naturale che sia sempre il personaggio ad incidere sulla personalità e a plasmare la vita privata dell’individuo, anche se inizialmente potrebbe sembrare il contrario.

La trama fiorisce sulla volontà di Abigail Masham, interpretata da Emma Stone; dama caduta da tempo in disgrazia a causa dell’irresponsabilità del defunto padre, causa del suo indegno e mortificante destino, di modificare le proprie misere e sfortunate condizioni di esistenza, inserendosi nel contesto di una corte in perenne fibrillazione per le questioni legate alla guerra con la Francia (unico vero, seppur filtrato contatto con una realtà che si trova ben oltre le mura dell’imponente e sfarzoso palazzo), e il parassitario, privilegiatissimo stile di vita di una nobiltà dissoluta e sprezzante.
Si tratta così molto dell’iconico e manierato evolversi, o involversi, di questo personaggio in relazione al grave errore di valutazione che la favorita della regina Sarah Churchill (Rachel Weisz) ha commesso nei suoi riguardi. La più subdola scalata al potere e al successo sociale è incalzata dal favorevole clima che si respira nelle regali stanze, e imperniata sul dubbio costante riguardo il vero, primigenio temperamento di una giovane donna in cerca di riscatto e, come tutti i maggiori personaggi, di un agiato stile di vita, nell’avvicendarsi di eventi e nell’emergere di un’emotività convulsa e stratificata che lotta incessantemente con un cuore indurito dalla spietatezza e dal feroce materialismo della corte, in questo caso quella inglese. Gli allineamenti, o il contrasto fra originari caratteri e costruite attitudini, giungono alla nostra percezione nei panni di esseri umani del più svariato genere, ma conformati alle stesse ossessive mire che si controcono nell’estrema fatica di raggiungere una posizione che li renda intoccabili, e ponga definitivamente al sicuro i possedimenti paternalisticamente, e con interesse, concessi dall’alto. Il viso di Emma Stone viene beffato dalla caduta nel fango puzzolente all’arrivo dinanzi al palazzo, nello stesso modo in cui il candore della sua mente, comunque già in buona parte smaliziata per via delle umilianti esperienze di vita, si sporcherà completamente nella melliflua e insidiosa atmosfera della corte. La complessa caratterizzazione del suo personaggio si protrae in modo significativo sino al termine del film, portando alla luce molti aspetti di quel mutamento interiore il cui grado è oscuro, e non arrivando mai ad esaurire la complessità di quell’essere sospeso fra colpevoli, riprovevoli decisioni e un forzato adattamento alle situazioni esterne per puro istinto di sopravvivenza.
Dove si trova, dunque, il confine tra strafottenza e genuinità, tra opportunismo e fato? L’amara e luccicante commedia di Yorgos Lanthimos fa girare illustri e miseri personaggi in un carosello di intrighi e ingegno, infantilismo e indicibili bassezze. Tutto ruota intorno ad un centro vacuo, indifferente al sentire di ciascuno, come una giostra inarrestabile su cui siedano uomini e donne automi, interamente assorbiti dal proprio compito, perversi dal continuo vizio con cui cercano di riempire le loro stesse vite, rifuggendo la noia nella sottile ironia e in un intrattenimento fantasiosamente trash. Nella quasi totale impossibilità di donare la propria fiducia a chicchessia, nella solitudine di ogni ipocrita o troppo frenata relazione, l’opera indaga profondamente anche in questa sorta di spirito collettivo che anima tutto l’insieme dei protagonisti, tra cui splendono le due attrici e la “regale” interpretazione di Olivia Colman (nel ruolo della regina Anna di Gran Bretagna), in mezzo ad altri adeguati rappresentati di quell’assurdo ed effimero gruppo umano in cui l’unico sentimento a recare tracce di nobiltà e veridicità è probabilmente quello dell’originaria favorita nei confronti della propria regina, per quanto anch’esso deformato dall’esigenza di mantenere il proprio eccelso posto a corte e da un’etichetta al di sotto della quale si cela malamente il tentativo di manovrare e dunque volgere il potere effettivo al servizio dei propri interessi e delle proprie idee, con una scaltra e indomita battaglia che all’apparenza sembrerebbe non poter essere contrastata in alcun modo. L’andamento della narrazione, come il principio che ne scandisce la prospettiva, si attesta su di un piano estremamente attuale proprio grazie alla sottile abilità del suo autore, che non cede mai all’autocompiacente tentazione di calare quell’aria vetusta, fabbricata da così distanti regolamenti sociali e punti di vista, in un affastellamento di inutili intellettualismi o imbarazzanti inserti contemporanei, facendo bensì della riflessione puntuale e ricercata sull’umano, sulla politica e sulla società, la chiave di lettura di una serie di considerazioni sempre valide.
Tutto ciò può avere luogo solo in tale sofisticata ma agevole cornice estetica, in una composizione visiva diretta da uno studio fine dei dettagli e da una spettacolare fotografia di interni, e su di una base espressiva intrecciata a scelte di un’ironica leziosità, assolutamente funzionale alla rivelazione della verità più cocente, elargita in spregiudicati dialoghi e nel lampante quanto intricato scenario psicologico che ci viene mostrato sin dal principio della storia. Ne La favorita, in perfetta armonia con le musiche scelte, gli occhi del regista intessono in un quadro che omaggia talvolta le visioni di Kubrick con uno sguardo lucido e intenso (come nella scena del rubicondo uomo nudo che i nobili colpiscono per gioco con una valanga di arance), la più evidente desolazione e la sciagurata tragedia di quell’umano vortice di infelicità e sofferenze, facendo di questo lavoro una voce inedita e intrigante all’interno di quella nutrita schiera di pellicole inserite nel genere storico riferito al diciottesimo secolo, e indipendentemente da esso. Fra i diversi spunti, balzano agli occhi lo squallore e la disperazione di una vita inautentica asservita ai più volgari e vani tornaconti, toccando punte di sadico divertimento nei protagonisti della storia (e negli stessi spettatori), all’interno di una condizione in cui l’inarrivabile egoismo, il preconcetto sociale e il meschino camuffamento di beceri scopi personali sono ciò che più di ogni altra cosa fa di quegli individui grottescamente imbellettati dei reali e disgustosi porci.

 




La favorita (The Favourite)
regia Yorgos Lanthimos
sceneggiatura Deborah Davis, Tony McNamara
con Olivia Colman, Emma Stone, Rachel Weisz, Nicholas Hoult, Joe Alwyn, Mark Gatiss
fotografia Robbie Ryan
scenografia Fiona Crombie
costumi Sandy Powell
produttore Ceci Dempsey, Ed Guiney, Lee Magiday, Yorgos Lanthimos
casa di produzione Element Pictures, Scarlet Films, Film 4, Waypoint Entertainment
distribuzione 20th Century Fox
paese Irlanda, Regno Unito, Stati Untiti d’America
lingua originale inglese
colore a colori
anno 2018
durata 120 min.

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