“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 11 May 2018 00:00

Il viaggio di periferia con Agnès Varda

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Visages, villages è un documentario di Agnès Varda, regista e sceneggiatrice belga presto trasferitasi con la famiglia in Francia, e di JR, fotografo e artista visuale dell’Île de France di origine maghrebina. La Varda fa parte dei miti cinematografici del Novecento, avendo stretto rapporti professionali e amicali con diversi esponenti della Nouvelle Vague ed essendo pioniera del genere forse più noto, e certo più mitizzato, dagli  intellettuali, del Novecento.

La delicatezza ed originalità della Varda di fare cinema e di trattare tematiche inerenti alle donne fa sì che la si possa annoverare tra le prime registe femministe del secolo scorso. Sarà bene sottolineare che la regista belga di origine greca è del 1928 e che il film, girato nel 2016-2017, ci dona i suoi ottantototto/ottantanove anni. Sensazionali la lucidità, la verve, l’entusiasmo, la presenza e tenuta fisica, l’instancabilità, la creatività, la dolce sensualità, l’interesse verso l’altro che ella ha comunicato durante tutta l’opera. Suo compagno di viaggio attraverso la Francia dei luoghi contadini, industriali, piccoli, periferici è il trentatreenne, originale ed apprezzato, JR che con i suoi collage fotografici vuole riportare al centro della propria riflessione estetica le persone e le relazioni e sottolineare l’importanza della presenza, della tangibilità degli sguardi e delle espressioni.
Entrambi sono dunque maestri dell’immagine e della rappresentazione, in maniere diverse, con mezzi diversi. E così, dal loro incontro, nasce l’idea di girare la Francia, ma non le sue metropoli, le città e i luoghi più importanti e rinomati dal punto di vista architettonico, culturale, naturalistico, bensì i suoi angoli meno noti o dimenticati, quelli in cui il progresso arriva poco, arriva dopo, non arriva proprio, o arriva, anziché ad aggiungere senso e valore, a togliere possibilità, lavoro, sogni e dunque identità. E allora i due partono con il furgone fotografico di JR, con l’intento di stampare delle fotografie di persone a dimensione reale ed attaccarle sui muri dei posti che incontreranno. Essi si recano prima verso il profondo Nord dove abbondavano un tempo i minatori le cui case sono ora completamente disabitate, tranne una, quella della figlia di uno di loro che resiste, fiera e dignitosa, nella sua casetta a schiera di mattoncini, unica con le finestre aperte in un fila lunghissima di case oramai fantasma. Una comunità disgregata, privata della sua quintessenza, quel lavoro duro e ingrato ma accomunante, non sostituito o ricreato da altro. Questa lunghissima palazzina a schiera riacquista espressione e vita grazie alle gigantesche fotografie degli abitanti del paesino incollatele sopra. La carta è deperibile, consumabile dagli agenti atmosferici, ma non importa. L’immagine resta impressa nella mente e nei cuori di chi la ammira e il film la rende immortale.
“Ogni volto racconta una storia” dice, con illuminante semplicità, la Varda. Ogni volto di ogni luogo in questo road movie anche. I due si affidano al caso e all’intuito per definire, rigorosamente in itinere, le destinazioni del viaggio. Si dirigono, dopo il grigio Nord, verso il sole del Sud, in Provenza, parrebbe, in uno di quei paesini che sembrano dipinti, baciati dal sole e pieni di fiori, dove la vita scorre lenta e serena. È poi la volta delle campagne e dell’agricoltura, elementi molto importanti per la Francia e i francesi. Anche l’attività agricola e l’allevamento stanno subendo le torsioni del progresso: nei campi si lavora sempre più in solitudine, per tagliare i costi e massimizzare la produzione, visto pure che i macchinari evoluti lo consentono; si tagliano le corna alle capre, per evitare che si scontrino e battano, alterando così la loro morfologia e la natura stessa di questi animali, sempre per aumentare, tenendole come in batteria, la produzione di latte. Questo film è dunque anche, in maniera non diretta né polemica, una critica all’esasperazione della velocità e alla società dei consumi il che gli aggiunge potenza e bellezza. Ma Visages, villages è prima di tutto la storia di affetti: quello che nasce, man mano, tra Agnès e JR il quale a un certo punto ci tiene a farle conoscere la vecchia nonna cui è affezionatissimo; quello di JR per l’osservazione e la comprensione del mondo e delle persone; quello della Varda per i gatti, per il suo amato Jacques Demi, per l’amico Godard, uomo dal pessimo carattere che difatti non la accoglie dopo averle dato appuntamento, facendola piangere; per la Normandia, le sue maree e il suo vento, per i ricordi di gioventù e le foto scattate lì all’amico Guy Bourdin, che diverrà poi un noto fotografo di moda.
Una poesia di luoghi, tempi, persone, esseri viventi, comunità, sentimenti dimenticati oppure sempre più rari. Ciò è, in sintesi finale, Visages, villages e d’altronde, è il titolo stesso a dire quanto il “piccolo” sia importante e quanto un volto esposto all’interrogazione può divenire un ricordo e dare la saldezza e la dolcezza delle radici; può divenire un collante di piccole comunità, o invece costituire un’induzione della permanenza e quindi una proiezione verso il futuro. Ciò che serve magari per farci finalmente fermare a riflettere e tornare a valori diversi, riti lenti, luoghi semplici.

 

 

 

Visages, villages
regia e sceneggiatura Agnés Varda, JR
con Agnés Varda, JR
fotografia Claire Duguet, Nicolas Guicheteau, Romain Le Bonniec, Valentin Vignet
montaggio Maxime Pozzi Garcia
musiche Matthieu Chedid
produzione Ciné Tamaris, JRSA, Rouge International, Arte France Cinema, Arches Films
distribuzione Cineteca di Bologna
paese Francia
lingua originale francese
colore a colori
anno 2017
durata 89 min.

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