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Tuesday, 27 June 2017 00:00

Strategie del desiderio tra trailer e film

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Nel campo degli audiovisivi già da qualche tempo stanno uscendo numerose analisi riguardanti le sigle che, soprattutto nelle serie televisive, hanno raggiunto elevati livelli di complessità e, quel che più importa, a volte incidono in maniera rilevante sul film o sulla puntata che introducono. Martina Federico con il suo ultimo libro si sofferma invece su un altro testo audiovisivo importante: il trailer.

Nel saggio i trailer sono esaminati sia per la loro natura pubblicitaria, di invito a visionare i film, che, ed è l'aspetto più interessante, per il dialogo che essi stabiliscono con il film a cui fanno riferimento. “È nello scarto tra trailer e film che va a inserirsi questo libro, il cui scopo è indagare il rapporto tra i due testi come se fossero presi in un interrotto dialogo reciproco. [...]. L’idea di partenza è che c’è sempre una domanda che il trailer pone, a cui il film tenta di rispondere. In quest’ottica, il film si presenterebbe dunque come una sorta di soluzione a un quesito” (p. 13).
Lo scopo commerciale del trailer è, ovviamente, quello di indurre lo spettatore a visionare il film (funzione seduttiva) ma, una volta che ciò è stato ottenuto, una volta visionato il film, inizia quella che la studiosa definisce la “seconda fase” del trailer. Nel libro “il trailer viene indagato soprattutto dal punto di vista della storia che racconta rispetto al film di riferimento, secondo il parametro della chiarezza (comprensibilità di quello che mostra) e della fedeltà (rispetto al film), e dei loro possibili incroci. Il trailer entra nel film, lo sventra, lo ricompone, lo remixa e, così facendo, in qualche modo condiziona lo spettatore con la sua storia, anche solo rispetto a un’attesa di vedere confermata, capovolta, sviluppata una narrazione, oppure semplicemente soddisfatta una curiosità” (p. 13).
Ad interessare, insomma, è il rapporto che si instaura tra trailer e film una volta che lo spettatore ha avuto modo di vedere in sequenza entrambi. Quando ci si appresta a visionare il film, il trailer si è ormai innestato nella memoria e ciò non può che incidere, in qualche modo, sulla visione del lungometraggio. Si tratta di due testi dialoganti ed è di questo rapporto che, in definitiva, si occupa il libro.
Nella prima parte del volume la studiosa presenta le operazioni teoriche del trailer inteso come “traduzione sintetica” del film visto il suo derivare dal lungometraggio attraverso una sintesi di scene ed elementi, più o meno, tratti dal testo filmico e (ri)montati nella “nuova lingua” imposta dal formato breve. Il trailer si mostra dunque come seducente “testo incompleto” che solletica lo spettatore affinché lo completi visionando il film.
Nella seconda parte del libro vengono proposte numerose schede d'analisi di trailer pubblicate originariamente da Segnocinema e Huffington Post Italia. Del trailer vengono prese in considerazione la storia che racconta (nel caso lo faccia) ed il modo in cui lo fa, rispetto al film vero e proprio. Il trailer viene analizzato sia prima che dopo la visione del film, dunque viene realizzata una comparazione tra i due testi.
Nella terza parte del volume vengono ripresi gli snodi teorici analizzati nella prima parte in chiave applicativa alla luce di ciò che è emerso dalle analisi dei trailer giungendo così al rapporto trailer-film.
Se il trailer viene inteso come “traduzione sintetica” del testo di partenza (il film), inevitabilmente esistono varie possibilità di traduzione; il trailer può, ad esempio, scegliere di tradurre più o meno linearmente soltanto la trama del lungometraggio o di proporre soltanto alcuni suoi aspetti, può optare per tradurre il mood, la cifra stilistica, oppure fornire una chiave di lettura offerta da un soggetto esterno al film, come ad esempio una nota critica. “In qualunque modo un trailer cerchi di tradurre un film, esso sarà comunque un testo diverso, nuovo, ma soprattutto un testo incompleto: la storia (o non storia) che ci presenta andrà di pari passo con il suggerimento che ciò che vediamo è solo frutto di una scelta (in certi casi più e in certi altri meno evidente). Ed è la combinazione tra le scene a fornircene la spia” (p. 31).
Schematicamente si possono individuare, secondo la studiosa, una modalità narrativa ed una antinarrativa di trailer: nel primo caso si racconta una storia chiara e lineare, nel secondo si fa leva piuttosto sull'incomprensione e sull'insorgenza del dubbio. Esiste poi un caso intermedio in cui abbiamo sì elementi di storia chiara ma con qualche “mancanza” in termini di spiegazione della vicenda che, si presuppone, sarà chiarita nel corso del film.
Il trailer, essendo derivato dal film, è inevitabilmente un atto di montaggio; più quest'ultimo si presenta invisibile, più la storia appare coerente e indiscutibile, mentre più la storia esposta dal trailer presenta lacune o discrepanze, più risulta evidente l'incidenza del montaggio ed il suo giocare con la materia filmica e minore è il suo vincolo con il film. Dal punto di vista del ritmo del trailer, solitamente, più appare serrato, meno risulta leggibile la storia ed in tal caso l'effetto seduttivo si gioca proprio nel rimandare alla visione del film “per capire finalmente qualcosa” di ciò che non ci viene spiegato dal trailer.
La sequenza visione del trailer a cui fa seguito la visione del film, fa sì che la conclusione del primo si proponga come sospensione in attesa dell'avvio del lungometraggio. Proprio come accade con lo stacco tra l'incipit ed il film è nello “stacco”, sostiene Martina Federico, che si genera il “desiderio narrativo”. Il trailer può essere allora inteso “come un grande incipit con stacco, che con la sua interruzione lascia un desiderio di storia. È come se il trailer rimanesse in memoria, in modo subliminale fino alla visione del film. Tra trailer e film rimane un discorso aperto tenuto insieme lungo un tempo variabile da un filo invisibile. A seconda di quanto e se sarà chiaro il tema o la trama o entrambi, emergerà un desiderio e una domanda diversi, più o meno specifici” (p. 39).
Il trailer racconta, in qualche modo, una sua storia che può essere più o meno fedele al film e lo scarto lo si avverte soltanto nel corso della visione di quest'ultimo. “Qualunque storia (o non storia) scelga di raccontarci, un trailer, a causa della sua strutturale incompletezza (più o meno visibile), alimenterà costantemente la sua tensione verso il film” (p. 41).
Se si hanno due tipi principali di trailer (narrativo ed antinarrativo), esistono anche due diverse modalità di agire sulle passioni dello spettatore determinanti due diverse attese di completamento; nel caso del trailer narrativo si gioca sul desiderio di verificare nel film la storia preannunciata come chiara, mentre nel caso antinarrativo si fa leva sul dubbio, sul desiderio di completare quanto non è trapelato dal trailer. Esiste però, come detto, una terza via data dai trailer che presentano una storia parzialmente chiara ma con alcuni elementi incongrui che ne minano la coerenza al punto tale da indurre lo spettatore a cercare spiegazioni nel film. Tale categoria ibrida può essere, secondo la studiosa, a sua volta scomponibile in ulteriori sottocategorie in base al tipo di lacune presenti (centrali o finali).
Se si considera il rapporto trailer-film come un continuum, in tutti i modi il desiderio dello spettatore “poggerà su ciò che egli spera sia saziabile in futuro e che, parallelamente, funziona come base per la verosimiglianza del trailer. Dal punto di vista di chi produce il desiderio è importante che, da una parte sia in grado di fermarsi al punto giusto, ma che dall’altra resti all’interno di una restituzione realistica dell’oggetto di desiderio. La seduzione riuscita lascia infatti intravedere qualcosa che realmente esiste, altrimenti è inganno e, retroattivamente, fallisce. A meno che il film non valga il prezzo dell’infedeltà” (p. 46).
In questo gioco del desiderio, si può dire che il trailer funzioni da domanda a cui il film deve dare risposta. Se in un primo tempo il trailer rinvia al film, poi è il film stesso a rinviare al trailer ed il volume di Martina Federico ragiona su questo interessante rapporto che si viene a creare tra due testi capace di dare vita ad un intricato gioco interpretativo in cui i ruoli di testo e paratesto si scambiano di posto. “È un rimando reciproco perché se all’inizio è il trailer che invita al film, poi è il film che riporta al trailer, come sottolinea lo stesso Genette quando afferma che 'il paratesto in realtà non esiste, si sceglie piuttosto di rendere conto in questi termini di un certo numero di pratiche o di effetti per ragioni di metodo e di efficacia'. In questo spazio culturale immaginario, testo e paratesto riescono dunque a diventare di volta in volta l’uno il riferimento dell’altro, perché dinamico è l’occhio di chi li osserva e di chi ne fa esperienza. Ed è per questo che possiamo dire che la funzione del trailer non finisce nel momento in cui riesce a condurre gli spettatori al cinema (prima fase) perché è proprio qui che prende avvio il vero dialogo con il testo-trailer, ora verifica del testo-film (seconda fase)” (p. 47).

 



 

 

Martina Federico
Trailer e film
Strategie di seduzione cinematografica nel dialogo tra i due testi

Mimesis, Milano – Udine, 2017
pp. 232

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