“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 24 March 2017 00:00

Milioni, fantasmi e riflessioni

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Non ti pago è l’ultima commedia dell’impareggiabile Eduardo De Filippo ad essere stata diretta e messa in scena dal figlio Luca, prima della sua prematura scomparsa. La compagnia ha deciso di continuare a portarla in giro per l’Italia, per omaggiare così l'artista napoletano e il suo desiderio – nonché il genio di suo padre.

Così la moglie Carolina Rosi, figlia del regista Francesco Rosi, e Gianfelice Imparato – attore formatosi proprio con Eduardo, che già durante la malattia di Luca lo aveva sostituito sul palco − riportano in vita donna Concetta e don Ferdinando Quagliuolo, in quella mutevole, grottesca, imperitura commedia umana che Napoli tutta incarna e che Eduardo ha saputo tratteggiare con sapienza e leggerezza, con antropologica unicità.
Don Ferdinando possiede un'attività commerciale: ha un banco lotto. Egli gioca spasmodicamente i numeri, con la speranza di ottenere una grossa vincita e assicurare maggiore agio alla sua famiglia, e poter maritare sua figlia Stella. Come si pensava e faceva una volta, insomma... Si dà il caso, purtroppo, che al gioco sia particolarmente sfortunato. Don Ferdinando ha alle sue dipendenze un giovane, Mario Bertolini, il quale gestisce il banco lotto e sembra invece avere una fortuna notevole coi numeri: gioca e vince; gioca e vince.
L'invidia di don Ferdinando si alimenta anche della gelosia che nutre per il giovane, innamorato (e ricambiato) della di lui figlia Stella. La pentola scoppia allorquando Mario vince addirittura quattro milioni di lire. A questo punto entrano in campo gli elementi gestuali, dialogici, simbolici della inesauribile tradizione scaramantica napoletana. Don Ferdinando cocciutamente avoca a sé la vincita, sottraendo il biglietto al legittimo proprietario il quale aveva dichiarato che il padre di Don Ferdinando gli era apparso in sogno indicandogli I numeri da giocare. Ma don Ferdinando non ci sta: controbatte che il padre in sogno si è sbagliato e che avrebbe senz'altro voluto dare i numeri a lui, suo figlio. Da qui scenate, risibili minacce al povero Bertolini, reo di avere vinto e, soprattutto, di volere la mano della figlia. Sua moglie, donna Concetta, chiama in causa il prete che cerca inutilmente di fare cambiare idea all'ostinato e irragionevole don Ferdinando il quale chiama invece un avvocato dal quale pretende dichiarazione in tribunale sulla volontà reale del padre in sogno. L'avvocato ovviamente si rifiuta, mentre il prete cerca, ancora, di fargli capire che c'è differenza tra sogno e realtà, come tra umano e divino, introducendo, in riferimento all'atto poco ortodosso di Ferdinando, anche il tema dell'assoluzione divina con la frase: “Errare è umano, dimenticare è divino”. Ma non c'è nulla da fare... don Ferdinando prosegue con il suo divertente delirio definendosi “padrone e dominatore assoluto del biglietto!”. E visto che non trova sostegno né nella legge divina, rappresentata dal prete, né in quella umana, rappresentata dall'avvocato, decide di minacciare Bertolini con una pistola che per fortuna non provoca danni né feriti. Temendo ripercussioni legali per il gesto, restituisce il biglietto al legittimo proprietario, accompagnandolo però con malauguranti auspici che colgono nel segno. A Bertolini iniziano a capitare sventure che determinano infine il riconoscimento a don Ferdinando della vincita. Il biglietto vincente diventa una metaforica patata bollente, un fastidio, un pericolo, come un ospite ingombrante, e passa in secondo piano, per lasciare spazio alla questione davvero importante, ovvero il coronamento del sogno d'amore dei due giovani innamorati, Mario e Stella, che si realizza, grazie al paziente e sagace lavoro di donna Concetta. E i quattro milioni saranno donati da don Ferdinando proprio ai futuri sposi.
Tanto rumore per nulla, verrebbe da dire, ma è nel dispiegarsi degli eventi, nei modi in cui questi vengono agiti, che si gioca la differenza, e si vedono i valori e le doti della scrittura e della recitazione. Da questo punto di vista, la capacità di creare situazioni emotive e sociali da eventi ludici o trascurabili e di farle durare giorni e giorni è precipua del modus partenopeo e notevolissima. Non smette di stupirmi la varietà di declinazioni che essa può assumere. La compagnia di Luca De Filippo riesce a renderle piuttosto bene: gli attori recitano in maniera pulita ed efficace; la coralità tipica delle commedie eduardiane è pienamente rispettata. L'affiatamento e l'equilibrio tra i membri del gruppo è tangibile, il genio di Eduardo traspare e traspira.
La scenografia è costituita da nuvole dai colori pastello, con il rosa a farla da padrone e mobili dal sapore antico. Viene inoltre utilizzato l'espediente molto classico, che definirei – forzando il senso del termine – mainstream, dei tuoni che scandiscono i momenti topici, andando a scurire questa atmosfera fiabesca e quasi surreale.
Il registro linguistico è dolcemente antiquato (la commedia è del 1940), ma scoppiettante; la rappresentazione dei rapporti umani, e dei sentimenti che li sostengono, è tradizionale, di tipo patriarcale, ma si vede che sono le donne, in fin dei conti, a gestire ed orientare in maniera furba e sorniona le situazioni che contano, pur se dalle retrovie. Si vede pure che la realtà oggi è, per fortuna, altra e non passa più per le categorie tradizionali del verticalismo familiare maschilista con l'uomo in cima a decidere formalmente tutto e a zittire la donna, in virtù del potere cultural-economico dato dal fatto di essere l'unica persona a lavorare e a occupare i posti socialmente più rilevanti, e che i modelli culturali sono in lentissimo, ma costante, mutamento.

 




Non ti pago
di Eduardo De Filippo
regia Luca De Filippo
con Carolina Rosi, Viola Forestiero, Nicola Di Pinto, Federica Altamura, Andrea Cioffi, Gianfelice Imparato, Massimo De Matteo, Carmen Annibale, Paola Fulciniti, Gianni Cannavacciuolo, Giovanni Allocca
scene Gianmaurizio Fercioni
costumi Silvia Polidori
musiche Nicola Piovani
luci Stefano Stacchini
aiuto regia Norma Martelli
aiuto scene Olivia Fercioni
aiuto costumi Pina Sorrentino
foto di scena Masiar Pasquali
produzione Elledieffe
lingua napoletano, italiano
durata 2h
Bologna, Arena del Sole, 17 Marzo 2017
in scena dal 16 al 19 marzo 2017

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