“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 08 March 2013 04:12

I vivi non fanno sempre ridere

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C’era una volta un re, signore del regno incantato del teatro, sovrano assoluto del palco, affascinatore di platee. Sotto il suo impero, le storie povere e piccolo borghesi di Napoli sono diventate storie immortali. Al solo pronunciare il suo nome si pensa già a tutto il ridere, di ogni cosa e in qualsiasi maniera. C’era una volta Eduardo De Filippo. Oggi non c’è. Di lui restano le testimonianze televisive con l’eterno ripetersi degli spettacoli, i testi scritti e i ricordi di molti.

Di lui non c’è nessuno che possa ripeterne le imprese, nemmeno un uomo di teatro di provata esperienza come Alfonso Santagata. Ma non era certo sua intenzione riproporci De Filippo come avrebbe pensato di fare un dilettante; Santagata ha lavorato sul testo e la messinscena per proporre due atti unici di Eduardo in una chiave più grottesca, creando un suo spettacolo dal titolo Requie all’anema soja. Sono due gli atti unici proposti: I morti non fanno paura e Il cilindro, entrambi basati sul tema della morte, morte reale e apparente.
Lo spettacolo parte molto bene. La musica si fonde con le lacrime e con le luci che si accendono e si spengono offrendoci diverse scene di dolore, da varie prospettive e con diversi personaggi. Ritrovato forte e anche un po’ cinematografico, davvero di bell’effetto. Potrebbe essere l’introduzione ad uno spettacolo nuovo, più complesso ma Santagata sceglie di rimanere nella semplicità della commedia, anzi di semplificarla ancora di più, tagliando i momenti riflessivi come il colloquio tra don Raffaele e il dottore e aggiungendo ritrovati che possano facilmente invitare al riso, come la comparsa di una vicina di casa iettatrice, interpretata da un uomo. Il dottore stesso, avendo perso molte delle sue battute, diventa un personaggio bizzarro: dedito alla medicina naturale, non si ferma un attimo sul palco, forse perché camminare è salubre o forse perché fare cose insensate in scena è sinonimo di teatro d’avanguardia. Alla fine dell’atto non è molto chiaro perché i morti non facciano paura ma forse non dovrebbe interessarci, il titolo dello spettacolo è Requie all’anema soja.  Anche il cilindro perde di valore nella seconda parte. Alfonso Santagata lo porta sul capo ma non riesce a dargli l’importanza che merita, non fa di esso un personaggio. La storia del cilindro si perde nello svolgersi dell’azione e non si bada tanto ad essa. Anche in questo caso, però, potremmo non considerare quanto sia presente il cilindro, lo spettacolo si chiama Requie all’anema soja. Ma a quella di Eduardo De Filippo? Se nella prima parte dello spettacolo qualche soluzione comica c’è stata, qui non si ride mai. Forse per una parolaccia di Bettina, riferita al suo modo di preparare il ruoto di patate. I momenti più divertenti li crea la iettatrice che, scendendo in platea tra il primo e il secondo atto, interagisce con il pubblico invitando tutti ad assaggiare al bar mortifere prelibatezze.
L’omaggio al sovrano del teatro napoletano è comunque un po’ fiacco. I personaggi forzatamente buffi, i travestimenti, le parolacce volevano creare il grottesco e invece hanno dato alla rappresentazione teatrale l’aspetto di uno spettacolo d’animazione da villaggio turistico. Gli attori/animatori dilettanti, che dilettanti poi non sono, si cimentano nella commedia napoletana e intrattengono per poco più di un’ora il pubblico ma poi lo lasciano a mente vuota.

 

 

 

Requie all’anema soja

di Alfonso Santagata

tratto da I morti non fanno paura e Il cilindro

di Eduardo De Filippo

con Alfonso Santagata, Maria Chiara Di Stefano, Rossana Gay, Massimiliano Poli, Johnny Lodi, Antonio Alveario

assistente alla regia Chiara Senesi

direzione tecnica Francesco Margaro

durata 90' (con intervallo)

Napoli, Teatro Nuovo, 5 marzo 2013

in scena dal 5 al 10 marzo 2013

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