“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 30 January 2016 00:00

"Source Code": si muore davvero?

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Avete mai visto un film alla fine del quale non riuscivate a far altro che dire “che bello!”? Io si. E quel film è Source Code di Duncan Jones. Devo ammetterlo, all’inizio ho un po’ arrancato a capire cosa stesse succedendo. Ero confusa quasi quanto il protagonista che crede di essere in Afghanistan, ma si trova legato in una capsula in collegamento con una base governativa anche se qualche minuto prima era seduto su un treno.

Ben presto però i pezzi del puzzle sono andati al loro posto e io sono rimasta circa novanta minuti incollata allo schermo. Mi è piaciuto così tanto che non riuscirei a trovare alcun “però”. È bella la storia, bella l’interpretazione, belli gli attori. Bello tutto. Una trama fatta di eventi identici a se stessi e sempre diversi. Caotica e a volte difficile da comprendere eppure stranamente chiara. È la storia del capitano Colter Stevens (Jake Gyllenhaal), pilota dell’aeronautica statunitense che si sveglia di soprassalto su un treno con le sembianze di un altro uomo e in compagnia della bellissima e sconosciuta Christina (Michelle Monaghan). Otto minuti dopo, un’esplosione e il capitano Stevens si ritrova in una capsula in collegamento con una base militare che lo sta utilizzando per l'operazione “Source Code”: sventare un attentato annunciato a Chicago scoprendo chi ha piazzato la bomba sul treno in cui il capitano viaggiava nei panni di uno sconosciuto. Come? Facendogli rivivere, spostando la sua personalità nel corpo della vittima, gli ultimi otto minuti di vita del maestro di storia Sean Frentress, quegli ultimi otto minuti di ricordi che post-mortem restano "accesi" in un corpo ormai defunto. Otto minuti che si ripeteranno per quasi tutto il film, in cui non solo il protagonista cercherà di portare a termine il suo compito, cercando di volta in volta nuovi indizi per scoprire chi è l'attentatore, ma in cui scoprirà che in realtà anche lui è ormai morto e tenuto in vita solo col fine di sventare l'attacco.
Una pellicola che procede ripetendosi variando, che non annoia e che, nonostante il suo impianto fortemente psicologico a prima vista, non può far altro che coinvolgere emotivamente lo spettatore. Una trama ben costruita su due livelli differenti e strettamente interconnessi. Con il primo, quello psicologico, che dà forza al secondo, quello emotivo. Perché Source Code non è solo un’operazione governativa, ma è anche il giorno della marmotta del capitano Colter Stevens, che di volta in volta, di viaggio in viaggio, capirà qualcosa in più sul suo conto, cercherà di migliorarsi, di correggere le sue azioni. E infine riuscirà a guadagnarsi una nuova vita, non più nei panni di Colter Stevens ma in quelli di Sean Fentress in uno dei tanti universi paralleli, riuscendo non solo a cambiare il futuro permettendo l’arresto dell’attentatore, ma cambiando anche il passato, salvando le vittime dell’esplosione.  È un bel film, ma non si può spiegare bene perché lo è. È un film da vedere. E anche da rivedere perché qualcosa sfugge. E secondo me, in questo caso, è un peccato perdersi anche solo due secondi. Munitevi di fazzoletti però, è un consiglio. Io non ho faticato tanto a trattenere i singhiozzi neanche con Titanic. Ecco, un’altra cosa per cui vale la pena vederlo: combatte la ritenzione idrica. Insomma, che bello!

 

 

 

Retrovisioni
Source Code
regia Duncan Jones
soggetto Duncan Jones
sceneggiatura Ben Ripley
con Jake Gyllenhaal, Michelle Monaghan, Vera Farminga, Jeffrey Wright, Russell Peters, Michael Arden, Cas Anvar
produzione Mark Gordon, Jordan Wynn, Philippe Rousselet
paese USA
lingua originale inglese
colore a colori
anno 2011
durata 93 min.

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