“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 01 December 2015 00:00

""Inside Out": ma siamo solo emozioni?

Written by 

Devo ammetterlo, ho sempre avuto un debole per i film di animazione. Li giudico sempre un gradino sopra alla maggior parte dei film che le sale ci offrono. Sarà che sono ancora una bambina, nonostante l’anagrafe continui a sostenere che io sia nata nel 1989. Sarà che mi piace uscire dalla sala con uno stato d’animo sereno, magari anche con mezzo sorriso stampato in faccia. E forse il punto è proprio questo: il target. Il fatto che i film d’animazione siano rivolti ad un pubblico più ampio rispetto agli altri generi, fa sì che guardandoli ci sia assicurata almeno un’ora e mezza di piacevole visione. In fin dei conti nessun regista vorrebbe mai deludere un bambino, me compresa.

Questa volta però, dopo aver visto Inside Out, un po’ di delusione mi è rimasta. Sia chiaro, il film è molto carino e anche piuttosto originale, ma ho avuto come la sensazione che mancasse qualcosa. Procediamo per gradi però.
Inside out ci narra la storia di Riley, una bambina allegra e amante dell’hockey, che nasce in Minnesota e che all’età di undici anni si trasferisce con i genitori a San Francisco, luogo in cui sarà costretta a lasciare da parte il passato e ad iniziare una nuova fase della sua vita. L’originalità della sceneggiatura sta nel fatto che la protagonista, però, non è Riley, ma cinque simpatici personaggi che vivono nella sua testa. Cinque emozioni che, da un Quartier Generale e attraverso una consolle, guidano Riley e influenzano in maniera imprescindibile il suo processo di apprendimento, rendendola così la persona che è. Gioia, che cerca a tutti i costi di far vivere a Riley una vita perfetta, carica di ricordi felici, rappresentati nel film da perle dorate, in cui non sono contemplate esperienze negative; Tristezza, paffuta, ovviamente blu che cerca sempre di influenzare la vita di Riley; Disgusto, che sta bene attenta a farla stare lontana dai broccoli e tutto ciò che potrebbe avvelenarla; Paura, un essere viola che le permette di valutare le situazioni di pericolo e, infine, Rabbia, squadrata e rossa, pronta a farsi sentire quando le cose non vanno come Riley vorrebbe. Sarà però proprio Gioia a complicare le cose con la sua ostinata volontà di riempire la vita di Riley, la quale si aggrappa con le unghie e con i denti al suo passato felice che confligge con il suo presente solitario a San Francisco. Alla fine però, entrambe saranno costrette ad accettare gli inevitabili cambiamenti che la vita le ha messo di fronte, ad abbandonare così un passato di bambina rappresentato dall’amico immaginario Bing Bong, una creature di zucchero filato che piange caramelle e che si sacrifica capendo che per Riley è ora di crescere e accettando la tristezza. Una tristezza a cui a volte è necessario abbandonarsi per poter superare le difficoltà e per raggiungere la serenità. Una tristezza elaborata che inizierà a far parte dei ricordi un tempo solo felici di Riley e che ora, inevitabilmente, portano con loro un velo di malinconia.
Pete Docter, pur assolutizzando un po’ troppo il ruolo delle emozioni, riesce bene nel suo intento. I cinque protagonisti, esprimono bene quello che rappresentano, pur generando nello spettatore l’emozione opposta a quella rappresentata. Tristezza mi ha fatto sorridere, come ha fatto Rabbia. Gioia in poco è diventata insopportabile. Azzeccatissimi i colori e le forme. Molto bello, anche se un po’ lungo, il viaggio di ritorno verso il Quartier Generale di Gioia e Tristezza, attraverso la memoria a lungo termine, la zona dei concetti astratti, il subconscio, la Cineproduzione Sogni.
Quello che penalizza il film, se così si può dire, è la sceneggiatura. O almeno, lo penalizza la sceneggiatura se confrontata con quella di Up, sempre di Pete Docter, in cui le emozioni protagoniste sono quelle vere, quelle dello spettatore. In ultimo, la cosa che più mi è mancata è stata una colonna sonora, una di quelle colonne sonore che ti restano in testa almeno per una settimana e che non puoi fare a meno di canticchiare. Tutti ricorderanno Hai un amico in me, in Toy story. Probabilmente un abbozzo è rappresentato dalla canzone di Bing Bong, ma io l’ho già dimenticata.

 

 

 

Inside out
regia
Pete Docter
co-regia
Ronnie del Carmen
soggetto
Pete Docter, Ronnie del Carmen
sceneggiatura
Pete Docter, Meg LeFauve, Josh Cooley
musiche
Michael Giacchino
produttore
Jonas Rivera
casa di produzione
Pixar Animation Studios
distribuzione
Walt Disney Pictures
paese
Stati Uniti d'America
lingua originale
inglese
colore a colori
anno 2015
durata 94 min.

Leave a comment

il Pickwick

Sostieni


Facebook