“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 30 June 2015 00:00

"Jurassic World": operazione nostalgia?

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Nonostante i dinosauri non abbiamo mai esercitato su di me un certo fascino – fatta eccezione per il cartoon Alla ricerca della valle incantata – faccio parte, come tanti, di quella generazione cresciuta con Jurassic Park: come tanti sì, perché la saga è giunta al suo quarto episodio e ha unito negli anni i nonni, padri, nipoti e probabilmente è destinata ad essere un ponte con le generazioni a venire.

Jurassic World è un film uscito qualche giorno fa diretto da Colin Trevorrow, quarto capitolo della serie cinematografica Jurassic Park ispirata al romanzo omonimo di Michael Crichton.
Un storia quasi tormentata – la data prevista d’uscita era il 4 giugno del 2014 – che viene ripresa a distanza di circa vent'anni dagli eventi di Jurassic Park e dall'incidente occorso allora, durante i quali a Isla Nublar, al largo del Costarica, si è sviluppato il progetto di John Hammond. Il parco dei divertimenti con i dinosauri come attrazioni è ora una realtà che attira orde di visitatori, ma il management della Masrani Corporation non si accontenta: consapevole che il suo pubblico chiede sempre di più – come il pubblico in sala d’altronde – il CEO Simon Masrani finanzia un progetto che prevede la generazione, attraverso incroci genetici, di una nuova specie di dinosauro, mai esistita prima. Il suo nome è Indominus rex – non ce l’aspettavamo – e la sua caratteristica principale è quella di unire la ferocia delle lucertole carnivore e un'intelligenza molto più sviluppata, ovviamente.
Qualcosa però sfugge al controllo dei gestori del parco e Indominus rex diventa una minaccia letale per i ventimila visitatori di Jurassic World.
Sono vari i pericoli e rischi di mettere su un ulteriore film sui fantomatici dinosauri: dopo tutto questo tempo saranno ancora cool i dinosauri? Faranno ancora paura?
Probabilmente la risposta è sì, dato il grandissimo successo al box office: il kolossal di Colin Trevorrow ha chiuso il fine settimana scorso con 102 milioni di dollari incassati per un totale di ben 398,2 milioni: è stato  spodestato dalla vetta questo weekend da Ted 2, che onestamente reputo una “cagata pazzesca".
La critica è stata magnanima affermando che si tratta di un ritorno alle origini, nel rispetto delle tecnologie del momento: non per fare la parte della vecchia “bacucca”, non cederò alle mie convinzioni e pregiudizi, per cui non dirò che la magia del primo episodio è insostituibile con tutti gli errori e i pochi effetti speciali che facevano sembrare i dinosauri quasi dei giocattoli di gomma. Non serve essere anacronistici.
Il film è pure piacevole e ben fatto ma quello che mi preme analizzare, il pensiero che ho avuto dopo la visione, oltre a mica male Chris Pratt” e “Cosa ci fanno i gatti in questo film?”, è stato: perché? Perché non si riesce a resistere alla tentazione di vedere il sequel di un film cult sapendo a priori che probabilmente non sarà mai la stessa cosa?
È difficile spiegare i motivi che portano le persone a vedere in sostanza sempre la stessa storia, ma deve esserci qualcosa che va al di là della semplice affezione alla saga, della semplice curiosità, qualcosa che vada oltre al comune pensiero: Ho visto i primi tre, vuoi che mi perda il quarto episodio?”. Si tratta di un pensiero più che legittimo, ma la vera motivazione forse è da ricercare più nel profondo. È bello forse pensare, sperare, di poter rivivere le stesse sensazioni di allora, la stessa atmosfera che c’era in sala nel 1993, cercare di ritrovare qualcosa che si è perduto nel passare degli anni, forse anche qualcosa di se stessi.
I film, come le canzoni, i libri e molto altro, si legano indissolubilmente allo scorrere della nostra vita e ai momenti che viviamo. Forse a spingerci nelle sale è quella stessa sensazione che ricerchiamo quando vediamo il nostro film preferito milioni di volte: voglia di sapere già il finale, di sentirsi a casa, perché quel film in qualche modo ci rispecchia. Probabilmente il film originale, con tutte le sue pecche tecniche, ci rende i dinosauri anche meno terribili e più umani, più vicini a noi: l’avanguardia e gli effetti speciali creano un mondo affascinante e molto “wow!” e in certi film rappresentano un elemento fondamentale.
Jurassic World nel complesso riesce a non far rimpiangere il suo originale perché viene mantenuta una qualche umanità del dinosauro e resta abbastanza fedele allo spirito del film degli anni 90.
Un buon modo per far conoscere ai più piccoli questa saga – soprattutto rispetto al terzo capitolo che aveva lasciato piuttosto a desiderare – ma che ci fa sentire un pochino vecchi poiché laddove un tempo c’era un parco divertimenti per pochi e solo abbozzato, oggi è un parco a tema vero e proprio, ultramoderno, e le persone hanno più gusto per gli spettacoli violenti tra animali.  Ci sarebbe da domandarsi talvolta chi è davvero il mostro tra noi e i millenari dinosauri, ma Jurassic World fa il suo lavoro nell’essere un prodotto, di qualità, di una voluta operazione nostalgia.

 

 

 

 

 

Jurassic World
regia
Colin Trevorrow
sceneggiatura Colin Trevorrow, Derek Connolly
con Chris Pratt, Bryce Dallas Howard, Vincent D'Onofrio, Jake Johnson, Nick Robinson, Ty Simpkins, B.D. Wong, Irrfan Khan, Omar Sy, Judy Greer
produzione Universal Pictures, Legendary Pictures, Amblin Entertainment
produttore esecutivo Steven Spielberg
paese Stati Uniti
lingua originale inglese
colore a colori
anno 2015
durata 124 min.

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