“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 25 November 2014 00:00

Tre punti sospensivi

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Sul palco del Teatro Nuovo, in fondo, quasi poggiate a terra, vi sono delle lettere bianche con delle piccole lampadine che formano il nome del protagonista Tony P., Tony Pagoda, che si trova a sinistra mentre fuma una sigaretta ed ha di fronte una ragazza che lo assiste. Indossa una vestaglia, sotto cui si intravede una camicia rossa ed un vestito scuro. I capelli sono lisci, di colore castano-rossiccio, con un lungo ciuffo attaccato alla fronte che quasi poggia sulla montatura scura degli occhiali simili a dei Rayban.

Tony è un cantante napoletano di successo che si accinge ad entrare sul palcoscenico del Radio City Music Hall di New York, dove tra il pubblico accorso a vedere il suo concerto c’è anche il grande Frank Sinatra. Sono gli anni ’50, Tony ha quarantaquattro anni, è cocainomane da venti, è una celebrità in Italia e soprattutto all’estero presso il folto pubblico degli emigrati italiani. Inizia il suo monologo nel camerino con una lunga sequela di non sopporto che nel testo di Paolo Sorrentino, da cui è tratto questa pièce, copre quasi cinque pagine per concludersi con l’affermazione arrogante che l’unica cosa che sopporta “è la sfumatura”. Invece la vita del cantante e la sua ambizione non sembrano avere nessuna tonalità chiaroscurale. Una volta sul palco accompagnato dalla sua band, Tony canta canzoni lente e malinconiche come Profumo di te, scritta da lui stesso, e Nun è peccato che coinvolge anche il pubblico presente che si trasforma in quello del Radio City Music Hall. Tra sigarette e giacca di paillettes, i gesti lenti, l’espressione mimica facciale e vocale che spesso indugia sulla nota volgare, caricaturale, si svolge il racconto di quel concerto e della notte che segue. Più che un divo, quello che si vede sul palco è un uomo disperato e patetico, illuso da sogni di grandezza e schiacciato da un’esasperante noia esistenziale che chiude il suo monologo con un sogno di lui bambino che passeggia con i suoi genitori, sentendosi al sicuro come non lo sarà mai più. Quando ha iniziato a fare i conti con le grandi menzogne dell’esistenza, ha sempre dovuto tenere davanti agli occhi anche la morte, che vale lo stesso per tutti, anche per il grande Frank Sinatra, in fondo non tanto diverso da Tony Pagoda.
Le note di regia di Iaia Forte spiegano che lei aveva letto in pubblico due capitoli del libro di Sorrentino in occasione di un premio letterario ed era rimasta colpita dalla “bellissima lingua del libro”, tanto di desiderare di farne uno spettacolo. Queste poche righe in verità se chiariscono le intenzioni non soddisfano la domanda che aleggia in platea come il fumo della sigaretta di Tony Pagoda. Perché? Perché trasformare due soli capitoli e le due pagine finali del romanzo di Sorrentino in una messa in scena? Il romanzo ha un intreccio complesso e ben articolato, in cui i due capitoli iniziali sono un momento centrale della vita avventurosa di questo cantante che racconta la sua vita in un lungo flashback che chiarisce, questo sì, pagina dopo pagina, il motivo della sua complessità, della sua noia esistenziale, del matrimonio partenopeo, della cocaina ed anche della sua volgarità.
Iaia Forte ha dalla sua parte bravura, spessore recitativo ed è convincente nel vestire i panni di un uomo che lei definisce “oltre i generi da poter essere incarnato, a mio parere, anche da una donna”. Se le intenzioni sono dunque manifeste, il risultato rimane isolato in questo monologo come un’operazione non convinta né convincente, un abbozzo, come tre puntini sospensivi su una pagina bianca che lasciano intendere, ma non dicono nulla a chi legge.

 

 

 

Hanno tutti ragione
di Paolo Sorrentino
regia Iaia Forte
con Iaia Forte
musiche Pasquale Catalano e Peppino Di Capri
eseguite da Fabrizio Romano
elementi scenici Katia Titolo, Marina Schindler
assitente alla regia Carlotta Corradi
disegno luci Paolo Meglio
produzione SMartIt
Napoli, Teatro Nuovo, 20 novembre 2014
in scena dal 19 al 23 novembre 2014

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