“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 04 April 2014 00:00

Rock around the PAN, il palazzo rock di Napoli

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Rock.
Rock. Una parola che è diventata davvero facile da pronunciare, a volte anche a sproposito.
Le prime volte in cui è stata pronunciata molti dei lettori non erano manco nati: erano gli anni '50 e un ragazzo biondino, un po’ stile Cicciobello, ondeggiava con i suoi completi e la sua banana cotonata. Era la nascita del King, del re del rock: Elvis the Pelvis.
Eppure col passare del tempo il termine rock, o meglio, la musica rock, è riuscita ad oltrepassare i confini del suono e della voce per arrivare a diventare qualcosa di molto più significativo e imperituro: iconografia, modus vivendi.

Ecco arrivare allora la linguaccia dei Rolling Stones, i maximaglioni grunge di Kurt Cobain, la banana dei Velvet Underground, perché se è vero che il jazz è il padre di tutti i generi, il rock ne è stata forse l’evoluzione più significativa riuscendo, grazie a innumerevoli artisti, a declinarsi in molti modi e stili diversi. Più di tutto però, il rock è stato considerato sin dall’inizio il genere dei ribelli, spesso fuori di testa, dei rivoluzionari, dei capelloni, ma anche di quelli che osano andare contro corrente e che si spingono oltre le soglie del perbenismo, morale o artistico che sia.
Nel 1954 Elvis Presley registrava a Memphis That’s All Right, Mama (https://www.youtube.com/watch?v=yWgprZu4Hk4) e sempre nel ’54 usciva uno dei pezzi più coverizzati della storia della musica, Rock Around the Clock, interpretata da Bill Haley & His Comets (https://www.youtube.com/watch?v=ZgdufzXvjqw). Il chitarrista dei Rolling Stones, Keith Richards, parlando dell’avvento del rock’n'roll, con particolare riferimento a Chuck Berry, suo mito, ha parlato di colore: prima del rock il mondo era grigio e triste, in  bianco/nero, e poi tutto d’un tratto, la gioia, l’esplosione del colore grazie alle schitarrate delle varie Fender e Gibson!
È da questi presupposti che è nata questa mostra rock al PAN|Palazzo delle Arti di Napoli e arrivata oggi a quasi quarantamila visitatori e alla sua quarta edizione: una mostra internazionale sul rock e i suoi linguaggi, ideata, organizzata e diretta da Carmine Aymone e Michelangelo Iossa, due pionieri considerando, purtroppo, il sonno nel quale spesso riversa Napoli in fatto di promozione culturale, in particolare della musica rock. Molti i memorabilia, oggetti, vinili, workshop, ospiti, che si sono susseguiti nell’arco di questi quattro anni: Pete Best dei Beatles, Roger Taylor dei Duran Duran, Ian Paice dei Deep Purple ma anche personalità nostrane come Enzo Gragnaniello, Tony Esposito. Come da due anni a questa parte, mi sono intrufolata in questa ROCK!4, visitabile fino al 6 Aprile 2014, ed edizione che celebra i sessant'anni dall’uscita del primo singolo di Elvis (That’s All Right, Mama, per l’appunto) e della leggendaria Rock Around the Clock.
Grande novità di quest’anno è la sezione Rock Fantasy: per la prima volta la mostra ospita una parte dedicata al rapporto tra cartoons, fumetti e rock. La sezione custodisce opere di alcuni dei più apprezzati illustratori italiani: Enzo Troiano, Pino Rinaldi, Paolo Ongaro, Giuseppe Guida, Luigi Siniscalchi. Un’area comics e cartoons che il 20 Marzo è stata luogo privilegiato per la presentazione ufficiale del disco Hanno ucciso Candy Candy – e aggiungerei un mio personalissimo: “Assafà! Proprio non la reggevo Candy Candy” – un’opera incentrata su nove riletture di grandi sigle dei cartoni animati da Jeeg Robot al mio amatissimo Lupin III.
Omaggio particolare alla fenice del rock, Lou Reed: la mostra celebra questo artista per molti versi oscuro ma senz’altro geniale, con una sezione impreziosita dalle fotografie di Guido Harari, sottolineando lo stretto legame con la città di Napoli.
Ma la storia del rock si è spesso intrecciata con gli eventi storici che si sono succeduti andando inevitabilmente ad influenzarla: una sezione dedicata a documenti e monumenti che hanno lasciato il segno: l’inno statunitense Star Splanged Banner eseguito da Jimi Hendrix sul palco di Woodstock, gli inni pacifisti di Bob Dylan, (Pride) In the Name of Love degli U2 per ricordare l’assassinio di Martin Luther King.
Molte poi le personalità ospitate durante questa quarta edizione: Mark Wilkinson – leggendario creatore delle copertine degli album dei Marillion, Iron Maiden, Bon Jovi, Darkness – ha preso parte ad una visita al PAN insieme a Fish, frontman dei Marillion, band progressive degli anni '80 (https://www.youtube.com/watch?v=Y95XHp5E76Q). Ma ancora: Uli Jon Roth, chitarrista degli Scorpions, Lino Vairetti per il prog italiano degli Osanna, la principessa Elettra Marconi Giovannelli, figlia di Marconi, per celebrare i centoquaranta anni dalla nascita di Guglielmo Marconi, papà di quello strumento senza il quale molte cose non sarebbero potute nemmeno arrivare all’orecchio della massa, la radio.
E se davvero il mondo di potesse dividere tra chi è lento e chi è rock, una sezione è dedicata ad un attore napoletano che era sicuramente rock: Massimo Troisi, celebrato nel ventesimo anniversario della sua scomparsa. Locandine, oggetti di scena, fotografie, piani di lavorazione, permettono non solo di constatare che sui set a ritardare erano quasi sempre le donne – “vir’ nu poc’ a combinazione” – ma di rievocare quel sorriso e quella genuinità comica dei quali era capace solo uno come lui.
La mostra è agli sgoccioli e vale la pena farci un passaggio anche solo per respirare un po’ di quegli anni d’oro: non importa andare lì con un chiodo di pelle, piuttosto che saper suonare o essere conoscitore ossessivo compulsivo di quanti capelli aveva in testa Lou Reed o a quante ore di trucco doveva sottoporsi David Bowie prima di diventare Ziggy. La parola rock, tra i vari significati, indica anche “roccia”, “pietra”: a volte i grandi artisti sono state grandi rocce, impassibili e forti alle tentazioni che questo pazzo mondo del rock poteva offrire; più spesso invece i grandi rockers, all’apparenza duri e forti, si sono dimostrati di una debolezza d’animo e psichica tragica.
È per questo che un giubbino, una chioma, duecento tatuaggi, piuttosto che distruggere mille chitarre, da soli, non vorranno mai dire essere rock: il vero rocker è quello che, restando ancora al significato della parola, fa tremare, vibrare qualcosa nell’anima di chi ascolta e non c’è follia o look che possa soppiantare una sensazione inarrestabile.



ROCK!4
PAN | Palazzo delle Arti Napoli
dal 22 febbraio al 6 aprile 2014

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