“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 18 March 2014 00:00

Vedo Kandinsky

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All’alba d’un Sole invernale (1901) così intenso da scaldarci il sentiero, si apre il viaggio lungo la via umana ed artistica del Maestro. Sin dal principio capiamo che si tratta di tutta un’altra storia. Non una storia fauve, non postimpressionista espressionista e neanche simbolista. Eppure è un componimento d’arte che dentro di sé arde di tutti questi mondi con serenità, che cammina lungo un suo percorso tenendoli per mano, sino ad approdare alla creazione di qualcosa di unico, le cui eredità perdurano ed incidono ancora nella nostra società.

Dalla profonda suggestione ricavata da Kandinsky alla mostra degli impressionisti francesi a Mosca, particolarmente dai Covoni del Monet, a Il parco di Saint-Cloud, viale ombreggiato (1906) od al prezioso talismano che è Vita policroma del ‘7, la terra battuta è morbida come assolate ed ondeggianti zolle di sabbia. Essa è avida di colore, canto di frammenti legati come non mai, che fissa le tinte in un’eterna e fluida aggregazione, ma di un fluido denso, stabile. Ed il viaggio ti porta lungo pareti intonacate di colori ben indovinati, che avvolgono la meraviglia di dipinti e disegni che forse mostrano quale sia la forma di ciò che a volte nella vita si sente definire un mondo d’incanto.
Ma non è questo il solo principio, chi è avvezzo a guardare comincia ad avvertire che vi è un di più, difficile da ponderare ma veloce a cogliersi con quella parte dei nostri sensi che si è conservata più intatta ed indistinta dalla vibrazione percettiva, al di là del razionale ed irrazionale. Il flusso d’immagini che si concretizza davanti ai nostri occhi con spontanea coerenza rivela che tale tensione creativa emerge ed al contempo si traduce in indagine. Kandinsky ha abbandonato presto studi di altro tipo per dedicarsi interamente all’arte ed ha manifestato sin da subito la ferma volontà di svelare le connessioni sinestetiche che uniscono i diversi ambiti della creatività umana, la quale si esprime nelle arti visive così come nel gesto e nella danza, nella scrittura e nella musica, a cui moltissima attenzione, come medium sonoro ed astratto naturalmente traducibile in tracce visive, sarà da lui riservata. Gli organi predisposti ad accogliere le diverse sensazioni si fondono e scambiano, il suono può assumere il valore e le qualità d’un colore e viceversa, poiché tutto il sentire appartiene ad un fondo comune, un fondo estremamente complesso, un incessante brodo primordiale fecondo di segni appartenenti ad un’infinità di specie diverse, ognuna delle quali appartiene a sua volta ad un’infinità di realtà differenti eppure tutte vere, presenti nella composizione dell’esistenza. Ciò che si indaga è l’ordine di tale garbuglio, di tale effervescente e splendente marasma di forme e colori, declinati in ogni loro possibile veste. Quell’ordine può essere ricercato solo nella sintesi. Ma per arrivare ad un livello più profondo di studio si ha bisogno di passare per i disegni del periodo russo, dopo che si sono visti i fauves a Parigi, dopo il ritorno nella Monaco dei primi studi pittorici, che già gli aveva fatto respirare il portentoso vento della cultura Jugend. Arriva il tempo di disegni a china acuti, spigolosi, fumosi e sinuosi in un tutt’uno. Nell’intrigante e basilare “simposio”ogni spigolo condivide l’anima con un cerchio, una curva, ed ogni curva la condivide con il triangolo; tutto viene condiviso. È l’universo delle grandi successive tele in stato embrionale, fatto di forme costitutive delle idee e delle esperienze umane, che galleggiano sciolte ed a tratti abbozzate e trepidanti, nel bianco e fertile lago del foglio, nella rimescolanza della fantasia portatrice di verità. L’avanguardia costruttivista di una Russia sfilata da poco tempo dall’età degli zar, vorrebbe continuare a veder nuotare nella propria orbita l’astro già ben più che nascente dell’artista. Ma la disciplina del nuovo regime non può imbrigliare quei segni universali che sgorgano dall’istinto ed abbracciano la visione, non li slegano da forme che si sanno senza la necessità di conoscere.
L’indagine che non si presta direttamente ma solo di benefico riflesso a quello civile, desidererà di lì poco nutrirlo, in un’altra terra già ben conosciuta, nella Germania del debuttante Bauhaus. È lì che si cerca, lavorando e progettando tutti insieme, di fornire a giovani studenti desiderosi di costruire il nuovo futuro dell’Europa, la verace raffinata strada dell’arte che passa per l’impronta estetica sul quotidiano, attraverso un’espressione architettonica, decorativa, grafica. Ma il sogno del Bauhaus finirà. Lo sguardo di Kandinsky commuove lo sguardo e non ha limiti di tempo e spazio, emozionandoci quando sentiamo i suoi occhi proiettati sulle grandi composizioni degli anni venti. Di lì a qualche anno i nazisti chiuderanno la scuola di Gropius, di lì a qualche anno l’anima russa del cittadino tedesco Vassily Kandinsky, emigrerà con le sue arti magiche verso l’affascinante femme fatale: Parigi. Sarebbe successo di lì a poco, ma non ancora. I conflitti mondiali e la bruttezza non entrano con le loro vesti sudicie ed insanguinate nella composizione, che raccoglie e rinnova in sé stessa l’animo sofferente, per guarirlo e confortarlo, risintonizzandolo sulla frequenza di vita, riconducendolo alla vista di quel soffuso e perentorio ordine sovradimensionale. Anche questo mi pare di sentire, ma le suggestioni sono forti e le scosse procurate alla vista sono di grande impatto, come di una dolce violenza. Gli anni del Bauhaus stavano portando la “grammatica” dell’artista ad intessere l’adagio visivo su forme geometriche poste in primo piano. La ricerca che lo conduce, fra i primi e più incisivi maestri, ad astrarre, è un’incessante melodia di scomposizioni, aggregazioni, composizioni che mirano e, ad un tempo, sgorgano da abissali contenuti dell’animo, bruciano, sempre senza terrore ma con movimenti talvolta tesi e soavemente inquieti, nei sentieri accesi e musicali delle forme e dei colori che consolidano e portano in superficie le germinanti pulsazioni del sentire più profondo.
“Parlare in segreto del segreto. Non è questo il contenuto? Non è questo lo scopo più o meno consapevole dell’impulso creativo coattivo?... L’uomo parla all’uomo del sovrumano: il linguaggio dell’arte”. Le parole di un artista possono concretizzarsi quando intravedi, distante dinanzi a te, un Giallo, Rosso e Blu del ’25, che irraggia una scossa cromatica folgorante. La vivacità del giallo splendore, l’intensità vibrante del rosso, la pace sospesa e immortale dell’azzurro, solitamente da lui associati alle forme del triangolo, quadrato e cerchio, si unificano più che mai. È piena sintesi. L’amalgama formale ingigantito è come uno zoom sugli infinitesimi microscopici universi già presenti nei Piccoli mondi degli anni ’10. È unità che lascia avvertire la presenza di minuscoli frammenti, i quali, a loro volta, racchiudono altre dimensioni, in un universo infinito ed insondabile, ma straordinariamente percepibile. È passando per Nel grigio (’19), Accento in rosa (’26) e tanti altri titoli che si giunge all’adeguata chiusura con quello che è definito il periodo dell’astrazione biomorfa. In Blu cielo (’40), la giocosità, la chiara foschia del dipinto sono realizzati al ritorno nella luce e all’atmosfera parigine dove egli frequenta Mirò ed i Delaunay, stimati amici.
Kandinsky si spegnerà appena quattro anni dopo, senza poter vedere la fine del conflitto, mentre qui nulla mostra l’alterazione ed il turbamento della guerra, tutto si risolve e “risolleva” infine nell’assoluta pacificazione con la vita. Per lui le forme ed i colori dell’arte costituiscono l’armoniosa trama che ispira ed irradia bellezza, il laccio che congiunge ed accosta i diversi mondi creativi. Tale puzzle visivo ed allusivo che ha già in sé la capacità di far fremere, perde tutto il suo senso e si “spegne” inesorabilmente allorquando non sia riflesso e medium per veicolare prodigiosamente, con i suoi spettri e le sue cromie significanti, quegli stessi significati interiori che soli possono giustificarne e realizzarne l’esistenza. Già dal 1910 e poi nell’11, con il progetto Der Blaue Reiter, a cui aveva lavorato con Franz Marc ed il primo totale tuffo nella sua personale astrazione, Kandinsky aveva elaborato precise considerazioni sull’espressione artistica; la grande operosità nella formazione e nella diffusione dell’ideologia legata all’arte ha vinto nel momento in cui, ovvero da sempre, la sensibilità del nostro artista ha reso le sue creazioni il solo momento indispensabile del suo pensiero febbrile e fruttuosissimo, dichiarato nel magico sottointeso dell’arte. Vedo Vassily Kandinsky, un grande costruttore di nuovi ed eterni contenuti, espressi con nuovi e liberi mezzi pittorici, Kandinsky: lo spirituale nell’arte.


 

Kandinsky
La Collezione del Centre Pompidou

Milano, Palazzo Reale
dal 17 dicembre 2013 al 27 aprile 2014

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