“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 15 February 2014 00:00

L'Altro Cinema, Parte V – Aftermath

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Quinto capitolo di questa rubrica intitolata, un po’ superficialmente, L’altro cinema. Superficiale (e aggiungo anche beffarda) perché ormai ci rendiamo conto che di altro non c’è assolutamente niente in quanto ciò che è altro è, per definizione, indescrivibile. Ma queste sono paturnie dovute all’abuso di superalcolici, vezzo che ormai ha decisamente dato una spallata decisa alle poco lungimiranti pretese di psicanalisi (o meglio auto-psicanalisi) che voleva sostenere chi vi scrive. Ad ogni modo, riponiamo la bottiglia sotto il materasso (si fa per dire) e concentriamoci sul film di oggi (ma voi state bevendo?). Titolo della pellicola è Aftermath, cortometraggio diretto dallo spagnolo Nacho Cerdà.

Ancora una pellicola dalla breve durata dopo quella presentatavi nel secondo capitolo di questa serie. Già, perché il corto spesse volte si riserva il pregio di non tergiversare, di non perdersi in inutili lungaggini, fatte per lo più per doveri di etichetta più che di narrazione. Aftermath ha inoltre in comune anche molto con il terzo episodio di questa rubrica, torniamo infatti a parlare di necrofilia. Stavolta però in termini estremamente asciutti, quasi eleganti, a differenza del precedente Nekromantik. L’opera in questione è del 1994. Ha quindi abbandonato quel senso di angoscia gothic dark tipico degli anni '80, ma conserva intatta quell’aura di nichilismo annichilito che già abbiamo provato a raccontare in precedenza.
Protagonista del film è un anatomopatologo che si appresta ad effettuare degli esami autoptici a cadaveri che gli vengono di volta in volta consegnati. Le scene sono di un realismo ai limiti della decenza. Chi vi scrive ha avuto la (s)fortuna di assistere a tale pratica e, vi assicuro, le riprese scendono nei minimi dettagli in maniera così autentica da lasciare il dubbio se si tratti di finzione o realtà.
Tornando ai fatti filmici, in sala arriva il terzo corpo, una giovane donna appena deceduta di morte violenta. Il nostro protagonista restituisce ai genitori della vittima il crocifisso che la donna aveva al collo. Poi, rimasto solo, fa scempio del cadavere. Scatta con morbosa precisione una serie di foto del corpo mutilato. Infine, abusa dei suoi resti, si abbassa i pantaloni e la scopa per bene. La telecamera indugia senza compiacersi sul volto orgasmico del medico che, senza mai togliersi la mascherina sanitaria che copre le sue vie aeree, le viene dentro “senza conseguenze”. Finito l’atto, estrae il cuore dell’indifesa donna e se lo porta a casa. Il giorno seguente, il nostro dottore dona in pasto al suo cane il cuore prelevato dal cadavere e si rilassa davanti alla tv, intanto sul giornale del mattino un necrologio ci informa delle generalità della donna in questione e delle cause della sua morte provocata da un incidente d’auto. In sottofondo, l’audio ci fa rivivere gli ultimi attimi della sua vita.
Le terribili sequenze mostrate nel film fanno a pugni con la disturbante eleganza della prosa. I riprovevoli atti del protagonista sono accompagnati dal Lacrimosa di Mozart che dà all’intera pellicola un’aria solenne ed austera. Ma quali sono le conseguenze a cui fa riferimento il titolo dell’opera? Impossibile rispondere. Forse perché, paradossalmente, la risposta è così scontata: che conseguenze può mai avere la Morte?
Il day after di Aftermath ci porta a ritroso nel tempo, agli ultimi attimi di vita della donna poi morta (forse la vera, inconsapevole, protagonista), rendendoci partecipi della sua tragedia e quindi colpevoli dell’orrore che l’aspetta. Quelle voci confuse a piè di fotogramma ci dicono che quel corpo martoriato e violentato sessualmente ha avuto una vita, una sostanza individuale unica che però non tornerà mai più. Un essere che ha desiderato, ha amato, ha combattuto, ma alla fine ha ceduto addormentandosi per sempre e diventando un oggetto del vivente che resta nel mondo sopravvivendo, ancora per poco, all’orrore della morte.
Aftermath è il nulla dopo l’essere, è l’esito finale a cui tutti noi siamo destinati. Siamo concime, polvere, nutrimento per i vermi o, in casi più fortunati (forse) oggetto del desiderio per insospettabili necrofili. Scopare, eiaculare dentro un cadavere non avrà mai conseguenze. Provate a fare lo stesso con un essere ancora vivo, potreste avere delle spiacevoli sorprese. I vivi tendono ad autogenerarsi, usano il sesso per produrre un’altra copia forzata della propria vita. La morte invece basta a se stessa.

 

 

 

 

Retrovisioni. L’Altro Cinema
Aftermath
regia
Nacho Cerdà
con Xevi Collellmir, Jordi Tarrida, Pep Tosar, Angel Tarris
prodotto da Nacho Cerdà
sceneggiatura Nacho Cerdà
paese Spagna
lingua muto
colore a colori
anno 1994
durata 31 min.

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