“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Novembre 2012

Sunday, 18 November 2012 20:23

Ucciderò Roger Federer (parte 1)

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Parte da oggi la pubblicazione, con gusto tipicamente ottocentesco ma tonalità (ahinoi!) più che contemporanea, di un racconto a puntate. Si cercherà, nei limiti delle sempre incerte sorti umane, di proseguirne la pubblicazione a cadenza settimanale.

 

1. Una verità, finalmente!

Un mattino poco luminoso (di quelli come ricoperti da un coperchio) e con un’aria sporca di latte irrancidito e con un pungente odore di vecchio armadio di pesante legno tarlato, un mattino, anzi quel mattino, in realtà comune a Napoli nei giorni che anticipano l’autunno, in quei giorni in cui l’estate non vuole farsi cacciare via e resta sospesa nell’aria con la sua umidità estenuante, il piccolo signor F aveva appena letto una strana notizia su Repubblica.it e sembrava incuriosito se non addirittura turbato.

Friday, 16 November 2012 18:55

Everything in Its Right Place

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È pur vero che abitando in una città dalla spasmodica densità storica si accarezza sempre il sogno di riuscire a entrare in contatto con qualcosa che ci racconti la storia, il passato, vecchi personaggi e antiche figure, che si muoverebbero nello spazio cittadino odierno, come profili fantasmatici di un passato che vorremmo sempre qui presente affianco a noi, profili sorridenti e sprezzanti, deliranti e intellettuali, e noi pronti a ricevere la giusta rivelazione in vista dell’azione, noi immobili e inchiodati, noi sempre più incapaci di agire efficacemente, di trasformare intere regioni di esistente, e lo si accarezza questo sogno (chiamiamolo così!) soprattutto quando, indaffarati dagli orrori burocratici del presente e rincorrendo opache e pur necessarie sicurezze esistenziali, si ricerca chissà perché lo status di passeggiatore solitario (fermo restando che la solitudine è un modus, non un’assenza di presenza altrui) e fantasticheggiante. Noi, sia ben chiaro, non coltiviamo illusioni, ce le concediamo ogni tanto in quei minuscoli momenti in cui per gioco decidiamo (appunto) di giocare.

Wednesday, 14 November 2012 11:42

Dove osano le cicogne

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C’è una bentornata voglia di leggerezza nell’ultimo film di Silvio Soldini dopo il tono serio e riflessivo di Giorni e Nuvole e il grigiore di Cosa Voglio di Più, in cui la medietà del soggetto veniva coerentemente messa in scena con un’inusitata piattezza e pesantezza. Lontani sembravano i giorni del “miracolo” della ritrovata centralità del “nuovo” cinema italiano (che Soldini conosce bene essendone rappresentante dal lontano esordio dell’85 di Giulia in Ottobre) di inizio millennio, quando Pane e Tulipani  faceva ben sperare in una definitiva affermazione, almeno di pubblico, del nostro cinema “d’autore”. Con quest’ultimo lavoro, scritto insieme a  Doriana Leondeff e Marco Pettenello, Soldini sembra tornare alla freschezza e all’inventiva di quegli anni.

Monday, 12 November 2012 19:29

L'archetipo ridondante

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Non saprei se definirlo una sorta di bestiario, perché non soltanto di fiere belve si tratta, né la curiosità collezionistica ed erudita è il senso di questa esposizione. Si potrebbe forse chiamarla sfilata laddove il senso profondo di questa definizione sta nel marciare delle figure e delle immagini impassibili di fronte all’occhio dello spettatore. Ma forse neanche questa definizione è quella esatta. Per cui: bisogna cercare qualcosa di più preciso. Anche perché – ma poi ci torneremo – si tratta di oscuri intagli nel cartone, con tecnica in levare, nel senso che dall’oscura nettezza del foglio nero, ecco comparire ogni forma e figura.

Monday, 12 November 2012 11:17

I dettagli dei giorni

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"Quanto tutto ciò è lontano, quanto è vivido, quanto è immutato dall’eternità, quanto è deturpato dal tempo!".
Le briciole perse nel letto, assieme ad un pezzetto di buccia d’arancia; gli scricchiolii, i passi cauti, il ronzio in un orecchio nel mentre l’occhio perde la scena che ha tanto cercato: ecco un distinto ricordo parziale. Parziale quanto parziale è la figura d’un vecchio conosciuto oltre frontiera: il mento rasato, le occhiate improvvise e quella seduta da romanzo russo ponderoso, con la mano tozza sul grifone del bracciolo della poltrona, accompagnato dall’unica vera chiarezza tangibile: "una scatola d’argento simile a una tabacchiera, ma che in realtà conteneva una piccola quantità di pasticche o, meglio, di pasticchine per la tosse color lilla, verde e, se ricordo bene, corallo". La stanza con la carta parati rallegrata da grandi farfalle; gli scaffali di legno bianco con sopra i volumi di Keats, Yeats, Coleridge, Blake e di quattro poeti russi ormai senza nome; una gigantesca saponetta alla lavanda ed una deliziosa pasta dentifricia.

Tuesday, 06 November 2012 18:33

Le immagini della fine

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Prima immagine. Don Fabrizio Salina ha gli occhi azzurri, il colorito imperlato di roseo, il pelame d’un fulvo colore del miele. Al posto delle mani ha zampacce, al posto delle dita lunghi artigli sensibili. Altissimo, signoreggia "su uomini e fabbricati". Il suo passo è un trionfo, tale da annunciarsi incutendo rispetto; la sua massa è montagna, tanto da sospingere al tremolio impiantiti e vetrate, e la sua ombra, quando si corica, proietta "il profilo di una giogaia montana su un orizzonte ceruleo". Si scuotono le porte delle carrozze, quando passa. Gemono i divani, al solo avvistarlo. La tavola si rimpicciolisce all’istante, facendosi tavolino, al suo poggio dei gomiti. Con la testa arriva ai lampadari, con un soffio richiude le tende.

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il Pickwick

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