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Saturday, 05 October 2013 02:00

Gli irascibili di New York

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Sono irascibili, reazionari, maledetti; sono contro la pittura, la cultura, contro un’epoca catastrofica e cangiante. Sono gli antiaccademici del Novecento, si ribellano ad un fare contemporaneo che non può essere più lo stesso.
Il mondo si leccava le tremende ferite della Guerra più devastante e l’America aveva ancora negli occhi quelle vittime innocenti che avrebbero per sempre cambiato la Storia. E così l’arte non doveva e non poteva più essere natura morta, né corpi ignudi sdraiati nella loro apparente inconsapevolezza. L’arte diveniva, inesorabilmente e mai come questa volta, lo specchio dei tempi, dell’incertezza e della voglia di progresso; la risultante inevitabile dei dettami scanditi dalla depressa quotidianità.

Sono irascibili, reazionari, maledetti, sono i grandi pittori che nella New York del 1950 subiscono il rifiuto del Metropolitan Museum al loro nuovo agire nella pittura. E danno luogo all’Action Painting una corrente fatta di schizzi, di cromatismi, di forti sensazioni. Una corrente nella quale il pittore si immedesima nel quadro, ne entra fisicamente, per lasciare tracce indelebili di colori, nuovi, unici, ribelli. Sono gli espressionisti astratti che guardano alla storia della pittura del Novecento e la reinterpretano alla loro maniera con le loro tecniche nuove, discutibili, inimitabili e devastanti.
Sono irascibili, reazionari, maledetti. E in questi giorni sono sbarcati a Milano, in quel palazzo Reale sempre più centro delle arti senza tempo e spazio.
Pollock e gli irascibili, la scuola di New York è la prima di una serie di esposizioni che renderà la città lombarda nei prossimi mesi il centro pulsante della ricerca pittorica del secolo scorso, il secolo più contraddittorio ed indecifrabile che l’arte ricordi; quarantanove pezzi unici esposti, provenienti dal Whitney Museum della Grande Mela, appassionante spaccato di questa corrente che da noi diverrà Informale. Una mostra diversa, nella quale Jackson Pollock si erge a sommo paladino rivoluzionario, su tutti e contro tutto, maestro indiscusso della protesta, della ribellione.
Ogni buon artista dipinge ciò che è, perciò non ha paura di mostrare la sua arte, di turbare e scontrarsi con la realtà newyorkese; le sue sono suggestioni personalissime, nuove, differenti e apparentemente incomprensibili.
Una anti-scuola, fatta di incredibili e ostinati cromatismi che troviamo nel picassiano The Betrothal di Gorky e nella profonda inquietudine de The crest di Gottlieb; e poi il deciso bianco e nero del Mahoning di Kline, la forte vivacità paglierina del Door to the River di De Kooning;  fino alla tricromatica geometria di Untitled del geniale Rothko.
Opere a volte senza nome e senza titolo per denunciare un mondo, quel mondo che vagava incerto verso il futuro.
E su tutte, il maestro Pollock, l’artista dannato, si erge emblematico con uno dei suoi più grandi capolavori, Numero 27. Lo realizza con l’incedere apparentemente casuale e coreografico del colore gocciolante sulla tela posta in orizzontale, tecnica che si chiamerà del dripping, che nella gestualità dell’atto creativo si rifà ai riti magici degli Indiani d’America. Un semplice numero identificativo come titolo, quasi a volerlo rendere il mero risultato di un elenco di produzioni, resta ancora oggi una delle più alte testimonianze del suo inconfondibile agire artistico, schizofrenico ed immortale manifesto dell’Action Painting.
Pollock e gli irascibili, la scuola di New York
è la mostra del livore e dell’astio: produzioni che ci lasciano esterrefatti, dubbiosi, critici. Ma sono arte, specchio inconsapevole e intraducibile della nostra esistenza, specchio indecifrabile del secolo che ci ha generato.
Sono irascibili, reazionari, maledetti ma offrono un’occasione non replicabile e non rinunciabile per guardare negli occhi la nostra dicotomica esistenza.

 

 

 

Pollock e gli irascibili, la scuola di New York
Palazzo Reale, Milano
dal 24 settembre 2013 al 16 febbraio 2014

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