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Tuesday, 18 May 2021 00:00

Al MANN il mito e l’umanità degli antichi combattenti

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Tre sentieri paralleli si snodano fra i meandri della storia seguendo momenti diversi, ma interconnessi, della civiltà umana, accolti e integrati all’interno della già vasta collezione permanente del Museo Archeologico Nazionale.

I Gladiatori entrano al MANN pronti a raccogliere il testimone dell’esposizione sul perdurante, ma riccamente testimoniato, mistero degli Etruschi, e sulla grande e intima opera Lucy. Sogno di un’evoluzione del noto disegnatore Tanino Liberatore, ispirata al ritrovamento dei resti del giovane esemplare femminile di Australopiteco avvenuto in Etiopia negli anni ’70, e denominato Lucy in riferimento alla celebre canzone dei Beatles, Lucy in the Sky with Diamonds.
Mentre le altre due mostre si avviano alla chiusura, l’esposizione sugli eroici combattenti, inaugurata in digitale a fine marzo, è in pieno svolgimento, e segna in modo netto l’agognata riapertura di questi luoghi di raccolta e di tutela, ma soprattutto di creazione artistica e di diffusione della cultura, nell’ottica di quel ruolo fortemente attivo dell’istituzione culturale che il museo si impegna a promuovere già da diversi anni. Il percorso tocca vari ambienti dell’organismo museale, collegando idealmente l’Atrio ed il Salone della Meridiana e dando vita a un itinerario diffuso che si arricchisce della sezione off nel Braccio Nuovo. All’interno di quest’ultima viene difatti presentato, attraverso risorse multimediali e tecnologiche, un percorso narrativo e sensoriale che illustra diversi aspetti della vita dei gladiatori, e del contesto in cui essi si dedicavano a quella che in alcune occasioni costituiva una vera e propria scelta di vocazione.
La volontà di raccontare le affascinanti componenti di questa realtà antica, i suoi ben più che amari e tragici risvolti e il suo più glorioso significato da un punto di vista sì storico, ma innanzitutto umano, viene espressamente dichiarata sin dall’inizio del tracciato espositivo. Contro i diversi pannelli ricurvi che costellano il Salone della Meridiana, fulcro sostanziale della mostra, si stagliano le centinaia di reperti condensati nel solco di un viaggio nel tempo suggestivo, innescato più da un’operazione mirata a far emergere sensazioni vivide che dall’approfondimento scientifico, il quale è naturalmente presente e funge da coadiuvante per la comprensione dei vari reperti e dell’ambiente dal quale traggono origine.
Tra le numerose testimonianze di grande interesse spiccano, il primo come introduzione, insieme all’imponente rilievo con scene gladiatorie presente nell’Atrio (di età neroniana-flavia), e il secondo in quanto efficace compendio, lo splendido cratere di Patroclo (340-320 a.C.), parte costitutiva della collezione permanente del MANN, e il mosaico pavimentale di Augusta Raurica, della fine del secondo secolo a.C., per la prima volta esposto al pubblico in Italia. Quest’ultimo dispiega nella sua monumentale eleganza, insieme ad altri piccoli manufatti della vita quotidiana presenti in mostra, anch’essi finemente decorati o istoriati con scene allegoriche riferite alle vicende dei giochi gladiatori (munera) ed ai loro protagonisti, la centralità di questa manifestazione sin nei più piccoli gesti di ogni giorno, dalla Roma Capitale dell’Impero alle più lontane province.
Una rappresentazione che a dispetto della sua feroce natura, anzi, proprio in virtù di essa, in quell’epoca rientrava a pieno titolo nella generale prospettiva culturale, poiché in quei violenti combattimenti all’ultimo sangue gli antichi ritrovavano l’espressione più eclatante del coraggio, persino della necessità del sacrificio, volto a rendere significativa, probabilmente breve, ma significativa, l’esperienza dell’esistere. La potenza della lotta per la vita e l’inevitabile confronto con la morte, sublimato dalla ricerca volontaria ed epica dal pericolo, e dalla dimostrazione del valore personale, diviene qui solenne lascito, traccia eterna.
Ma se la curiosità tecnica viene stuzzicata e soddisfatta dall’illustrazione delle varie tipologie di combattente, dalle sue armi, dagli schinieri, dalle corazze e soprattutto dai bellissimi dettagli degli elmi, fra cui troviamo sia gli esemplari realmente utilizzati in arena che quelli da parata, il ritratto del gladiatore, o meglio dell’essere umano che si cela dietro l’armatura e attorno al quale ruota tutta la narrazione, viene più sensibilmente tracciato dalle testimonianze che gettano luce sulla vita privata di questi veri e propri eroi del popolo. Tra le steli e gli epitaffi provenienti da altri musei e territori, l’iscrizione funeraria del Mirmillone Paeregrinus, rinvenuta a Pozzuoli, apre un piccola, commovente finestra su di un altro mondo, revitalizzando l’antico ricordo che la stessa moglie dell’uomo fece apporre su quella lastra di marmo. Impressionante, in tal senso, anche la sezione ospitante tre scheletri dalla vasta necropoli di York. Si prosegue nell’approfondimento degli strumenti e delle consuetudini di vita legate alle battaglie nell’arena, attraverso altre tipologie di grandi e piccoli oggetti, che accanto alla raccolta di armi provenienti dal Quadriportico dei Teatri di Pompei, divenuto Caserma dei Gladiatori in seguito al terremoto del 62 d.C., danno risalto ai cornua; intriganti strumenti musicali utilizzati per scandire il ritmo dei combattimenti, e ad altri manufatti che raffigurano i diversi generi di combattenti dell’arena, di solito impegnati nella lotta, o i loro accessori più rappresentativi, anche qui con un focus su alcuni pezzi della collezione interna. Singolare esempio, almeno dal nostro odierno punto di vista, il bronzetto di gladiatore che combatte con il proprio fallo trasformato in pantera (I sec. a.C.) di provenienza ercolanese, o le coppe pompeiane con duelli e venationes. Le testimonianze e le opere portate qui, per così dire, in scena, sono dunque varie, e spaziano dalle più solenni lastre della Necropoli del Gaudo di Paestum a piccoli e intimi artefatti, sino ad alcuni dipinti di epoca moderna e contemporanea  (Netti, Morelli e De Chirico), e ad approfondimenti sui più importanti anfiteatri campani.
La scenografia voluta per esprimere il senso dell’importanza attribuita a questi uomini in un’ottica attuale e multidisciplinare non poteva che essere, d’altronde, multiforme, e risultare affetta da quel giusto grado di “dispersività” capace di permettere ai visitatori un’immersione più disinvolta nell’atmosfera ricreata proprio per il loro diretto coinvolgimento, riprendendo un discorso già molte volte affrontato dal cinema, dalla letteratura, dai media, e tentando di ampliarlo. Al di là dell’idolatria, della crudeltà, dell’ingiusta pena inflitta a chi veniva fatto prigioniero e ridotto alla terribile condizione di schiavo sfruttato come gladiatore nell’arena, tortura riscattata soltanto dalla speranza di sopravvivere, riconquistare la libertà e ricongiungersi ai propri affetti, la dimensione vissuta da queste persone tanto distanti nel tempo riesce ad avvicinarsi un po’ più concretamente a noi. Essa rivela con maggiore evidenza la complessità di vicende così umane e private, intrecciate alla politica, all’economia, legate e soggiogate insomma a tutte le istanze e a tutti gli aspetti della società, concentrata su tematiche sempre variabili. Realtà attorniate da diverse leggi e consuetudini, ma affrontate con il nostro stesso sentimento del dramma e della sofferenza, con la medesima esaltazione che deriva dal combattere per la propria vita.





Gladiatori
in collaborazione con il Parco Archeologico del Colosseo e con il Parco Archeologico di Pompei
a cura di Valeria Sampaolo
catalogo a cura di Electa
MANN − Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Napoli, dal 28 aprile 2021 al 6 genaio 2022

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