“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 22 June 2017 00:00

Scrittura e libertà: intervista a Giancarlo Marino

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Giancarlo Marino è docente di scrittura insieme ad Aldo Putignano per La bottega delle parole della casa editrice Homo Scrivens e autore dei romanzi Ragazzi straordinari ed E pensare che c'entravamo tutti.

Qual è il tuo rapporto con il presente, con l'epoca che stiamo vivendo?
Il mio rapporto col presente, e con il tempo in generale, non è granché. Il più delle volte ho l’impressione di essere avvolto in un’unica bolla atemporale.

Forse è il mestiere dello scrittore, che comporta l’essere immersi tra le parole, un unico magmatico abisso plumbeo e caotico in cui è quasi impossibile intravedere un principio, uno sviluppo e una fine.

In cosa credi, quali sono i tuoi valori principali?
Saltuariamente credo nel prossimo, quasi mai in me stesso. Forse credo alla bontà degli sconosciuti, come diceva un personaggio di Tennessee Williams, ma solo perché, per l’appunto, non li conosco ancora bene. Non confido in alcuna religione e guardo con timore all’eventualità, forse possibile, di una vita oltre la morte (questa basta e avanza). Tutto sommato credo che un ateo materialismo sia l’opzione più consolante. Mi fregio di avere una mente progressista e libertaria, ma che, ovviamente, cela uno stomaco fascista e conservatore.

La scrittura e ciò che significa per te.
La scrittura è un mezzo di libertà, ma quindi anche un fardello di solitudine, un muro da scalare e un orizzonte da scoprire, un tunnel da scavare, una corrente ascensionale per volare. Lo strumento di fantasia e l’ultima ancora per restare avvinghiati alla realtà.

I tuoi romanzi: Ragazzi straordinari.
Ragazzi straordinari
è stato il primo romanzo, un’esperienza straniante e al contempo altamente empatica. Un'immersione nel mio stesso abisso, per mettere ordine e fare i conti con un paio di demoni grassocci che vi abitano. Certo, poi è anche un romanzo anti-generazionale e una spy-story, ma solo perché mi dovevo pur divertire a scriverlo.

Mentre invece E pensare che c'entravamo tutti...
E pensare che c’entravamo tutti è per me una sorta di bilancio, un libro di lunghissima gestazione dal primo racconto scritto a quindici anni a testi del 2016. L’occasione giusta per guardarsi indietro e vedere che tutto sommato, anche qualcosa di buono si è fatto.

Homo Scrivens.
Homo Scrivens è una seconda casa, uno dei pochi posti (anche dell’anima oltre che fisici) in cui è possibile conciliare scrittura e collettività, un confronto continuo con amici, allievi, persone accomunate dalla stessa passione.

Cosa pensi dell'editoria a pagamento?
Per l’editoria a pagamento ci vorrebbe un bollino che la segnali, come con il rischio cancro sui pacchetti di sigarette. Ma più che biasimare questi imbonitori legalizzati, provo pena per gli autori che li foraggiano, consentendo all’84% della (pseudo)editoria italiana di sopravvivere, se non di prosperare.

I libri che consiglieresti da lettore, quelli che ti hanno più influenzato.
I libri che più mi hanno più influenzato sono sicuramente i classici dell’avventura, da Salgari a Dumas, da Conan Doyle a Verne, letti durante l’infanzia che mi hanno lasciato in dote il gusto per il rocambolesco e le peripezie. Ad oggi, mi affascinano quegli scrittori con uno stile riconoscibile e particolare, da Dostoevskij (per restare ai classici) fino ai contemporanei come Foster Wallace, Saramago e Bolaño.

Progetti per il futuro.
Dopo qualche piccolo successo locale, vorrei riuscire a farmi conoscere al di fuori di Napoli, magari pubblicando racconti su blog e riviste letterarie di respiro nazionale. Insomma, continuare con la gavetta per costruirmi come autore. Inoltre mi piacerebbe sperimentare un sempre più diretto rapporto col pubblico, “raccontando” direttamente le mie storie, avvicinandomi al teatro di parola.

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