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Sunday, 26 February 2017 00:00

Il (contro)potere della Bellezza

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A costo di sembrare ripetitiva io vorrei veramente tappezzare i muri con la formula perfetta "La bellezza è trasformazione". Ora mi spiego, nello specifico.

A Casal di Principe, in provincia di Caserta, qualche ventennio fa c'era questa mega villa, la chiamavano la casa di Scarface, famoso film con Al Pacino nei panni del criminale Toni Montana. La villa apparteneva a un certo Walter Schiavone, noto camorrista. La villa, confiscata quasi ventitré anni fa, fu vittima di razzie da parte degli stessi scagnozzi del boss, semidistrutta e vandalizzata, ogni oggetto di valore venne prelevato e anche divelto, tranne alcuni simboli del Potere. Non a caso: il Potere, privo di qualsivoglia valore, ama affermare se stesso, è volgare nei simboli, quasi triviale nelle manifestazioni e nell'affermazione senza la quale cadrebbe nel dimenticatoio essendo effimero e, in realtà, immateriale.
Ora questa villa c'era e c'è ancora, adesso però diventerà un Centro Riabilitativo per persone colpite da disturbi motori dovuti a deficit mentali. Ci sono voluti ventitré anni per avviare il progetto di ricostruzione, di bonifica materiale e morale, ventitré lunghi anni che hanno visto la villa scenario di alcuni eventi significativi nel panorama artistico-culturale. Mario Spada, fotografo napoletano, è stato parte integrante di questa trasformazione, non solo per la serie di fotografie che ad oggi, in occasione dell'inaugurazione, sono esposte all'interno della struttura, ma per tutti questi anni difficili in cui ha pazientemente registrato la realtà quasi musiva dello stabile riuscendo a cogliere il cuore della sua storia, con una grande maestria non solo tecnica, ma anche e soprattutto artistica.
Il titolo della mostra è C'era una volta... Hollywood e contempla alcuni scatti realizzati nel 2005 per il settimanale "D di Repubblica" e altre fotografie realizzate durante le riprese del film Gomorra, dove Spada era fotografo di scena.
Oggi la villa sembra a tutti gli effetti una clinica pronta per essere abitata dai pazienti che cercheranno una cura per i loro mali, ma alcuni elementi architettonici sono stati conservati, come alcuni pezzi dal forte portato simbolico, vedi la vasca pompeiana collocata in quella che fu la stanza da letto di Schiavone e riempita di ciclamini bianchi.
Mario Spada è generoso nel condividere le sue impressioni con i visitatori della mostra, e questo è fondamentale, perché oggi le pareti bianche e immacolate, l'assenza di orpelli e opulenze eventuali potrebbero cancellare il passato e il significato che questa villa esprime nel suo esistere semplicemente. Gli elementi di richiamo preservati, della vecchia struttura, come le colonne, sembrano reperti che nel contesto si perdono e non ci raccontano granché, solo un bravo archeologo potrebbe svelare tutti i predicati che un semplice indizio, ormai digerito dalla metamorfosi, è ancora in grado di evocare e raccontare. Mario Spada ha lavorato in questo senso. La sua opera potrebbe sembrare una registrazione della realtà quale fu, inscriversi nel genere del reportage documentaristico, ma per un occhio attento non è così. La trasformazione di cui accennavo prima Mario Spada l'ha ottenuta col suo talento e la sua enorme padronanza dello strumento fotografico, attraverso la tecnica è riuscito a fare l'unica cosa possibile e necessaria in questo caso, immortalare la realtà, la storia, per consegnarla ai posteri, perché il male possa essere ricordato e visto e non estetizzato e mitizzato: qui la forza della sua fotografia.
L'ambiente in cui si è trovato a lavorare presentava varie difficoltà, non solo era invaso dalla distruzione, permeato da un senso di orrore, ma cosa più importante e significativa, la villa versava in uno stato di oscurità totale. Le piante ostruivano le finestre, l'incuria aveva gettato la struttura nel buio più profondo, per scattare una sola fotografia era necessario un tempo lunghissimo di esposizione, talmente lungo da dare l'impressione che ciò che si stesse immortalando in realtà si stesse prima cercando e poi registrando nei fotogrammi della sua comparsa. La polvere aleggia nell'aria e col tempo la macchina fotografica riesce a immortalare questo mondo eroso che viene giù lentamente come un velo nero che inspessisce la realtà e la rende surreale.
Mario Spada sceglie prospettive, angolazioni, scarta scorci a favore di altri, col suo cavalletto e la sua macchina fotografica è in attesa di qualche rivelazione, forse di un perché al male inscritto in questa architettura che ti ingoia, adesso che di quella bocca vorace e sanguinaria rimane qualche dente rotto. È un'intervista ai muri, agli spazi, al silenzio di ambienti che hanno visto la morte e la spietatezza, la sua macchina dialoga con le vestigia di un mondo che qui e ora ha smesso di esistere, ma ancora parla, è eloquente, con forme arroganti e presenze fantasma. Interrogare gli uomini spetta alla giustizia nei tribunali, all'artista rimane sempre il testimone più silenzioso e solenne, in questo caso è una casa simbolo di potere e sopraffazione.
L'arte può farsi portavoce di molte istanze, personali a volte, altre volte racconta le storie di qualcun altro e Mario Spada con le sue fotografie ha fatto questo: nell'attesa che l'anima della macchina cogliesse l'anima della villa ha anch'esso sperato in una rivelazione, una voce che narrasse i fatti, chiarificasse gli eventi fuoriuscendo dal suo mutismo di pietra, dalla geometria ostentata dei luoghi. È una storia che riguarda tutti, nessuno escluso. È una memoria da preservare perché possa essere trasformata, resa migliore. Nella stanza del boss una vasca da bagno è stata riempita di ciclamini bianchi, fiori delicati a vederli, ma resistenti. Eppure quei ciclamini, a mio avviso, oltre a essere simbolo di rinascita, posti in una vasca che molto probabilmente ha conosciuto il sangue e la meschinità putrida degli uomini, con il loro bianco latte rappresentano il contrasto e il potere che l’uomo detiene e che può scegliere di esercitare, affinché la bellezza di un atto semplice come un fiore invada l’insensatezza dell’odio e la magniloquenza gelida del terrore.





N.B.:
Si specifica che le immagini di Mario Spada poste a corredo dell'articolo sono tratte dai reportage di Giovanni Allucci e Silvia De Santis − cui si rimanda − pubblicati rispettivamente da ilmattino.it e huffigtonpost.it


 

 

 

Mario Spada
C'era una volta... Hollywood
Villa Schiavone, Casal di Principe (CE)
dal 30 gennaio (mostra permanente)

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