“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 27 March 2016 00:00

L'apocalisse di Vuccirìa Teatro

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Colpisce, in questi giorni, la scottante attualità di Yesus Christo Vogue, ultimo lavoro della compagnia siciliana Vucciria Teatro, in scena al Teatro dell’Orologio di Roma.

La dichiarazione d’intenti della loro nuova creazione è racchiusa nel prologo dello spettacolo: un’istallazione cui veniamo letteralmente ammassati davanti, a piccoli gruppi, prima di entrare in sala. Nella piccola stanza ci sono tante tv, di forme e modelli diversi, nei cui schermi vengono proiettate, simultaneamente, immagini dal contenuto molto forte: iper-palestrati e culturisti del corpo e dell’estetica, assieme a scene di guerra, corpi mutilati dalle bombe, frammenti – ahimé quanto mai attuali – che raccontano di attentati.
Una volta entrati in sala, la nostra attenzione viene catturata da una figura strana e inquietante che sta rannicchiata su un muretto laterale. Ha una fascia che gli copre il pube, per il resto è completamente invischiato di fango e di argilla; sul viso, anch’esso scuro, risalta il colore vitreo degli occhi di Joele Anastasi. Impreca qualcosa sottovoce al microfono ad archetto, di cui afferriamo qualche dannata e dolorante parola. Inghiottisce grosse pillole colorate con l’aiuto del liquido contenuto nella bottiglia che regge in una mano. Il sipario si apre subito dopo su uno scenario apocalittico e infernale: Enrico Sortino e Federica Carruba staccano a morsi pezzi di corvi e uccelli morti, cibandosene come chi non mangia da giorni. Sono entrambi coperti di lembi di panni e resti di armature che ricordano l’abbigliamento medievale.
La scena è un chiaroscuro barocco di pozzanghere (d’acqua vera) e terra secca e arida su cui la coppia combatte il suo (ultimo) duello. È la fine del mondo. L’umanità si è estinta, a forza di guerre, di violenza, egoismo. Non v’è amore, né salvazione ma solo un’aria mortifera, triste, pesante; eppure gli elementi dell’acqua e il perenne sottofondo di cinguettii di uccelli lasciano intravedere una lontana possibilità di rinascita. Sullo schermo sul fondo del palco vengono proiettati i nomi dei capitoli di quella che appare come una sorta di epopea/genesi del corrotto genere umano e alcuni estratti del testo dello spettacolo che vengono poi ripetuti ad alta voce dai due attori. In questo modo, sulla scena si sovrappongono diversi piani esegetici – narrativi, drammaturgici, performativi – con il risultato di un sovraccarico di pathos – e di comunicazione − che si accresce man mano che i capitoli di questa via crucis procedono.
La diatriba carnale, sessuale, emotiva tra i due sopravvissuti è alternata agli interventi dal fondo della scena di Yesus Vogue: una versione queer e umanizzata fino alle estreme conseguenze del creatore in preda a un delirio (estetico) d’onnipotenza.
“Vogue” sta per “tendenza” che caratterizza il desiderio ormai incontrollabile dell’uomo contemporaneo di essere al centro dell’attenzione, perennemente osservato, grazie alla mania voyeuristica dei social network. Ecco che la passione di Cristo diventa passione umana, o meglio, svilimento dell’essere umano, nell’epoca del 2.0 dell’autocelebrazione di se stessi. Di ego discute anche la coppia, costantemente in bilico tra necessità di rigenerazione (degli affetti, del genere umano) e violenta autodistruzione. La loro è una sofferenza intensa, carnale che va oltre la semplice rappresentazione (Federica Carruba qui dà conferma della sua potenza drammatica già dimostrata in Io mai niente con nessuno avevo fatto) che passa, come siamo abituati nei lavori di Vucciria, attraverso una fisicità molto forte che fa il pari con una scrittura ricca (forse troppo) di immagini poetiche, dense, suggestive. Come in Battuage, ritroviamo l’alternanza tra messa in scena e brevi incursioni performative prodotte da Joele/Yesus al microfono, sempre da dietro o fuori la scena. Le varie componenti del lavoro − video, performance, recitato – appaiono però staccate e poco armoniche tra loro, mentre il testo a tratti sembra prendere il sopravvento, anche sulla regia di Anastasi curata, come sempre, dall’interno.
Restano dei frammenti spezzati di bellezza e carnalità e il tentativo – alto – d’interrogare con il corpo, in primis, categorie scottanti e urgenti dei tempi che stiamo vivendo. E in questo Vucciria Teatro conferma la sua linea caratteristica.

 

 

 

 

Yesus Christo Vogue
di Joele Anastasi
con Joele Anastasi, Enrico Sortino, Federica Carruba Toscano
regia Joele Anastasi
scene Giulio Villaggio
costumi Alessandra Muschella
aiuto regia Enrico Sortino, Nathalie Cariolle
disegno luci Davide Manca
video e graphic design Giuseppe Cardaci
foto di scena Dalila Romeo
realizzazione scene Alessandra Muschella, Giulio Villaggio
produzione Progetto Goldstein
co-produzione Vuccirìa Teatro
Roma, Teatro dell’Orologio, 20 marzo 2016
in scena dal 16 al 26 marzo 2016

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