“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 15 December 2014 00:00

Spirali di triadi

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Uno, due, tre.
Tre, tre, tre.
Tre sono le dimensioni dello spazio in cui mi trovo, tre gli stati della materia, tre i mesi in una stagione, tre le forme temporali che vanno a braccetto con i tempi della vita di un uomo: passato, presente e futuro; gioventù, maturità, vecchiaia. Il corpo umano stesso è formato da triadi funzionali: tre strati di meningi che proteggono questo mio cervello pensante, tre le parti della vertebra, tre le divisioni degli acidi grassi demoliti dalle cellule. Galeno, medico greco, pensava che l’anima risiedesse nel cervello, nel cuore e nel fegato. È un numero che segna il limite di sopravvivenza del corpo umano, nella misura di tre minuti senza ossigeno, tre giorni senz’acqua e tre settimane senza cibo.

Tre è considerato il numero perfetto, la sua sacralità è insita nella sua forma bombata, nelle due piccole gobbe speculari. Nella religione cristiana, Dio è uno, ma allo stesso tempo anche Padre, Figlio e Spirito Santo; allo stesso modo, le virtù teologali – la Fede, la Speranza e la Carità – rispecchiano la perfezione di questo numero primo. Nell’induismo, le divinità della Trimurti sono Brahma, Siva e Visnù, che a sua volta possiede tre teste: un’architettura che continua a ripetersi all’infinito.
I Romani, loro sì che ne avevano capito la forza. La triade capitolina era composta da Giove, Giunone e Minerva. Tre erano le Ore, le Grazie, le Erinni, divinità vendicatrici dei debiti di sangue, tre i figli di Ares, che avevano nomi ancora più bellicosi: Fobo, lo spavento, Dimo, il terrore, Enio, la strage. Tre erano anche le teste di Cerbero, cane infernale, e tre le Parche, figlie della notte e dee del destino: nella loro opera di filatura decidono la fine di ognuno di noi. Cloto tesse il filo del fato, sua sorella Atropo, amabilmente, lo dispiega, in modo da permettere a Lachesi di reciderlo con un colpo netto. Questo ripetersi di azioni, organizzate in tre momenti, ha per me un fascino quasi debilitante, e pressoché intossicante.
Tre è il numero atomico del litio, presente nei farmaci antipsicotici che mi ha prescritto lo psichiatra: mi controlla l’umore, dice. Vorrei poterlo credere: mi sento bloccato in questo triangolo di significati, precipito in questa triade di spirali senza fondo. Come Abramo di fronte ai tre arcangeli, mi sento irretito dalla forza magica di questo numero, dagli infiniti presagi che nasconde. Mi blocco, sono al buio come Giona, intrappolato per tre giorni nel ventre della balena; sperimento senza sosta i diversi gradi di oscurità propri di un’eclissi parziale, totale o anulare, cammino attraverso i tre giorni di tenebra d’Egitto.
Uno, due, tre. Tre, tre, tre.
Sono innamorato di una ragazza di nome Bea. È bella come una perla, e come questa preziosa secrezione solidificatasi attorno ad un granello di sabbia, la grazia della sua persona è apprezzabile per iridescenza, luminosità, e per i riflessi traslucidi che la sua anima emana. Il suo stesso nome ricorda la perfezione di un trittico: la Beatrice di Dante Alighieri, sommo poeta, vide il suo nome incastonato nell’armoniosa cesellatura delle terzine che, fluendo, strutturano le tre cantiche secondo un movimento spiraliforme che ripercorre quello dei tre stadi dell’oltretomba. ­
Come in una famosa illustrazione della Divina Commedia, io sono Dante: di fronte a me si sprigiona una luce così magnificamente accecante e soggiogante. Sprofondo in una spirale di numeri, di coincidenze, di ascendenze, di colori, di occorrenze. Mi perdo nei meandri di ogni girone numerico nel tentativo di acquistare sicurezza per compiere il prossimo passo, per diminuire le possibilità di incorrere in un errore.
Bea è nata il tre marzo, e questo significa che ha un carattere dinamico, leale, generoso e ottimista. È efficiente nel lavoro, ma è anche un’amica preziosa, pronta alla protezione degli animali, dell’ambiente e attenta ai problemi sociali. Le sue simpatie, almeno stando allo studio dell’influsso dei numeri lineari, dovrebbero andare a coloro che sono nati sotto il segno di un numero divisibile per tre: per questo mi sento fortunato, io sono nato il 21 giugno.
L’astrologia dice che il suo colore preferito è il cremisi: le regalerò una sciarpa. Magari però domani, oggi è il cinque di ottobre e la congiunzione astrale non è propizia.
Uno, due, tre. Tre, tre, tre.
"Ehi mamma, secondo te quanto tempo è che Paolo è immobile su quella mattonella?".

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